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L’evoluzione del concetto di causa nella seconda metà del 1900


In questo ordine deve essere riletta la vincolatività del contratto e il controllo del suo contenuto espresso dalla causa, la quale non è tanto la funzione del contratto quanto l’elemento che giustifica il sacrificio di uno e dell’altro contraente.
La causa manca quando il negozio sia originariamente inidoneo a realizzare ciò che è stato programmato: ad esempio l’acquisto di cose proprie.
La giurisprudenza si è occupata anche del trasferimento di proprietà che tace sulla causa: è ferma nello stabilire la nullità per difetto di causa perché, si osserva, nessuna promessa è autosufficiente se non è accompagnata da un elemento che ne spiega la ragione e la giustifica.
Occorre un elemento che spieghi la ragione del vincolo e giustifichi la produzione dell’effetto; senza di questo, la dichiarazione di volontà rasenterebbe l’arbitrio: qualsiasi effetto sarebbe possibile senza alcuna possibilità di controllo.
Si arriverebbe all’assoluto ottocentesco della volontà come unico elemento dominante mentre essa vincola se esiste una ragione che la giustifichi.
Dunque, “la causa è l’elemento che giustifica il sacrificio dell’uno e dell’altro contraente. Giustificandolo, rende possibile l’effetto, e rende questo effetto irreversibile”.
Una volta che la promessa è sorretta da una causa manifesta e lecita, l’effetto è irreversibile.

Tratto da DISCIPLINA GIURIDICA DEI CONTRATTI di Stefano Civitelli
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