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La fase di decisione della causa



Vediamo ora la fase decisoria relativa alle cause che spettano alla decisione collegiale: fino ad ora abbiamo avuto il giudice istruttore monocratico, mentre, in questo momento di passaggio alla fase decisoria che spetta al collegio, ci sarà necessità che la causa venga rimessa al collegio. L'art. 188 c.p.c. “il giudice istruttore provvede all'assunzione dei mezzi di prova e, esaurita l'istruzione, rimette le parti al collegio per la decisione a norma dell'articolo seguente”. Come rimette la causa al collegio? E questo quando avviene? Ci dice a norma dei primi tre commi dell'art. 187 c.p.c. o dell'art. 188 c.p.c. Quand'è che avremo questa rimessione della causa al collegio? Nell'ipotesi in cui abbiamo uno svolgimento normale, cioè quando si è esaurita l'assunzione dei mezzi di prova. però questa remissione della causa al collegio potrebbe avvenire in un diverso momento. Quando? Allora sempre noi abbiamo questa fase di assunzione delle prove? No!! Quando non abbiamo l'assunzione delle prove? Quando non è stata chiesta l'assunzione di prove costituende e le parti si sono limitate a depositare dei documenti, oppure potremmo anche avere l'ipotesi in cui i fatti sono pacifici e si discute solo su questioni di diritto. Infatti l'art. 187 c.p.c. ci dice: “il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito senza bisogno di assunzione di mezzi di prova, rimette le parti davanti al collegio” oppure quand'è che si può avere una rimessione della causa davanti al collegio? Se viene eccepita l'incompetenza rilevata d'ufficio dal giudice possiamo avere subito una rimessione della causa in decisione al collegio perché si decida la questione attinente “alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali” (3° comma art. 187 c.p.c.). il giudice istruttore può rimettere subito la causa al collegio oppure potrebbe rinviare, disporre che siano decise unitamente al merito. Può anche, 2° comma dell'art. 187 c.p.c., “rimettere le parti al collegio affinché sia decisa separatamente una questione di merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione di essa può definire il giudizio”. Quindi ci può essere la questione pregiudiziale del 3° comma dell'art. 187 c.p.c. (infatti fa riferimento a questioni pregiudiziali di rito come la giurisdizione e la competenza), però potrebbe anche esserci una questione di merito che ha carattere preliminare. Quale potrà essere una questione di merito di carattere preliminare che può definire il giudizio? Tipico esempio è quello relativo alla prescrizione del diritto. Perché se il convenuto ha eccepito la prescrizione del diritto, si tratta di un'eccezione che attiene al merito. Però è preliminare perché in effetti se fosse fondata questa eccezione diventerebbe inutile andare a vedere se il diritto è o meno fondato, perché appunto è preliminare ed è idonea di definire il giudizio. In questo caso il giudice istruttore può rimettere la causa al collegio perché decida questa questione preliminare di merito. Quindi l'ipotesi standard è che si sia esaurita la fase di assunzione dei mezzi di prova però teniamo presente che possiamo avere anche una rimessione anticipata. In questi casi quindi abbiamo un'udienza in cui vengono precisate le conclusioni. Il giudice istruttore invita le parti a precisare davanti a lui le conclusioni che intendono sottoporre al collegio nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma del 183 c.p.c. Che cosa sarà questa precisazione delle conclusioni? Nei limiti degli atti introduttivi dell'attività di precisazione che c'è già stata ai sensi dell'art. 183 c.p.c., vi ricordate che all'udienza di trattazione, però qui poniamo il caso c'è stata la fase di assunzione delle prove, le parti sono invitate a precisare le loro conclusioni. Perché? Perché magari io avevo chiesto la condanna del convenuto a pagare 10.000 €, sono stati depositati i documenti, si è svolta un'istruzione probatoria, io ho visto che sono riuscito a provare magari la mia domanda per 7.000 €, a questo punto io in sede di precisazione delle conclusioni posso diminuire la mia domanda, quindi precisarla in questo senso. Si tratta, dunque, delle definitiva conclusioni, le richieste che vengono fatte al giudice, sulla base dell'attività processuale che si è svolta sino a quel momento. Vedete che questa è un'udienza che si svolge davanti ancora al giudice istruttore. Dopo di che le parti possono depositare