La tutela delle confessioni religiose in Italia

Si è ora in condizione di affrontare più a ragion veduta i dilemmi della società multiculturale.
Diritti personali o comunitari?
Il principio personalistico, inteso nella sua dimensione non sostanzialistica ma intersoggettiva propria della nostra Costituzione, valorizza in senso ampio la libertà di autodeterminazione.
Esso consente di spostare tutti i “diritti della coscienza” dalla cittadinanza-appartenenza alla cittadinanza-partecipazione e, quindi, verso una concezione più accogliente dell’attuale panorama religioso e culturale sempre più variegato da concezioni, talvolta anche estremamente, divergenti da quelle tradizionali.
Le convinzioni ideologiche e religiose, che costituiscono il bene tutelato dall’art. 19 cost., vengono a connotare l’identità personale e anch’esse nel continuo processo relazionale ed intersoggettivo proprio della persona, ricevono, pertanto, direttamente tutela dall’art. 2 cost.
In questa prospettiva il problema allora diventa: quali garanzie di funzionalità rispetto a tale sviluppo offrono le comunità?
Perché il liberalismo rispetta le comunità, ma pretende che “queste debbano essere tolleranti al proprio interno” e occorre almeno salvaguardare in maniera piena la libertà dell’individuo in entrata e in uscita.
Emblematica in questa analisi è proprio la tutela dei diritti della personalità all’interno della confessione: un tema cruciale del diritto ecclesiastico nello Stato costituzionale, ma ordinariamente rimosso nell’ottica della tutela indiretta dal momento che questa postula un’improbabile appartenenza piena ed obbediente alla confessione per effetto di una volontaria autolimitazione o autocompressione, accettata al momento dell’adesione, dei diritti di libertà pur spettanti a ogni cittadino.