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Sintassonomia

  • Associazione         -etum (Salici-Myricarietum Moor 1958)
  • Alleanza                -ion (Salicion eleagno-daphnoidis Grass 1993)
  • Ordine                   -etalia (Salicetalia purpureae Moor 1958)
  • Classe                    -etea (Salicetea purpureae Moor 1958)
Vantaggi della fitosociologia:
  • Tipificazione e generalizzazione
  • Cartografia
Problemi
  • Sapere riconoscere di quale entità sintassonomica è caratteristica ogni specie
  • Spesso nelle comunità vi sono specie caratteristiche di più entità sintassonomiche
Vaccinio-picetea (classe): raggruppa tutti i boschi di conifere delle Alpi.
Nei rilievi metto prima le specie caratteristiche e le ordino in base alla frequenza.
Analisi multivariata → Cluster analysis → Dendrogramma → vado a vedere le somiglianze tra i rilievi.
Caricetea-curvole: raggruppa i pascoli di alta quota.
La fitosociologia permette quindi di tipificare gli habitat. Il problema è la soggettività del metodo. Il campionamento va fatto il maniera casuale. Bisogna giungere ad un compromesso tra correttezza e fattibilità del campionamento.
La tipificazione degli habitat permette di creare una carta della vegetazione, che è uno strumento di pianificazione importantissimo.
Applicazioni: tipificazione e conservazione degli habitat
Corine landcover e Corine Biotopes manual → classificazione di tipo fitosociologico.

Classi fitosociologiche della vegetazione italiana

  • Vegetazione ruderale
  • Praterie
  • Pascoli alpini
  • Zone umide
  • Boschi
  • Detriti e rocce
Vegetazione ruderale
Crescono in ambienti disturbati, sono annuali, hanno crescita veloce, producono tanti semi e hanno grande capacità di adattamento.
Secalinetea (classe): colture cerealicole.
Chenopodietea (classe): vegetazione annuale dei campi estivi.
Artemisietea-vulgaris: specie perenni di aree ruderali.

Praterie
Arrhenatherea-elatioris: praterie stabili su suoli fertili in aree di pianura, collina o montagna medio-bassa.
Festuco-brometea: praterie xeriche di graminacee; valli interne delle Alpi, Langhe e coste del mediterraneo. La dierrtiva “Habitat” conserva le praterie a brometo poiché ricche di Orchidacee. Sono praterie che si evolovono verso boschi di roverella.
Molinio-juncetea: alternanza di aridità e asfissia radicale; Molinia (graminacea); prati umidi, terrazzi.

Pascoli alpini
Caricetea-curvulae: Carex curvula (Ciperaceae); pascoli su substrati acidi.
Elyno-seslerietea: Sesleria (graminaceae): pascoli su substrati basici.

Zone umide
Phragmitetea: Phragmites; tutti i canneti delle zone umide.

Detriti
Thlaspietea-rotundifolii: Thlaspi rotundifolium (Cruciferae); ecologia caratterizzata da una certa aridità, lungo pendii; radici a fittone o superficiali che si adattano al movimento del substrato. Iperaccumulatori di metalli pesanti. Questi ambienti possono contenere specie endemiche.

Rocce
Aslpenietea-rupestris: Asplenium (felci); fessure delle rocce; entità andemiche.

Boschi
Querco-fagetea: tutti i boschi di latifoglie caduche dell’Europa.
Vaccinio-picetea: boschi di conifere e arbusteti sottostanti.
Quercetea-ilicis: boschi mediterranei sempreverdi.