degli atti scritti le c.d. comparse conclusionali e memorie di replica art. 190 c.p.c. Tale art. stabilisce che: “le comparse conclusionali devono essere depositate entro il termine perentorio di 60 giorni dalla rimessione della causa al collegio (cioè entro 60 giorni dall'udienza in cui si è avuta la precisazione delle conclusioni) e le memorie di replica entro i 20 giorni successivi ”. Che cosa saranno queste comparse conclusionali? Con la riforma del '90 c'è stata una sostituzione, prima il legislatore enunciava il contenuto delle comparse conclusionali. Il nostro processo è arrivato fino a questa fase, c'è stata l'udienza di trattazione, ci sono state le udienze per l'assunzione dei mezzi di prova dopo di ché il giudice istruttore ha invitato le parti a precisare le loro conclusioni e ha disposto il passaggio della rimessione della causa al collegio. Vedremo che c'è la possibilità di avere davanti al collegio un'udienza di discussione, in cui la causa viene discussa dagli avvocati davanti ai giudici. A cosa serviranno questi atti scritti che sono depositabili dalle parti in questo intervallo di tempo? Io ho precisato in udienza le mie conclusioni cosa scriverò nelle comparse conclusionali? Adesso si sono un po' svuotate d'importanza le comparse conclusionali perché il legislatore ha introdotto delle barriere preclusive, però venivano ritenute l'atto più importante dell'avvocato. In udienza l'avvocato si limiterà a formulare delle conclusioni quindi a chiedere al giudice che pronunci la condanna del convenuto a pagare una somma di denaro, per iscritto, invece, verranno esposte tutte le ragioni di fatto e di diritto che sostengono le conclusioni precisate in udienza. Si tratta dunque di una specie di riassunto di quello che è avvenuto nel processo visto dal punto di vista dell'avvocato dell'attore ovvero dell'avvocato del convenuto con la possibilità per entrambi di replicare sempre per iscritto.
La settimana scorsa stavamo parlando della fase decisoria, abbiamo visto insieme che la fase decisoria è quella che differenzia sostanzialmente la trattazione, la decisione delle cause da parte del giudice monocratico, ovvero la decisione da parte del collegio. Quindi abbiamo iniziato parlando della fase decisoria del collegio e abbiamo visto che il momento di passaggio è dato da una udienza che si svolge davanti al giudice istruttore in cui le parti precisano, davanti al giudice istruttore, le conclusioni, dopodiché, appunto, la causa viene rimessa al collegio. Abbiamo anche detto che le parti hanno la possibilità di depositare, alla chiusura di questa udienza, degli atti scritti, ossia le comparse conclusionali e le c.d memorie di replica. Adesso, per vedere la prosecuzione della fase decisoria, dobbiamo fare un balzo in avanti (perché in mezzo ci sono le norme, che abbiamo visto, sull'istruzione probatoria) e quindi vedere gli artt dal 275 e seguenti. Mi sembra di avervi già accennato che c'è una fase, a questo punto, eventuale, cioè l'udienza di discussione davanti al collegio. Fino alla riforma del '90 c'era sempre questa udienza, però, da un lato, la fissazione di un'udienza dava luogo a un notevole allungamento dei tempi del processo e in questa udienza, in realtà, invece di aversi una vera e propria discussione, gli avvocati delle parti si limitavano a richiamare le conclusioni formulate nell'udienza davanti al giudice istruttore e poi alle comparse conclusionali e alle memorie di replica. Quindi era una sorta solo di formalità, perciò nel 1990 questa udienza è diventata eventuale, cioè c'è solo quando le parti lo richiedono. Vedete il 2° comma dell'art 275, ci dice che “Nel momento della precisazione delle conclusioni (quindi siamo ancora davanti al giudice istruttore), ciascuna delle parti può chiedere che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio”. Però il legislatore vuole che le parti (anche solo una delle parti, è sufficiente anche la richiesta di una delle parti) siano ben convinte e quindi deve essere, questa richiesta, riproposta al presidente del tribunale alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica. Quindi si manifesta questa volontà di voler l'udienza di discussione davanti al collegio quando si è all'udienza di precisazione delle conclusioni, poi, però, bisogna di nuovo riproporre questa richiesta. In questo caso, quindi, il presidente provvede sulla richiesta fissando con decreto la data dell'udienza di discussione, da tenersi entro 60 giorni (sono dei termini che in alcuni