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Una tecnica "Si, ma": gli Smith e Salvador Minuchin


In questa famiglia tutti sono d’accordo che il signor Smith è il problema. Lui è il portavoce ufficiale del suo ruolo all’interno di essa. La struttura molto rigida della famiglia è stata rafforzata da 10 anni di consenso medico sul fatto che il signor Smith è psichicamente malato.    
Gli stratagemmi di Minuchin sono connessi all’obiettivo di liberare il signor Smith dal suo ruolo deviante, perciò innanzi tutto attenua l’esperienza che questi ha di sé come malato, poi mette in dubbio la validità di questa esperienza, sia nel signor Smith che nella sua famiglia.    
Come prima sfida Minuchin imita il signor Smith nelle mosse fatte per riaffermare il suo ruolo deviante (fuma, si toglie la giacca..); il terapista sottolinea inoltre che entrambi hanno la stessa età, lavorano e sono irrequieti. Queste risposte mimetiche spostano il signor Smith dal suo ruolo deviante: dal momento che il terapista è un esperto e anche il membro più forte del sistema terapeutico, essere simile a lui non può essere una forma d’anormalità. Le stesse manovre “a specchio”, sfidano la concezione della realtà degli altri componenti della famiglia: se la persona deviante è simile al terapista che ha potere e forza, non può essere considerata anormale.    
Nel corso della seduta, il terapista insiste che il signor Smith reagisca  a fatti che accadono all’interno della famiglia; anche se questa sua posizione incontra resistenza, pian piano penetra. Il comportamento del signor Smith è man mano percepito come risposta al comportamento degli altri membri della famiglia: di nuovo la validità della percezione che la famiglia ha di sé è messa in dubbio.    
Più tardi il terapista elabora la strategia di fare della signora Smith la paziente, contrariamente alla concezione della famiglia che considera il signor Smith malato. Tuttavia la signora Smith accetta l’etichetta di malata perché risponde alla promessa che i suoi bisogni, finora subordinati a quelli del marito, siano soddisfatti. Il precedente rapporto complementare è capovolto: la signora Smith da vittima che si era sacrificata aiutando il marito, diviene ora la malata; quello che prima era stato presentato come il paziente designato deve aiutare ora il nuovo paziente anormale.    
La centralità del signor Smith all’interno del sistema è preservata, ma aspetti della sua personalità, divenuti inattivi, possono ora emergere nuovamente, di modo che può aiutare invece di essere aiutato.    
La strategia funziona: la percezione del signor Smith cambia, non è più visto come malato né come specchio del terapista, questa trasformazione della struttura familiare rende possibile, d’ora in poi, l’emergere di modelli transazionali nascosti. Essi, oltre ad essere di per sé validi, saranno rafforzati dalla terapia. Alla fine del percorso terapeutico (20 sedute in 10 mesi) le sedute si interrompono con il consenso di tutti e un controllo terapeutico dopo 3 anni conferma il successo dell’approccio familiare, il quale ha evitato un ricovero.

Tratto da FAMIGLIE E TERAPIA DELLA FAMIGLIA di Antonino Cascione
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