Analisi delle comunità vegetali

Faggete
Faggete acidofile
  • 41.171 Luzulo-Fagetum (faggeta oligotrofica. 800-1500 m)
  • Faggio con abete rosso e bianco a volte
  • Fagus sylvatica, Luzula nivea, Sorbus aucuparia, Castanea sativa, Betula pendula, Picea abies, Abies alba, Avenella flexuosa, Oxalis acetosella.
  • Faggeta oligotrofica, suoli poveri di nutrienti
  • Sono boschi stabili, c’è equilibrio tra sostanza organica che cade al suolo e l’arricchimento; la lettiera è abbondante e sono povere di specie erbacee
  • Non c’è molta biodiversità
  • Può essere usato come bosco ceduo.
Faggete eutrofiche
  • 41.174 Asperulo-Fagetum
  • Faggio e abete bianco
  • Fagus sylvatica, Abies alba, Laburnum alpinus, Galium odoratum (=Asperula odorata), Mercurialis perennis, Euphorbia dulcis, Cardamine eptaphylla.
  • Sono faggete calcifile o di transizione tra acidofile e calcicole
  • Boschi stabili
  • C’è una maggiore disponibilità di nutrienti dovuta al chimismo del suolo, in quanto a pH = 6-7 i batteri sono più attivi e quindi anche la decomposizione è spinta
Faggete altimontane ad Acero di monte e megaforbie
  • 41.15 Faggete subalpine – Aceri-Fagetum
  • Fagus sylvatica, Acer pseudoplatanus, Acer platanoides, Sorbus aucuparia, Alnus viridis (arbusto basso), Geranium sylvaticum, Lonicera nigra (Caprifoliaceae), Aconitum vulparia (Compositae), Cicerbita alpina (Ranuncolaceae), Viola biflora (zone umide)
  • Alpi Marittime e Cozie meridionali
  • Limite superiore delle faggete più comuni
  • Boschi stabili
  • Le megafobie sono tutte le piante a foglia larga che vivono dove le precipitazioni sono elevate
Faggete basifile mesoxerofile
  • 41.16 Cephalanthero-Fagetum – Faggete calcicole
  • Fagus sylvatica, Acer opulifolium, Sorbus aria, Pinus sylvestris, Cephalanthera rubra, Hepatica nobilis, Amelanchier ovalis (Rosaceae).
  • Sono boschi stabili in zone calde, tra 700 e 1200 m vicine a boschi di roverella
  • Tanto più i substrati sono calcarei, tanto più l’acqua può percolare e diventa carente. Sono presenti anche in clima mediterraneo più umido.
Querco-carpineti
Querco-carpineti  di pianura e degli impluvi collinari
  • 41.24 Carpinion betuli
  • Carpinus betulus, Quercus robur, Quercus cerris, Tilia cordata, Euphorbia dulcis, Fraxinus excelsior, Cornus sanguinea, Anemone nemorosa, Polygonatum multiflorum, Primula vulgaris, Crataegus monogyna, Prunus avium, Salvia glutinosa
  • Pianura padana, relitto e colline negli impluvi o zone umide
Boschi
Boschi di tiglio, frassino e acero di monte su ghiaioni ed impluvi
  • 41.4 Tilio-Acerion
  • Boschi dei valloni e delle forre delle Alpi
  • Acer pseudoplatanus, Tilia cordata, Ulmus glabra, Cyclamen purpurascens, Primula vulgaris, Tilia platyphyllos, Corylus avellana, Pulmonaria officinalis
  • Boschi stabili perché nelle forre non ci sono variazioni, quindi questi boschi si mantengono nel tempo
  • Boschi alluvionali di ontano nero, ontano bianco, salice bianco
  • 44.11 Alnion glutinosae, Salicion albae
  • Populus alba, Salix alba, Alnus glutinosa, Rubus caesius, Aruncus dioicus, esotiche: Helianthus tuberosus, Solidago gigantea, Ambrosia artemisifolia
  • Boschi alterati e degradati
Boschi misti ripari dei grandi fiumi di pianura
  • 44.13 Alnion glutinosae
  • Quercus robur, Ulmus minor, Fraxinus excelsior, Populus nigra, Populus tremula, Viburnum opulus, Sambucus nigra
  • Sono cenosi rare oppure alterate
Boschi montano- subalpini di abete rosso
  • 44.2 Vaccinio-Piceetea
  • Peccete subalpine e peccete montane
  • Picea abies, Larix decidua, Arctostaphylos uva-ursi, Rhododendron ferrugineum, Juniperus nana, Berberis vulgaris (in zone più secche).
  • Boschi stabili e molto estesi, sono la testa di serie.
Boschi di larice e/o pino cembro
  • 42.3 Larici-Cembretum
  • Larix decidua, Pinus cembra, Pinus uncinata, Juniperus nana, Vaccinium myrtillus
  • Boschi aperti e stabili, molto luminosi e ricchi di specie di sottobosco. Costituiscono la testa di serie e stabilizzano i versanti.
Formazioni erbacee
Formazioni su detriti calcarei
  • 34.11 Formazioni erbose di detriti calcarei dell’Alysso-Sedion albi (prioritario)
  • Sedum album, Alyssum alyssoides, Sedum rupestre, Asplenium trichomanes, Asplenium ruta-muraria
  • Solo su calcari e calcari dolomitici, di piccola taglia, in corso di stabilizzazione (dalle Alpi Cozie alle Marittime da 850 a 1250 m)
  • Tendenze evolutive: verso arbusteti e pascoli
Praterie basifile alpine e subalpine
  • 31.41 e 36.42 Seslerietea variae e Carici rupestris- Kobresietea bellardii
  • Su rocce calcaree e miste da 1800-2500 m in tutte le Alpi
  • Sesleria varia (Graminaceae), Astragalus sempervirens, Soldanella alpina, Festuca violacea, Trifolium thalii, Agrostis alpina
  • Leontopodium alpinum, Dryas octopetala, Aster alpinus, Carex curvula ssp. Rosae
  • Le manteniamo solo con lo sfalcio e il pascolo, altrimenti evolvono verso arbusteto e bosco. Sono molto ricchi in specie, quindi importanti per la conservazione della biodiversità.
  • Carici rupestris- Kobresietea bellardii → 1800-2500 m di altezza; queste comunità d’alta quota hanno resilienza bassissima. Una volta asportata la vegetazione e rimaneggiato il terreno, la ricomparsa della comunità precedente può avvenire dopo 100 anni.
  • Quelle acidofile sono meno importanti dal punto di vista comunitario.