tribunali sono rispettati e in altri no). Quindi voi vedete che decorre un certo lasso di tempo, perché abbiamo visto che abbiamo l'udienza di precisazione delle conclusioni, poi ci sono i due termini per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica, quanto sono? 60+20, poi se c'è l'udienza di discussione, entro 60 giorni se va bene, quindi c'è una dilatazione dei tempi. Può avere sicuramente una finalità, perché pensiamo che la causa, sino a questo momento, si è svolta davanti al giudice istruttore e poi decide il collegio e quindi ci può essere un'utilità se veramente c'è una discussione di fronte al collegio. Se questo c'è, vedete il 4° comma dell'art 275, il giudice istruttore che ha seguito la causa fino a questo momento fa la relazione orale della causa, dopodiché c'è la discussione e la sentenza è depositata in cancelleria entro i 60 giorni successivi. Se, invece, non c'è questa richiesta dell'udienza di discussione si ha, alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica, entro 60 giorni dovremmo avere il deposito della sentenza in cancelleria. Quindi questa è la struttura: udienza di precisazione delle conclusioni, comparse conclusionali e memorie di replica, eventuale udienza di discussione davanti al collegio, deposito della sentenza. Dobbiamo chiederci adesso come viene deliberata la decisione, come avviene la deliberazione della sentenza. L'art 276 ci dice che “La decisione è deliberata in segreto nella camera di consiglio”. Quindi non avviene di fronte alle parti, neanche se c'è l'udienza di discussione, ma i giudici si ritirano in segreto nella camera di consiglio. Se c'è l'udienza di discussione vedete che alla deliberazione possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla discussione. A quale vizio andremmo incontro, secondo voi, se viene violato questo 1° comma dell'art 276? Viene ritenuta viziata la costituzione del giudice, vi ricordate che è uno dei casi di nullità assoluta e insanabile, salvo il passaggio in giudicato della sentenza. Perché, secondo voi, c'è questa sanzione di una certa gravità? Perché si vuole garantire, quindi, una immediatezza, un contatto tra chi decide e chi ha sentito le parti almeno all'udienza di discussione. Però questo è ovvio che è una prescrizione che oggi ha una portata limitata, nel senso che ovviamente vale solo se c'è stata l'udienza di discussione. Come avviene questa deliberazione da parte dei tre giudici? “Il collegio, sotto la direzione del presidente, decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d'ufficio e quindi il merito della causa” (2° comma, art 276 cpc). Si segue un certo ordine logico, quindi prima le questioni pregiudiziali di rito, poi il merito della causa. “La decisione è presa a maggioranza di voti, il primo a votare è il relatore, quindi l'altro giudice e infine il presidente” (3° comma, art 276 cpc). Cosa succede se si prospettano più soluzioni e non si forma la maggioranza? “Il presidente mette ai voti due delle soluzioni per escluderne una, quindi mette ai voti la non esclusa e quella eventualmente restante, e così successivamente finché le soluzioni siano ridotte a due, sulle quali avviene la votazione definitiva” (4° comma, art 276 cpc). Alla chiusura di questa fase, in cui abbiamo i tre giudici, noi abbiamo il dispositivo. Quindi il 5° comma ci dice che “Chiusa la votazione, il presidente scrive e sottoscrive il dispositivo”. Quindi, cosa abbiamo della sentenza? Vi ricordate che abbiamo visto quale contenuto deve avere la sentenza, dal punto di vista formale. Quindi, chiusa la deliberazione da parte dei tre giudici abbiamo il dispositivo, che cos'è il dispositivo? Qualcuno mi fa un esempio di dispositivo? L'accoglimento o il rigetto della domanda. Poi, invece, la sentenza completa, in particolare con la sua motivazione, viene stesa dal relatore, e chi è il relatore? Il giudice istruttore, a meno che il presidente non creda di stenderla egli stesso o affidarla all'altro giudice. Quand'è che, quindi, non sarà il giudice istruttore e poi il relatore, secondo voi, a stendere la motivazione? Quando magari la tesi da lui sostenuta non è stata poi quella scelta dalla maggioranza. In base al 1° comma dell'art 277, “Il collegio nel deliberare sul merito deve decidere tutte le domande proposte e le relative eccezioni (ricordiamoci l'art 112 cpc), definendo il giudizio. Tuttavia il collegio può limitare la decisione ad alcune domande, se riconosce che per esse soltanto non sia necessaria una ulteriore