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Le funzioni dei film di finzione

Le funzioni dei film di finzione




Questi freni all’avanzamento della storia fanno parte di una sorta di programma anti-programma. È un programma perché richiede di essere regolato nel suo sviluppo per liberare poco a poco le informazioni necessarie al disvelamento della soluzione: la dilatazione dei freni costituisce una sorta di sintassi che ne regola la disposizione. È anti-programma nella misura in cui la sua funzione è quella di frenare l’avanzamento verso la soluzione fissata dall’intreccio di predestinazione o del suo sostituto. Intreccio di predestinazione e frase ermeneutica sono entrambi programmi, ma uno l’anti-programma dell’altro; il film può così darsi l’apparenza di una progressione che non è mai assicurata ed è dovuta al caso, e fare finta di subordinarsi a una realtà bruta che nulla può comandare, essendo il lavoro della narrazione banalizzare, naturalizzare, sotto la forma del destino, questi scossoni programmati nell’intrigo. Nel cinema, l’impressione di casualità e fragilità dei programmi è accentuata dal significante cinematografico stesso, poiché un piano schiaccia l’altro, così come un’immagine scaccia l’altra senza che la successiva possa essere conosciuta in anticipo; l’economia di questo sistema narrativo è notevolmente efficace nella misura in cui è estremamente ambivalente: esso permette di fare in modo che lo spettatore possa nello stesso tempo temere e sperare.
Il film di finzione è un rituale anche perché ripete senza sosta la medesima storia, o quanto meno gli intrecci su cui essa si costruisce possono essere per la maggior parte dei casi schematizzati in un numero ristretto di reticoli; esso, come il mito o la favola, si poggia su strutture di base il cui numero di elementi è finito e il numero delle combinazioni è illimitato. Per convincersene basta prendere quattro film differenti uno dall’altro come Sentieri selvaggi, Il grande sonno e Io ti salverò: la loro azione si sviluppa in circostanze, in situazioni differenti, su temi differenti con personaggi molto diversi, eppure il loro intrigo può essere riassunto, schematizzando secondo un modello comune ai quattro: l’eroe, o l’eroina, deve strappare un altro personaggio alla morsa di ambiente ostile. Allora il film di finzione, al di là delle infinite variazioni, è costituito da elementi invianti, sul modello delle funzioni evidenziate da Propp per la fiaba popolare russa, o dei mitemi definiti da Lévi-Strauss per i miti.
Nei nostri esempi, un personaggio è stato sottratto o rapito (dagli indiani, dai gangster o dall’inconscio), e l’eroe deve operare una contro-sottrazione per riportare l’altro personaggio in un ambiente normale (sterminando gli indiani, sgominando la gang o rendendo conscio l’inconscio); come si vede, le situazioni, i personaggi o le modalità d’azione variano, ma le funzioni restano identiche. Le funzioni si combinano tra loro all’interno di sequenze che costituiscono dei mini-programmi, poiché una comporta l’altra sino alla chiusura che figura il ritorno allo stato iniziale o all’accesso allo stato desiderato; il misfatto implica in effetti, a monte della storia, una situazione iniziale presentata come normale e come buona, e a valle la riparazione del misfatto, così come la funzione partenza richiama la funzione ritorno. Ogni storia è dunque omeostatica: essa non fa che tracciare la riduzione di un disordine, essa rimette a posto; essa può dunque essere analizzata in termini di disgiunzioni e separazioni, di separazione e di unione.
La storia del film di finzione è dunque costruita, come quella della fiaba russa e come quella del mito, a partire dall’assemblaggio di sequenze di funzioni, che per evitare confusioni chiameremo sequenze-programma; esse possono susseguirsi le une alle altre, e ogni nuovo misfatto, mancanza o bisogno ne può comportare una nuova, come nel caso del feuilleton o del film a sketch; più frequentemente una sequenza-programma comincia prima che la precedente sia terminata: ci si trova allora di fronte ad un incastro di queste unità che non conosce un limite determinato, salvo forse chiudere il cerchio e compiere la prima sequenza-programma. Anche se questo procedimento è particolarmente usato nei film di suspense o di mistero, può ugualmente adattarsi al comico: sono note quelle gag a cui per riparare un pasticcio, se ne commette un secondo che si vuole riparare e se ne commette un terzo, ecc. ecc. Due sequenze-programma differenti possono avere una fine comune: è così nel film d’avventura, se l’eroe esce vincitore dalle prove conquista allo stesso tempo la donna; se l’istanza narrativa ha una libertà soltanto ristretta per l’organizzazione interna e la successione delle sequenze-programma, essa resta per contro interamente libera di scegliere il modo in cui le funzioni vengono riempite o di fissare gli attributi o i caratteri dei personaggi.

Tratto da ESTETICA DEL FILM di Nicola Giuseppe Scelsi
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