Praterie secche su calcare a Bromus erectus
  • 34.31 Festuco-Brometea, Brometalia, Mesobromion e Xerobromion
  • Sono popolamenti xerofili e sub-mediterranei o endoalpini (da 300 a 1000 m)
  • Bromus erectus, Brachypodium pinnatum, Carex humilis, Stipa capillata, Stipa pennata, Anthyllis vulneraria, Prunella grandiflora e numerose orchidee: Orchis apifera, O. morio, O. ustulata, Serapias lingua, Euphorbia cyparissias
Praterie acidofile a Nardus stricta ricche di specie
  • 35.1 Formazioni erbose a Nardo (Nardion strictae) (Piemonte settentrionale 1700-2300 m)
  • Nardus stricta, Campanula barbata, Gentiana kochiana, Arnica montana, Geum montanum, Vaccinium myrtillus, Avenella flexuosa, Nigritella nigra
  • Su substrati acidi o acidificati
  • Nardus stricta come specie dominante
  • alta resistenza, bassa resilienza, è difficile anche ricostituirle artificialmente.
Praterie a Molinia su suoli calcarei, argillosi o neutro-acidi
  • 37.31 Molinion caeruleae
  • Su suoli ricchi d’acqua, argillosi, acidi (300-2000 m) con alternanza di ristagno idrico e aridità. Si trovano sugli alti terrazzi della pianura Padana dove i suoli sono argillosi e pesanti. Si sono conservate perché utilizzate come pascolo. Quando cessano le pratiche agricole si instaurano specie legnose, quali Salix purpurea, Salix alba e Frangula alnus.
  • Molinia caerulea, Gentiana pneumonanthe, Gladiolus palustris, Viola palustris, Colchicum autumnale
  • Buona biodiversità vegetale
Praterie umide di bordo ad alte erbe
  • 37.7 Adenostyletalia
  • Epilobium hirsutum, Petasites hybridus, Sambucus nigra, Urtica dioica, Mentha longifolia
  • In suoli molto ricchi d’acqua, lungo fiumi, in sottobosco (300-600 m), specie nitrofile.
Praterie da sfalcio di bassa quota in coltura tradizionale
  • 38.2 Praterie magre da fieno a bassa altitudine
  • Arrhenatherion (con specie dl Molinetalia)
  • 100- 500 (1200) m
  • Arrhenatherum elatius, Poa pratensis, Achillea millefolium, Trifolium pratense, Trifolium repens, Bellis perennis, Medicago lupulina, Taraxacum officinale
  • Sfalcio necessario, biodiversità ed evoluzione
  • Molto spesso nelle praterie da sfalcio si va incontro ad impoverimento del terreno (praterie magre), che comporta però un aumento di biodiversità perché l’elevata quantità di azoto favorisce le specie nitrofile.
Praterie montano-subalpine a Trisetum flavescens
  • 38.3 Polygono-Trisetion= Triseto- Polygonion bistortae
  • Trisetum flavescens, Polygonum bistorta, Silene vulgaris, Salvia pratensis, Narcissus poeticus
  • Sfalcio necessario e concimazioni
Arbusteti e formazioni erbacee
Lande secche europee (denomin. Natura 2000)
  • 31.229 (codice Corine)
  • Nardo-Callunetea = Calluno-Ulicetea
  • Baragge e vaude - suoli argillosi e limosi, acidi.
  • Calluna vulgaris, Pteridium aquilinum (legata all’incendio perché le sue spore germinano dopo il passaggio del fuoco), Molinia arundinacea, Potentilla erecta, Nardus stricta
  • Evoluzione verso Betula pendula, Quercus robur, Pinus sylvestris
  • Fenomeno dell’incendio - Quale gestione?
  • Sono formazioni miste insieme alle praterie. Sono suoli che non hanno un regime idrico facile, in quanto si alternano periodi di eccedenza e mancanza idrica. Impediscono l’instaurarsi di boschi rigogliosi.
Arbusteti nani a Loiseleuria procumbens e Vaccinium uliginosum
  • Loiseleurio-Vaccinion (Oberdorfer, 1979)
  • Lande alpine e boreali ad alta quota, zone fresche e ventose
  • Loiseleuria procumbens, Vaccinium uliginosum, Arctostaphylos alpina
  • Molto localizzato, nessuna influenza antropica, creste ventose su substrati acidi a 2000-2500 m- Cenosi stabile
  • Le ericacee crescono molto bene perché siamo su substrati acidi, sono adattate a climi freddi, stagioni brevi e stringono simbiosi con micorrize ericoidi.
Arbusteti di rododendro ferrugineo e mirtilli
  • 31.41
  • Lande alpine e boreali
  • Rhododendro-Vaccinion (Vaccinio-Piceetalia)
  • Rhododendron ferrugineum, Vaccinium myrtillus, Vaccinium uliginosum, Avenella  flexuosa