istruzione”. Quindi, magari, è stato proposto un cumulo di domande, esso può anche decidere soltanto su una domanda e per l'altra rimettere la causa davanti al giudice istruttore. Vedete, ci potrebbe anche essere una rinnovazione di prove davanti al collegio, art 281 cpc, quindi le prove assunte davanti al giudice istruttore potrebbero essere, se il collegio ne ravvisa la necessità, anche riassunte davanti al collegio. L'art 278 l'abbiamo già visto, la condanna generica, la provvisionale, vediamo quando il collegio pronuncia ordinanza e quando pronuncia sentenza. L'art 279 cpc (rubricato “Forma dei provvedimenti del collegio”) ci dice che “Il collegio pronuncia ordinanza quando provvede soltanto su questioni relative all'istruzione della causa (qui, quindi, l'ordinanza svolge la sua funzione di provvedimento che fa proseguire il processo), senza definire il giudizio, nonché quando decide soltanto questioni di competenza”. Quando, invece, il collegio pronuncia sentenza? Ce lo dice il 2° comma, 1) “Quando definisce il giudizio, decidendo questioni di giurisdizione”. Quindi il giudice stabilisce che non ha giurisdizione, chiude quindi il giudizio davanti a lui con sentenza. 2) “Quando definisce il giudizio, decidendo questioni pregiudiziali attinenti al processo (oggi non più la competenza) o questioni preliminari di merito ( ad esempio ritiene, tipica preliminare di merito, che il diritto fatto valere sia prescritto, in questo caso pronuncia una sentenza)”; 3) “Quando definisce il giudizio, decidendo totalmente il merito (accoglie o rigetta la domanda)”; 4) “Quando, decidendo alcune delle questioni di cui ai numeri 1, 2 e 3, non definisce il giudizio e impartisce distinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione della causa”; quindi decidendo queste questioni, qualora, ad esempio, ritenga di avere giurisdizione, pronuncia una sentenza che però è definitiva, se ritiene di avere giurisdizione? E' non definitiva, quindi in questo caso impartisce distinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione della causa. Oppure, 5) “Quando, valendosi delle facoltà di cui agli articoli 103, 2° comma, e 104, 2° comma (siamo nella situazione del cumulo di domande in cui, però, dispone la separazione), decide solo alcune delle cause fino a quel momento riunite, con sentenza”. Quindi questo dal punto di vista di quella che è la disciplina della fase decisoria davanti al collegio. Adesso possiamo, quindi, vedere agli articoli successivi qual'è la fase decisoria, come si svolge la fase decisoria se, invece, abbiamo il giudice monocratico di tribunale. Vi dico soltanto più questa cosa, che quando noi abbiamo, appunto, il dispositivo da parte dei tre giudici (che è sottoscritto dal presidente) e poi la successiva stesura della motivazione, la sentenza viene ad esistenza solo nel momento in cui è depositata nella cancelleria del giudice, quindi solo con il deposito nella cancelleria del giudice perché altrimenti prima, appunto, sono atti che hanno un rilievo interno (quindi si svolgono nel segreto della camera di consiglio, quindi non hanno una rilevanza esterna). Perciò, con questa modalità di decisione della causa, la sentenza viene, appunto, ad esistenza con il suo deposito in cancelleria. Vi ricordate che nel I libro, l'art 133 ci dice infatti che “La sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata”. Poi verrà comunicata dal cancelliere la notizia che è stata depositata la sentenza. Ricordiamoci che, a questo punto, la sentenza depositata, se è pronunciata dal collegio, da chi deve essere sottoscritta? Dal presidente e dal giudice estensore (art 132, 3° comma). Passiamo a vedere la fase decisoria per quanto concerne, invece, il giudice monocratico di tribunale. Abbiamo già detto che fino a questo momento lo svolgimento del processo è lo stesso, con quell'unica differenza per quanto concerne i poteri istruttori d'ufficio in materia di prova testimoniale. Quindi vediamo l'art 281 quater, il quale ci dice che “Le cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica sono decise, con tutti i poteri del collegio, dal giudice monocratico”. Come decide questo giudice? Art 281-quinquies: “Il giudice, fatte precisare le conclusioni a norma dell'articolo 189, dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica e, quindi, deposita la sentenza in cancelleria entro 30 giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica”. Quale differenza c'è rispetto alla modalità che abbiamo appena visto? Il tempo