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Rudolf Arnheim: teorie sulla percezione del film

Rudolf Arnheim: teorie sulla percezione del film




Conformemente alla lezione della scuola gestaltica egli insiste sul fatto che la nostra visione non si riduce mai a una questione di stimolazione della retina, ma che essa è un fenomeno mentale, implicante tutto un campo di percezioni, di associazioni, di memorizzazioni: noi vediamo in qualche modo più di quanto i nostri occhi ci mostrino, altrimenti non si spiegherebbe ad esempio il fatto che gli oggetti allontanandosi vengono percepiti sempre della stessa dimensione. Il problema centrale del cinema è dunque legato al fenomeno della riproduzione meccanica del mondo: il film può riprodurre automaticamente delle sensazioni analoghe a quelle che colpiscono i nostri organi di senso, ma lo fa senza il correttivo dei processi mentali: il film ha a che fare con ciò che è materialmente visibile, e non veramente con la sfera umana del visuale.
Queste teorie, malgrado l’evoluzione della psicologia a partire dagli anni ’20, non sono superate e sono anche state riprese e attualizzate, in certa misura, da Mitry e da Metz; i loro limiti si manifestano soprattutto nella ristrettezza delle scelte estetiche cui danno luogo: già Munsterberg, con la sua pianificazione dei fenomeni psicologici che il film deve trattare, privilegia il grande film di finzione, escludendo dal proprio campo di riflessione tutto il cinema documentario, educativo o di propaganda; ancora più nettamente Arnheim emette giudizi di valore molto severi, e soprattutto il suo sistema lo porta a valorizzare esclusivamente il cinema muto, a rifiutare in blocco il cinema parlato considerandolo come una degenerazione, la crescita malsana causata secondo la Gestalttheorie e in tutto l’organismo, della diminuzione delle costrizioni esterne. Così, malgrado il loro vivo interesse intellettuale, questi approcci sono generalmente recepiti oggi come soprattutto adeguati al periodo del cinema “arte delle immagini”, ed è certamente a proposito del cinema sperimentale che troveranno più facilmente un’occasione di riattualizzazione.

Tratto da ESTETICA DEL FILM di Nicola Giuseppe Scelsi
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