  • Nelle Alpi tra 1800 e 2200 m di quota sono comuni
  • Possono essere a contatto catenale con i boschi, oppure al di sopra del limite degli alberi. Sono molto estesi perché l’uomo faceva pascolare molto in queste zone.
Arbusteti di Juniperus nana
  • 31.431
  • Lande alpine e boreali
  • Juniperion nanae
  • Alpi alte quote, sono sempre formazioni acidofile
  • Juniperus nana, Arctostaphylos uva-ursi, Vaccinium myrtillus, V. uliginosum, Calluna vulgaris
  • Cenosi stabili, ma minacciate dal turismo
Boscaglie di Pinus mugo ed Arctostaphylos uva-ursi
  • Habitat prioritario come Boscaglie a P. mugo e Rhododendron hirsutum (si pensa che possano provenire dall’oriente)
  • Arctostaphylo-Pinetum mugi descritta per le Alpi Occidentali
  • Pinus mugo occupa grandi zone anche su substrati calcarei. È difficile distinguerlo morfologicamente dal pino uncinato, in quanto esistono anche ibridi.
  • Alta Val di Susa, Val Grande Ossolana, Val Pesio
  • Cenosi stabile perché si trova ad alta quota
  • È tipico delle Alpi orientali (Dolomiti)
Arbusteti alpini di salici d’altitudine
  • 31.62
  • Salicion arbusculae
  • Salix helvetica, Salix breviserrata, Salix glaucosericea
  • Alpi alte quote
  • Cenosi stabili
  • I salici hanno radici molto profonde e si prestano molto bene a talee; sono specie dioiche come i pioppi; l’impollinazione è anemofila. Le correnti d’aria servono alle piante per risalire verso monte l’alveo.
Arbusteti pionieri xerofili di Buxus sempervirens
  • 31.82
  • Berberidion
  • Valle Grana, Valle Maira
  • Buxus sempervirens, Lavandula angustifolia, Stipa pennata, Erica carnea, Amelanchier ovalis
  • Cenosi stabili (qualche volta con Quercus pubescens)
Arbusteti di Juniperus communis
  • 31.811 e B) 31.882
  • Da 300 a 1000 m di quota. Colline e Alpi e anche pianure
  • Artemisia alba, A. campestris, Bromus erectus, Brachypodium caespitosum, Linaria vulgaris, Salvia pratensis
  • Eccessivo pascolamento nel passato
  • Su calcare e su silice
  • Juniperus communis è xerofila, si trova nelle zone collinari ed è indicatore di terreni aridi; dioica. La maggior parte delle Labiatae sono adattate all’aridità.
Ghiaioni
Ghiaioni calcarei e di calcescisti (montani) alpini
  • 61.2 Thlaspietea rotundifolii
  • Vegetazione dei detriti di falda mobili a pH superiore a 7(valle Susa,A.Cozie merid. E Marittime da 1500 a 2500 m
  • Thlaspi rotundifolium, Linaria alpina, Saxifraga oppositifolia, Gypsophyla repens, Berardia subacaulis, Artemisia genipi, Campanula alpestris
  • Cenosi stabili, sono importanti per la biodiversità.
  • Nei ghiaioni le piante non competono tra loro e molte specie endemiche e rare si rifugiano proprio in queste comunità.
  • Le Alpi marittime sono il settore più ricco di specie endemiche perché hanno subito l’influenza climatica del mediterraneo.
  • Ci sono molte Cruciferae, che hanno radici a fittone o superficiali che si adattano al movimento del ghiaione.
Ghiaioni xerofili calcarei di calcescisti montano-subalpini
  • 61.31 Popolamenti discontinui su carcare e calcescisti a medie quote( valli Susa, Pellice, alpi marittime, da 1000 a 1500 m)
  • Achnatherum calamagrostis, Melica ciliata, Bromus erectus, Teucrium chamaedrys
  • Cenosi in lento dinamismo verso stadi erbacei a maggiore copertura
  • Non sono minacciati
Pareti
Pareti rocciose calcaree (raramente ofiolitiche) con vegetazione rupicola
  • 62.13 e 62.151 Vegetazione casmofitica (cresce nelle fessure delle rocce
  • Potentilletalia caulescentis
  • Primula marginata, Campanula bertolae, Primula allionii (endemica delle Alpi marittime), Alyssum argenteum
  • Vegetazione pioniera stabile
  • Ottimo stato di conservazione
  • Troviamo tante felci
Pareti rocciose silicee con vegetazione rupicola
  • 62.2 Vegetazione casmofitica su silice
  • Ossolano, Val Sesia, Valli di Lanzo
  • Asplenium septentrionale, Asplenium trichomanes, A. ruta -muraria, Saxifraga cotyledon, Saxifraga aspera, Campanula elatines, Artemisia glacialis, Saxifraga florulenta, Campanula excisa, Phyteuma hemisphaericum, Primula pedemontana, Saxifraga florulenta