che è dimezzato, si passa da 60 a 30 giorni, per il resto vedete differenze? No. Anche qui c'è la possibilità che le parti chiedano l'udienza di discussione che, però, sarà una udienza di discussione orale che si svolge davanti a chi? Davanti a lui, quindi vuol dire che qui sarà ancora meno probabile che venga richiesta, c'è stata l'udienza di precisazione delle conclusioni, c'è stata la possibilità, appunto, di far valere per iscritto le argomentazioni che sorreggono le conclusioni, però, appunto, una delle parti vuole che ci sia ancora la discussione orale. Vedete che il 2° comma dell'art 281-quinquies dice che “Se una delle parti lo richiede, il giudice, disposto lo scambio delle sole comparse conclusionali, fissa l'udienza di discussione orale non oltre 30 giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse medesime; la sentenza è depositata entro i 30 giorni successivi all'udienza di discussione”. Quali differenze vediamo? Sempre il dimezzamento dei termini e poi? Vedete che in questo caso se c'è la richiesta dell'udienza di discussione orale non c'è il deposito delle memorie di replica, questa è la differenza, perché in un certo senso le memorie di replica qui, davanti al giudice monocratico, sono sostituite dalla discussione orale. Questa, però, è solo una delle modalità possibili perché se siamo davanti al collegio c'è quell'unica modalità, se siamo davanti al giudice monocratico, invece no. Vedete l'art 281-sexies, “Se non dispone a norma dell'articolo 281-quinquies, il giudice, fatte precisare le conclusioni, può ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un'udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della discussione, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”. E' una modalità profondamente diversa dall'altra, come si caratterizza? Allora, c'è sempre la precisazione delle conclusioni, qui però è una scelta discrezionale del giudice seguire una modalità o l'altra, il giudice fa subito discutere oralmente le parti davanti a lui, o immediatamente o in un'udienza successiva, e finita la discussione abbiamo immediatamente la sentenza; perché lui si ritirerà, con ogni probabilità, per decidere nella camera di consiglio, però subito dopo, quindi senza un'interruzione, avremo la lettura del dispositivo e la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. Che cos'è “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”? La motivazione della sentenza. Quindi, abbiamo subito la sentenza, perciò quali tempi tagliamo? Pensiamo all'altro, abbiamo la precisazione delle conclusioni, se c'è la richiesta di discutere oralmente abbiamo 30 giorni per le comparse conclusionali, 30 giorni per la fissazione della udienza e poi il giudice deciderà entro altri 30 giorni. Quindi, se va tutto bene, direi almeno 90 giorni. Qui invece, precisate le conclusioni, si dispone subito la discussione orale e poi si ha immediatamente la sentenza ed è una sentenza completa. Vedete che il 2° comma dell'art 281-sexies ci dice che “La sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria”. Quindi con la modalità che possiamo dire “tradizionale” (perché è quella che c'è sempre stata, questa è una modalità, invece, che abbiamo solo da alcuni anni) dobbiamo aspettare che ci sia la deliberazione, poi la stesura per iscritto, con dei termini fissati dal legislatore di un mese; qui, invece, abbiamo subito in udienza questa lettura del dispositivo e della motivazione e dal momento in cui il verbale è sottoscritto dal giudice noi abbiamo la nostra sentenza, si intende pubblicata in quel momento. Questa modalità di pronuncia della sentenza quando è stata introdotta è stata anche oggetto di critiche. Quali sono i possibili dubbi che noi possiamo avere rispetto a questa modalità? Cosa ne pensate? Il rischio è che, siccome il giudice decide immediatamente, esso non abbia abbastanza tempo per ponderare la sua decisione; c'è un po' il rischio che il giudice arrivi all'udienza di precisazione delle conclusioni avendo già deciso, in realtà. Sicuramente questo ha segnato un grosso cambiamento e siccome la fase decisoria, proprio per come è descritta dal legislatore e come in concreto avviene, ci sono dei tempi lunghi, inoltre questo momento viene ritenuto come una sorta di “collo di bottiglia” perché intercorre molto tempo. Comunque, un momento critico è proprio quello della stesura della sentenza, completa della motivazione, da parte del giudice e quindi, certo, in questo modo si ha sicuramente un taglio dei