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L’accertamento analitico-contabile dei redditi d’impresa


L’accertamento analitico-contabile dei redditi d’impresa è quello che consta di rettifiche di singole componenti del reddito dichiarato. Tale rettifica può essere giustificata da ragioni di diritto quando, ad esempio, risulta violata una delle norme in materia di reddito d’impresa che può comportare variazioni del reddito fiscale rispetto all’utile civilistico.
Le rettifiche derivanti da ragioni di fatto, la rettifica può scaturire dal confronto tra dichiarazione, bilancio e scritture contabili; - dall’esame della documentazione che sta alla base della contabilità  (fatture, conti bancari); - da circostanze estranee alla contabilità.
Nella prassi si usa distinguere:
- L’accertamento analitico tout court è quello che deduce l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione in modo certo e diretto da una delle risultanze probatorie acquisite dall’ufficio mediante i verbali, risposte ai questionari, l’esame di atti o documenti del contribuente…;
- L’accertamento analitico-induttivo è quello che rettifica la dichiarazione sulla base di: - presunzioni gravi, precise e concordanti;  - su gravi incongruenze (e. discordanze tra prezzo di vendita di un bene e suo valore corrente); - studi di settore.
13.1.L’accertamento analitico-induttivo mediante studi di settore
Il reddito degli imprenditori può essere determinato su base contabile quando l’impresa ha una certa dimensione e tiene la contabilità secondo il regime ordinario. Non è possibile invece fare affidamento sulla contabilità per l’accertamento del reddito delle imprese minori il cui impianto contabile è semplice.
Ecco perché, a partire dagli anni 80, il legislatore ha introdotto una serie di normative dirette a tassare gli imprenditori minori sulla base del loro reddito ordinario.
Nel 1993 furono introdotti i cc.dd. studi di settore ovvero un metodo di accertamento che ha ad oggetto la determinazione presuntiva dei ricavi contabili del contribuente sulla base della sua capacità potenziale di produrli, definita sulla base di una varietà di fattori interni ed esterni al’azienda.
I criteri seguiti possono essere sintetizzati in un certo modo. Le imprese sono divise in gruppi omogenei (cluster) in base ad una molteplicità di fattori (modelli organizzativi, tipo di clientela, area di mercato). Sulla base di tali elaborazioni è individuata una relazione matematica tra le caratteristiche dell’attività (capitale investito, prezzi ordinari praticati, costo medio d’acquisto di beni e servizi, numero di addetti) e l’ammontare dei ricavi o compensi.
A partire da questo, si calcola l’importo presunto dei ricavi o compensi. Quindi, per ciascun cluster è determinata una funzione matematica mediante la quale sono calcolati i ricavi partendo da dati contabili e strutturali.
Ogni contribuente che appartiene ad una categoria cui si applicano gli studi di settore deve presentare, assieme alla dichiarazione dei redditi, un modello con cui comunica i dati contabili ed extracontabili rilevati ai fini degli studi.
I moduli vengono trasmessi da ciascun contribuente mediante un software che applica automaticamente lo studio di settore ed indica il cluster di appartenenza, congruità e coerenza, oltre al volume di ricavi o compensi previsti dallo studio. Con l’uso di tale software, ogni contribuente può controllare la propria posizione reddituale alla luce dello studio di settore che lo riguarda. Se non c’è congruità, può adeguare i suoi ricavi a quelli calcolati sulla base dello studio.

Tratto da DIRITTO TRIBUTARIO di Alessandro Remigio
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