  • Ottimo stato- Cenosi stabile
Affioramenti rocciosi calcarei nei piani subalpino e alpino
  • 62.4 Pavimenti calcarei (habitat prioritario)
  • Alpi Cozie e Marittime (ambienti carsici)
  • Globularia cordifolia, Primula marginata, Dryas octopetala, Saxifraga lingulata, Salix serpyllifolia
  • Cenosi stabili, nessuna minaccia
  • Adattamento a condizioni estreme
Vegetazione palustre
Vegetazione palustre a Rhyncospora
  • 54.6 Depressioni su substrato torboso del Rhyncosporion( fra 600 e 1000-1500 m)
  • Rhyncospora alba, Juncus alpino-articulatus, Drosera rotundifolia, Viola palustris, Sphagnum sp.pl.
  •  Cenosi stabili in ambienti umidi a pH molto acido per presenza di acque oligotrofiche
  • Sono ambienti minacciati
  • Specie idrofile e igrofile. Sono diventate rare perché molte aree sono state modificate. Si sono conservate di più in zone collinari e montane dove c’è stata meno alterazione da parte dell’uomo.
  • Una torbiera è una zone dove c’è abbondanza di acqua, dove la vegetazione rimane totalmente o parzialmente sommersa. Le acque possono essere meteoriche o provenienti direttamente dalla rete idrica circostante. Questa vegetazione sommersa non riesce ad essere degradata (pochi batteri decompositori) per condizioni di anossia; inoltre la sostanza organica acidifica il substrato e i batteri non riescono a svolgere la loro attività. Si costituiscono così strati di materiale non decomposto anche molto antichi. Tipiche sono le torbe di sphagno, una briofita che produce tanta biomassa. Queste torbiere si evolvono: la sostanza organica continua ad accumularsi fino all’interramento della torbiera e trasformazione in una prateria.
  • Le torbiere possono essere di due tipi: quelle alte dove sono presenti gli sfagni che generano cuscini dove l’acqua diminuisce con l’altezza (comuni nel nord Europa); le torbiere basse non hanno generalmente gli sfagni, quindi la vegetazione è al livello del piano di campagna e l’acqua è principalmente portata dalla catena idrica.
Paludi alcaline a Cladium mariscus
  • 53.3 Paludi calcaree con Cladium mariscus
  • Habitat prioritario (prendono anche il nome di “mareschi”)
  • Populus alba, Quercus robur, Cladium mariscus, Lythrum salicaria, Lysimachia vulgaris, Iris pseudacorus, Nymphaea alba, Typha latifolia, Nuphar lutea
  • Paludi di bassa quota
  • Ambienti minacciati per antropizzazione (bonifiche), tendono ad interrarsi.
Formazioni igrofile di muschi calcarizzanti
  • 54.13   Cratoneurion commutati
  • 54.13   Musci sp. pl., Cratoneuron commutatum, Pinguicula vulgaris, Parnassia palustris, Saxifraga aizoides, Hottonia palustris, Equisetum sp.
  • Sorgenti pietrificate calcaree
  • Cenosi molto stabili in buono stato di conservazione
  • Molte specie sono in grado di assorbire calcare per poi riemetterlo dai pori, si formano così sorgenti pietrificate.
Torbiere
Torbiere basse alcaline
  • 54.2 Torbiere basse alcaline – Caricetalia davallianae, Magnocaricion, Phragmition
  • Carex davalliana, Epipactis palustris, Primula farinosa, Phragmites australis
  • Con acque calcaree
  • Pericolo di interramento da parte di Phragmites che produce tanta biomassa.
Altri habitat di torbiera
  • 51.1
  • Torbiere alte attive a sfagni - Alte perché hanno cuscini di suolo e piante (sfagni) elevate sul piano di campagna- Formazione di torba
  • Typha minima, Eriophorum sp., Sphagnum sp., Carex davalliana, Caltha palustris
  • Torbiere alte degradate (51.2)
  • Se trovo specie nitrofile o da pascolo vuol dire che la torbiera si sta degradando.
  • Le torbiere sono archivi di pollini e di dati relativi all’antropizzazione.
Formazioni alpine
Formazioni alpine del Caricion bicoloris atrofuscae
  • 54.3 Caricion bicoloris atrofuscae (2000 m)
  • Cenosi stabili, climi molto freddi, morene, acque fredde e torrenti glaciali
  • Carex atrofusca, Carex bicolor, Typha minima
  • Nessuna influenza antropica
  • Per conservare queste zone umide è necessaria una rete di canali per il trasporto di propaguli e rizomi.