tempi. Quando è stata introdotta questa norma io pensavo che avrebbe avuto un'applicazione estremamente limitata, in verità no perché ci sono soprattutto alcuni tribunali in cui viene utilizzata proprio questa modalità di decisione della causa, soprattutto per le cause c.d “seriali” perché anche buona parte del contenzioso civile è costituito, appunto, da cause seriali, quindi dove abbiamo una pluralità di soggetti che fanno valere dei diritti che sono tra di loro omogenei. Quindi, in questi casi delle cause seriali sicuramente questa modalità ha una funzione effettiva. Da molti anni si discute, appunto, su come riuscire a tagliare i tempi della fase decisoria, c'è stata anche una proposta di abolire la motivazione, quindi di prevedere la c.d. “motivazione a richiesta”, perché qual'è la funzione della motivazione della sentenza? Consentire alla parte di proporre l'impugnazione e quindi si è anche pensato di abolire la motivazione, cioè di prevederla solo a richiesta, ossia la parte che vuole impugnare chiede al giudice di motivare la sua decisione. E' una proposta che non è stata seguita, io ho anche delle perplessità perché, in primo luogo, penso che quasi tutte le parti soccombenti, avendo solo il dispositivo, vogliano avere almeno un'idea e quindi chiedano la motivazione e poi, comunque, la motivazione dei provvedimenti non svolge solo la funzione di consentire l'impugnazione, ma consente anche un controllo, da parte di tutti, di quelli che sono i provvedimenti del giudice. Se vi ricordate, c'è stata solo una piccola modificazione su quello che è il contenuto della sentenza, diciamo uno snellimento, un requisito che è stato tolto con la riforma del 2009, qualcuno si ricorda? Si è tolto il requisito dello svolgimento del processo. Perciò, riepilogando, se siamo davanti al giudice monocratico di tribunale possiamo avere una modalità che è analoga a quella della decisione da parte del collegio, cioè precisazione delle conclusioni, comparse conclusionali, se c'è l'udienza di discussione non ci sono le memorie di replica, eventuale udienza di discussione, e poi deposito della sentenza completa da parte del giudice monocratico. Oppure (e qui vedete che è un potere discrezionale da parte del giudice) il giudice può scegliere l'altra modalità, al termine della precisazione delle conclusioni far discutere oralmente le parti, eventualmente con un rinvio dell'udienza, e poi pronunciare subito oralmente la sentenza, con lettura del dispositivo e della motivazione. In questo caso la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione del verbale da parte del giudice. Quindi, vi sono chiare queste modalità che caratterizzano la fase decisoria? Penso di sì. Vedete che poi c'è un Capo dedicato ai rapporti tra collegio e giudice monocratico. Quindi alcune cause sono riservate alla decisione del collegio, cosa può accadere? Che ci sia un errore, diciamo, e che quindi ci sia una rimessione al collegio di una causa che, invece, deve essere decisa dal giudice monocratico. In questo caso ci dice l'art 281-septies che “Il collegio, quando rileva che una causa, rimessa davanti a lui per la decisione, deve essere decisa dal tribunale in composizione monocratica, rimette la causa davanti al giudice istruttore con ordinanza non impugnabile perché provveda a decidere la causa come giudice monocratico”. La situazione speculare si ha all'art 281-octies, il quale recita: “Il giudice, quando rileva che una causa, riservata per la decisione davanti a sé in funzione di giudice monocratico, deve essere decisa dal tribunale in composizione collegiale, provvede a rimettere la causa al collegio”. Secondo voi, se c'è una connessione tra cause che devono essere decise dal tribunale in composizione collegiale e dal tribunale in composizione monocratica, da chi saranno decise le cause? Ovviamente dal collegio (art 281-novies, rubricato “Connessione”). Cosa succede, invece, se una causa che deve essere decisa dal collegio è decisa dal giudice monocratico? Quale vizio ci verrebbe subito in mente? Il vizio relativo alla costituzione del giudice, invece no, se vi ricordate l'art 50-quater dice che “Le disposizioni di cui agli articoli 50-bis e 50-ter ( che ci dicono quali cause devono essere decise dal collegio e tutte le altre dal giudice monocratico) non si considerano attinenti alla costituzione del giudice. Alla nullità derivante dalla loro inosservanza si applica l'articolo 161, 1° comma”. Quindi il legislatore lo considera come un vizio non così