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Contratto collettivo. Ricentralizzazione e riforma struttura contrattuale del 93


Gli anni dal 1975 al 1990: dalla ricentralizzazione al nuovo decentramento

Crisi petrolifera, aumento dei prezzi delle materie prime, inflazione, porta alla riduzione dell’occupazione per la ristrutturazione aziendale. Occorre ricentralizzare la struttura contrattuale come chiede la stessa Confindustria.
Aumenta il ruolo interconfederale e si riducono gli altri. L’attività contrattuale è di difensiva: indicizzazione dei salari al costo della vita, scambio della flessibilità e moderazione sulle rivendicazioni con controllo sindacale sulla mobilità e scelte d’impresa. La contrattazione aziendale si contrae (a causa di quella interconfederale, della scala mobile..).
Metà anni ’80 esperienze di triangolazione: protocollo 22/01/1983 detta direttive di contrattazione come la non sovrapposizione. Torna quindi la gerarchia.
Ma successivamente per un nuovo accordo manca la Cgil.
Le imprese poi puntano alla deregulation: meno rigidità sui rapporti di lavoro, flessibilità organizzativa per incrementare la produttività.
Ci si arriva o limitando i sindacati oppure coinvolgendoli a livello decentrato es. protocollo IRI.

Il protocollo 23 luglio 1993 e la riforma della struttura contrattuale

Peggiora l’economia, criteri per l’entrata dell’euro, lo stato vuole rientrare nelle relazioni per concordare politica dei redditi e norme su contrattazione.
La struttura contrattuale è su due livelli, coordinati non sovrapposti, specializzati, uno nazionale di categoria e l’altro aziendale o territoriale.
Abolita la scala mobile, rinnovo normativo ogni 4 anni, retributivo ogni 2 con riallineamento dell’inflazione.
Il contratto decentrato definisce premi, produttività delle singole aziende o territori. Oltre alla gestione degli effetti sociali derivanti da trasformazioni tecnologiche, organizzative, di ristrutturazione.
La produttività diventa un interesse condiviso.
Due clausole sulla struttura contrattuale: i sindacati stipulanti hanno 1/3 dei componenti la rsu (rappresentanza sindacale unitaria), e la contrattazione aziendale delle rsu congiunta con quella delle strutture periferiche dei sindacati firmatari.
Inoltre si prevede la presentazione delle piattaforme contrattuali nazionali e decentrate almeno 3 mesi prima della scadenza per evitare conflitti e periodi di vacanza contrattuale. La pausa di raffreddamento dei conflitti prevede oltre ai 3 mesi prima anche un mese dopo la scadenza (niente sciopero). La sanzione è lo slittamento o l’anticipazione di tre mesi dell’indennità di vacanza (importo esiguo).
L’indennità di vacanza è il 30% dell’inflazione programmata sui minimi o il 50% oltre i sei mesi.

Il livello confederale ha quindi rilievo sui redditi. Il ccnl è rafforzato sia per la retribuzione che per la definizione delle competenze della contrattazione decentrata.
La contrattazione di secondo livello si applica sulle materie rinviate ad essa dal contratto nazionale. Il decentramento è controllato e coordinato.
I ccnl hanno ridistribuito in parte la redditività ma la contrattazione decentrata ha funzionato nelle aziende medio-grandi.

Tratto da DIRITTO SINDACALE di Barbara Pavoni
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