Dinamismo della vegetazione

La vegetazione pur presentandosi con caratteristiche proprie relativamente stabili è comunque un sistema aperto in continua trasformazione.
L’immagine che dobbiamo crearci è quindi quella di un sistema dinamico. La vegetazione tende generalmente a condizioni boschive.
I cambiamenti della vegetazione di cui si è parlato all’inizio del corso, dovute a variazioni climatiche profonde e perduranti per lunghi tempi sono le così dette variazioni paleontologiche. Le variazioni che avvengono in tempi e spazi più ristretti, dovuti all’instabilità degli ambienti vegetazionali sono quelle di più immediato interesse. Alcune di esse si realizzano rapidamente e possono essere direttamente seguite, altre (la maggior parte) hanno comunque tempi di attuazione troppo lunghi rispetto alla vita dell’uomo per poter essere direttamente seguite. La dinamica si verifica quando per variazione dei fattori ambientali più importanti si sposta l’equilibrio tra le componenti floristiche della fitocenosi, per cui si registrano cambiamenti di specie via via più consistenti. I cambiamenti possono essere dovuti a variazioni biotiche o abiotiche e possono essere graduali o bruschi (frane).

Cause:
  • autogene : dipendono da variazioni ambientali indotte dalla fitocenosi stessa e sono di origine naturale come ad es. il processo pedogenetico o l’allelopatia tipica di alcune specie.
  • allogene : corrispondono alla variazione di fattori esterni alla fitocenosi e sono per lo più di tipo antropico, come nuovi interventi di pascolo, sfalcio, taglio dei boschi o interruzione di pratiche precedenti. Cause naturali allogene possono essere legate all’evoluzione geomorfologica del territorio (frane, allagamenti, interramento di bacini lacustri ecc.).
Fluttuazioni =  la variazioni che non portano ad una modificazione stabile della fitocenosi ma interessano solo parti di essa o singoli componenti: dopo un certo tempo l’effetto della fluttuazione si attenua e la vegetazione riassume l’aspetto iniziale ( ad es. variazioni dovute al ciclo annuale delle piante ; espansione di specie primaverili nei boschi di caducifoglie, presenza di sinantropiche in un vigneto ecc.).

Successione = l’insieme dei diversi tipi di vegetazione ( = fitocenosi differenti) che si instaurano in uno stesso sito in successione temporale.

Analisi del paesaggio vegetale

Quando faccio un’analisi del paesaggio devo anche interpretare le dinamiche vegetali, cercare di capire i contatti seriali e di studiare nel tempo come si evolve la vegetazione. Guardo la prateria, poi il mantello (zona arbustiva verso cui si evolve la prateria) e il bosco che costituisce la “testa di serie”, ovvero lo stato finale. È chiaro che questa successione la trovo nelle stesse condizioni ambientali: nel fondovalle, per esempio, avrò un altro tipo di prateria, mantello e bosco. Prateria e arbusteto costituiscono un contatto seriale, se invece ho un contatto tra faggeta e roverella ho un contatto catenale.
Questo tipo di studio è migliore del metodo fitosociologico perché quest’ultimo non mi dà una fotografia del sito.
Livelli di indagine: habitat
Unità fondamentale: associazione
Metodi:      fitosociologia
Risultati attesi: contributo alle conoscenze floristico-vegetazionali