grave, che non è una nullità assoluta e insanabile ai sensi dell'art 158 cpc. Quindi, con questo siamo arrivati alla decisione della causa, dobbiamo ancora dire qualcosa sull'esecutorietà della sentenza di primo grado. Qual'è la caratteristica della sentenza di I° grado oggi? Vedete l'art 282 cpc, “La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti”. Quindi, sin dalla riforma del 1990 il legislatore ha fatto questa scelta di dare un'efficacia esecutiva alla sentenza di I° grado. Cosa vuol dire questo “che ha efficacia esecutiva”? Che se è stata pronunciata una sentenza in mio favore, ma la parte condannata non ottempera, io posso instaurare un processo di esecuzione forzata nei suoi confronti. Però, perché è detta “provvisoriamente esecutiva”? Perché la sentenza di I° grado potrebbe essere riformata in appello, quindi se c'è una riforma potrebbe, perciò, essere ribaltata la pronuncia di I° grado. Questa è una scelta perché, appunto, fino alla riforma del 1990 bisognava attendere la pronuncia di II° grado, questo per evitare anche un “andirivieni”, perché se noi abbiamo una sentenza di I° grado, è esecutiva, io inizio un processo di esecuzione forzata, ma poi la pronuncia è riformata in II° grado, ci dovranno anche essere delle restituzioni rispetto a quanto è stato eseguito sulla base della pronuncia di I° grado. Comunque, appunto, la scelta del legislatore è questa. Qui si parla in generale di sentenza di I° grado che, quindi, avrebbe questa efficacia esecutiva tra le parti. Quando si parla di efficacia esecutiva, a quale tipo di sentenza si pensa? Alla sentenza di condanna, quindi, perché l'esecuzione forzata è propria della sentenza di condanna. Il problema che ci si pone è “ma se io, invece, ho una sentenza costitutiva o di mero accertamento, perché questa abbia efficacia devo attendere il passaggio in giudicato, oppure ho già un'efficacia con la pronuncia di I° grado”? Cosa rispondereste? Secondo la tesi tradizionale bisogna attendere il passaggio in giudicato perché la sentenza costitutiva e di accertamento mero abbiano efficacia, anche se, proprio con questa riforma che c'è stata, (visto che qui si parla genericamente di sentenza di I° grado) c'è anche chi ha sostenuto che anche gli effetti degli altri tipi di sentenza si avrebbero già con la pronuncia di I° grado. Però, nonostante qualche apertura da parte della giurisprudenza, rimane in piedi la tesi tradizionale che riconosce questa efficacia solo con il I° grado, solo alla pronuncia di condanna o anche agli effetti di condanna che possono seguire ad una pronuncia di mero accertamento. Ad esempio, se viene proposta una domanda, questa domanda viene rigettata, come qualifico questa sentenza di rigetto? Come la qualifico la sentenza che rigetta la domanda? E' sempre una pronuncia di mero accertamento quella con cui ho il rigetto, però nel momento in cui io rigetto la domanda proposta dall'attore cosa devo fare, come giudice? C'è una pronuncia che possiamo dire che è una pronuncia accessoria, che però c'è sempre, io, giudice, devo pronunciare sulle spese. Perciò, se io ho una pronuncia di mero accertamento, poniamo di rigetto, in cui, però, ci sarà la condanna alle spese della parte soccombente; questa pronuncia relativa alle spese avrà un'efficacia subito, dal momento della pronuncia di I° grado, o no? A questo proposito la giurisprudenza dice che questa è immediatamente efficace, quindi è provvisoriamente esecutiva perché è una pronuncia di condanna, anche se segue a una pronuncia di mero accertamento. Allora, questo per quanto concerne, quindi, l'art 282 cpc. Abbiamo avuto un caso di cronaca, qual'è la condanna civile a pagare un risarcimento dei danni molto alto di cui abbiamo sentito parlare nelle ultime settimane? La sentenza civile con cui la Fininvest è stata condannata a pagare una somma di denaro di una certa consistenza. A questo proposito, quale problema ci si è posti? Era una sentenza di condanna di I° grado, quindi sicuramente rientrerà nell'art 282, però si è posto il problema dell'eventuale sospensione dell'efficacia esecutiva. Quindi, una volta che è pronunciata nei nostri confronti una sentenza di condanna, è possibile chiedere che questa efficacia esecutiva sia sospesa. A chi si chiederà, secondo voi, la sospensione dell'efficacia esecutiva? Le alternative sono due, o al giudice che ha reso la pronuncia di condanna, oppure al giudice d'appello, al giudice dell'impugnazione. Vedete l'art 283, “Il giudice dell'appello, su istanza di