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Ma come lavorano insieme comune e asl


Fino agli anni '80, l' Usl, erogava anche prestazioni sociali non solo sanitarie, perchè era un comitato di gestione a dirigerla, in cui erano anche esponenti del comune che compartecipavano alla programmazione dell'offerta; poiché le prestazioni sociali erano di competenza comunale, e nelle Usl la programmazione era compartecipata tra sanitari e assessori: i comuni concedevano delega totale alle Usl nell'erogazione dei servizi sociali. Le Usl, quindi, erogavano tutto e questo portava a non avere problemi di integraione.
L'unico problema era relativo al finanziamento dei servizi: poiché non vi era differenziazione tra 1,2 e 3 la Usl pagava tutto con la quota capitaria.
Per risolvere questa problematica intervenne il D.p.m. Agosto/85, c.d. Decreto CRAXI, che chiariva quali prestazioni socio-assistenziali gravavano sul Fsn e quali no (ma spettavano al comune).
Dopo la legge 833/78, le regioni, in ambito socio-sanitario, avevano seguito diversi orientamenti: in alcune regioni si scelse la Usl come luogo di integrazione, con conseguente delega ad essa di funzioni e di risorse socio-assistenziali da parte dei comuni; in altre regioni, tale orientamento è stato assunto solo parzialmente, nel senso che vi è stata una delega alla Usl in alcune aree di intervento, mentre i comuni per altre hanno mantenuto una diretta responsabilità, anche associandosi; infine, un terzo gruppo di regioni – in cui si è ignorato il problema dell'integrazione – si è mantenuta una separazione fra il sistema sanitario delle Usl e il sistema socio-assistenziale dei comuni.
Gli anni '90 segnano una profonda trasformazione degli assetti istituzionali della sanità e degli enti locali. I decreti 502 e 517, con l'aziendalizzazione delle Usl, tranciano il collegamento tra comuni e Asl, portando alla perdita dell'integrazione socio-sanitaria. Ai comuni, in sanità, viene affidato un generico potere di controllo e indirizzo, ma di fatto, escono dalla gestione e dal governo effettivo della sanità. Questo causò il ritiro, da parte dei comuni, delle deleghe alla Asl per la gestione dei servizi sociali: rallentamento nel processo di integrazione tra sociale e sanitario. I comuni, infatti, hanno rivendicato tutti i servizi sociali, anche quelli a valenza sanitaria. Questa netta separazione tra due personalità giuridiche diverse – con diverse funzioni obiettivo, finanziamenti e incentivi – portò o ad una carenza di servizi , perchè nessuno dei due voleva erogarli, o ad una duplicazione. Esistono, infatti, prestazioni appartenenti alla c.d. “zona grigia” di cui non è facile stabilire la natura sociale o sanitaria. Va considerato anche che mentre il comune deve rispondere al proprio elettorato politico, spendendo meno per non far aumentare le tasse, dunque è spinto ad etichettare come sanitarie anche prestazioni sociali (medicalizzazione dei servizi) – che sono gratutite per il cittadino, ma gravano sulla regione – la asl è incentivata a de-medicalizzare il più possibile e a far gravare sul bilancio solo le prestazioni sanitarie: obiettivi opposti dei due soggetti: difficile collaborazione ed integrazione.

Tratto da ECONOMIA SANITARIA di Angela Tiano
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