Livelli di indagine: tessera
Unità fondamentale: serie
Metodi:  sinfitosociologia
Risultati attesi:  interpretazione dei rapporti dinamici tra le diverse associazioni

Livelli di indagine: catena
Unità fondamentale: geoserie
Metodi: geosinfitosociologia
Risultati attesi: interpretazione dei rapporti catenali tra le serie di vegetazione

Vegetazione reale e potenziale

La vegetazione è costituita da un mosaico di comunità vegetali di differente significato dinamico. In una zona a climax forestale troveremo frammenti di boschi di varia estensione misti ad altre formazioni non boschive, come comunità naturali o antropogene, accompagnate da aree con situazioni dinamicamente attive corrispondenti a fasi di ricostruzione primaria e secondaria.
Vegetazione reale: è quella che esiste al momento dell’osservazione.
Vegetazione potenziale: è quella che si avrebbe a partire dalla situazione attuale se cessasse ogni attività umana e si svolgessero le serie primarie e secondarie in maniera indisturbata.
La vegetazione potenziale è probabilmente diversa da quella originale o da quella che si avrebbe se l’uomo non fosse mai intervenuto.
Nel ripristino ambientale devo intervenire in modo tale che la vegetazione si autogestisca e non debba più intervenire.

Serie dinamica ( = successione dinamica = serie successionale): insieme degli stadi del processo.
La successione è il processo.

I diversi tipi di vegetazione (le diverse associazioni) che regolarmente si susseguono nel tempo in un medesimo sito costituiscono una serie. La successione è il processo; La serie è l’insieme degli stadi del processo. Gli stadi della serie possono corrispondere ad associazioni o a subassociazioni; distinzioni di ancora maggiore dettagli portano alla definizione di fasi.
Il concetto di successione non è recente ( medico romano Lancisi nel 1714); Nella prima metà del secolo scorso è stato ripreso e amplificato dalla scuola anglosassone in contrapposizione al metodo di Br-Bl che veniva definito statico. Tuttavia anche Br-Bl prestava attenzione al dinamismo della vegetazione come dimostrano studi di Aichinger sulle tendenze dinamiche della vegetazione forestale.
Le serie possono essere descritte facendo riferimento alle associazioni che si susseguono (applicando il metodo fitosociologico); se la dinamica è molto graduale possono essere individuate nel tempo subassociazioni, varianti o facies oppure situazioni intermedie di difficile classificazione. La gradualità con cui si realizza una serie è un carattere importante e determina situazioni abbastanza diversificate riscontrabili nelle serie progressive e regressive. Una serie dinamica cessa quando non ci sono più specie che possano competere con quelle già insediate facendo variare la composizione generale della fitocenosi e determinare la presenza di una nuova associazione.
I tempi possono essere diversi: con stagioni lunghe e precipitazioni elevate le successioni sono rapide, invece in quota il processo è più lento perchè si riduce il periodo vegetativo. Tanto più ho condizioni estreme, tanto più il dinamismo è lento.

Serie progressiva

È una serie che si svolge nel senso di una progressiva complicazione strutturale, è caratterizzata da gradualità e da lunghi tempi di svolgimento attraverso tappe prevedibili.

Serie regressiva

Si realizza quando la vegetazione si trasforma procedendo nel senso di una semplificazione strutturale, da vegetazione alta e chiusa a vegetazione bassa e rada. E’ supportata da cause distruttive (frane, alluvioni ecc.) e presenta variazioni brusche da uno stadio all’altro, con atti di distruzione che si succedono intervallati da fasi di ripresa della vegetazione.
Nelle serie regressive per salti gli stadi  perché dipendono da eventi catastrofici; in altri casi, che si verificano senza eventi catastrofici come quelli che si realizzano ad es. in un bosco pascolato che diventa via via più rado e poi dà luogo alla prateria, si possono prevedere i vari stadi.
Rivas –Martinez a questo proposito parla di serie:
Climatofila: con diretta relazione fra vegetazione e clima
• Edafoxerofila ed edafoigrofila: serie dovute ad una esaltazione o a una diminuzione dell’effetto delle precipitazioni da parte della situazione topografica ed edafica.