parte, proposta con l'impugnazione principale o con quella incidentale, quando sussistono gravi e fondati motivi, anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle parti, sospende in tutto o in parte l'efficacia esecutiva o (se è già iniziata) l'esecuzione della sentenza impugnata, con o senza cauzione”. Quindi, vuol dire che io posso chiedere al giudice di appello ( e questa è una decisione che, come vedremo, il giudice d'appello fa subito, “in limine litis”) di sospendere o l'efficacia esecutiva o l'esecuzione forzata, se è già iniziata. Vediamo quali sono i presupposti: gravi e fondati motivi, adesso è stato aggiunto “anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle parti”. Quali saranno, appunto, i motivi sulla cui base il giudice d'appello sospende? Secondo voi, cosa saranno questi “gravi e fondati motivi”? Quali profili andiamo a vedere nel decidere se sospendere o meno l'efficacia esecutiva? Noi dobbiamo pensare che abbiamo una pronuncia che non è passata in giudicato, quindi è una pronuncia che può essere riformata in appello. Perciò, pensiamo al caso Fininvest, qual'è il problema? Che se poi la pronuncia di I° grado contro Fininvest fosse riformata in appello, secondo voi cosa dobbiamo considerare? Se la controparte è in grado di restituire, infatti vedete che adesso c'è questo richiamo esplicito alla possibilità di insolvenza di una delle parti. Quindi nel caso di riforma, appunto, siamo poi in grado di recuperare la somma di denaro, quanto sia stato, quindi, ricavato grazie all'esecuzione forzata di questa sentenza. E' sufficiente, però, questo? Sarà l'unico parametro da tener presente? A me sembra che ci sia un altro parametro fondamentale, cioè ci deve essere un giudizio “prima facie” relativo alla fondatezza anche dell'impugnazione, perché se io ho un'impugnazione che subito appare totalmente pretestuosa, del tutto infondata, allora anche se ci possono essere dei dubbi, perché magari abbiamo una disparità economica, abbiamo una parte in difficoltà economica, quindi ci deve essere un contemperamento tra questi due parametri, da un lato, appunto, bisogna considerare la controparte, quindi la sua capacità economica, la possibilità di insolvenza, però dall'altra dobbiamo anche valutare la fondatezza “prima facie” dell'impugnazione. Quindi, questo è per quanto concerne l'esecutorietà della sentenza di primo grado. Adesso facciamo un cenno al procedimento di correzione delle sentenze. Vi ho già detto molte volte che, mentre l'ordinanza di regola è modificabile o revocabile, invece la caratteristica della sentenza è quella di poter essere attaccata solo attraverso il mezzo di impugnazione. C'è però questo procedimento, invece, di correzione che è molto più semplice rispetto ad una impugnazione. Quand'è che sarà possibile utilizzare questo procedimento? Quando nella sentenza ( o anche nell'ordinanza non revocabile, ma adesso concentriamoci sulla sentenza) ci sia un'omissione o un errore materiale o di calcolo. Quindi in questo caso la sentenza può essere corretta, su ricorso di parte, dallo stesso giudice che l'ha pronunciata (art 287, rubricato “Casi di correzione”). Mentre i mezzi di impugnazione ordinari sono sempre proposti al giudice superiore, qui invece (visto che è una semplice omissione, o un errore materiale o di calcolo) si fa questa semplice istanza al giudice che ha reso la sentenza. Vedete l'art 288: “Se tutte le parti concordano nel chiedere la stessa correzione, il giudice provvede con decreto”. Cosa vuol dire, quindi, “provvede con decreto”? Vuol dire che provvede direttamente, senza sentire le parti, quindi senza fissare un'udienza, con un semplice decreto. Se, invece, la richiesta è solo di una delle parti si ha la fissazione dell'udienza e poi il giudice provvede con ordinanza. Vedete che è anche poi possibile chiedere un'integrazione dei provvedimenti istruttori (art 289 cpc), però adesso teniamo presente questo procedimento di correzione. Se vi ricordate, ne abbiamo parlato di questo procedimento di correzione, abbiamo detto che sarebbe in teoria applicabile questo procedimento per un vizio della sentenza, ma che, però, la giurisprudenza oggi è assolutamente contraria: nel caso in cui manchi la firma, la sottoscrizione del giudice dovuta ad una semplice dimenticanza, quindi una omissione, però, appunto, la giurisprudenza non condivide questo.

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE CIVILE di Luisa Agliassa
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