Serie primarie

Iniziano su substrato litologico naturale, privo di vegetazione e di eredità biologica e procedono verso gradi di complessità maggiore per l’azione che esse stesse hanno sul substrato, senza l’intervento antropico (lave vulcaniche, morene glaciali, sabbie dunali marine, frane…)

Serie secondarie

Sono costituite dalle ricostruzioni vegetazionali spontanee che seguono alla distruzione di una precedente fitocenosi naturale o all’abbandono di una vegetazione antropogena. Iniziano quando è cessato il disturbo. C’è eredità biologica.
Non sempre una successione secondaria riporta ad una vegetazione simile a quella che originariamente occupava il sito. In particolare risulta molto problematica la ricostruzione dei boschi nelle zone subaride (Mediterraneo) poiché qui la vegetazione forestale è legata ad un terreno evoluto, con buona capacità idrica, la cui formazione, in particolare su un substrato litoide, richiede tempi lunghissimi.
Paraclimax = falso climax dovuto ad eventi distruttivi e a successiva ricolonizzazione con associazioni di sostituzione.

Metodi di studio delle successioni

  • Consiste nella sostanza nel ripetere le osservazioni nello stesso punto in epoche successive
  • Tempi lunghi. Un anno consente di visualizzare variazioni solo se il dinamismo è intensissimo come in una vegetazione pioniera. Quadrati permanenti di 25-100 m2, non disturbati.
Delimito un’area e ogni tot di anni vado a vedere come evolve la vegetazione (metodo diacronico = con l’evolversi del tempo), ma è un metodo lungo e costoso. Oppure posso seguire un altro metodo: per esempio, so che sull’Etna ci sono state colate in un certo anno, in posti diversi e in anni diversi e vado a studiare la vegetazione dei diversi punti (metodo sincronico); in questo modo posso capire in quanto tempo evolve la vegetazione e posso prevedere i tempi e i modi della successione vegetazionale.
Si tende a mantenere il paesaggio, l’evoluzione della vegetazione (arrivo del bosco) tende a far diminuire la biodiversità.
Entrambi i metodi di studio mi danno i tempi e i modi dell’evoluzione della vegetazione. Il punto principale è l’evoluzione del suolo, che deve essere in contemporanea con l’evoluzione della vegetazione. La gradualità è un carattere importante e determina situazioni abbastanza diversificate.

Una serie progressiva può essere rappresentata dalla curva logistica che ha per coordinate il tempo e per ordinate le variazioni della componente floristica: essa rappresenta la crescita di un sistema vivente in presenza di un fattore limitante. La curva logistica rappresenta una forma semplificata del fenomeno perché non tiene conto dell’omeostasi, che è in effetti un importante elemento del sistema e che consiste in tutti i fenomeni che tendono a determinare un assestamento provvisorio dei vari stadi intermedi. La curva logistica non rappresenta quindi il fenomeno nella sua complessità ed è più corretto interpretarla come una sequenza di stadi successivi.

Con il procedere della serie si realizza:
  • Un aumento di sostanza organica;
  • L’evoluzione del suolo (pedogenesi);
  • Variazione della diversità floristica.
Questo schema è molto utile per i ripristini ambientali.
Pedogenesi: tendenza all’acidificazione, dilavamento dei cationi, aumento degli orizzonti e del loro spessore.

Il punto di partenza di una successione primaria dipende dall’apporto di semi dall’esterno, in una secondaria entra in gioco la banca semi del terreno. La presenza di semi germinabili non garantisce da sola la possibilità di ricolonizzazione: occorre che le condizioni ambientali consentano lo sviluppo delle plantule dopo la germinazione.
Con il procedere della serie si realizza un aumento della materia organica nell’ecosistema,
una variazione nella distribuzione spaziale degli individui e della diversità floristica. Specie edificatrici sono ad es. quelle che aumentando la materia organica nell’ecosistema favoriscono la possibilità di ingresso e di stabilizzazione di specie più esigenti.
Il procedere delle serie naturali è accompagnata da modificazioni del suolo quindi successione e pedogenesi sono molto spesso processi paralleli (aumento della profondità del profilo; tendenza all’acidificazione soprattutto negli orizzonti superficiali; aumento della materia organica contenuta nel suolo; dilavamento dei carbonati ed in genere dei cationi) Nei climi aridi e subdesertici le cose possono essere diverse.

Omeostasi: condizione di stabilità interna di un sistema che si mantiene anche al variare delle condizioni esterne grazie a meccanismi di autoregolazione.
Resilienza: capacità di un sistema di autoripararsi dopo un danno. Nelle forme più evolute di fitocenosi la resilienza è spesso debole o comunque lenta e l’omeostasi è per contro elevata.
Omeostasi e resilienza sono, in genere, una contraria all’altra.

Tratto da ECOLOGIA VEGETALE - FITOSOCIOLOGIA di Marco Cavagnero
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