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Erronea distinzione tra qualità primarie e secondarie in Berkeley



La dottrina delle qualità primarie equivaleva al riconoscimento dell’esistenza e della conoscibilità di una realtà indipendente dalle modalità percettive e conoscitive dell’uomo. Egli ad esempio critica in maniera ferrea sin dal Saggio di una nuova teoria della visione la concezione secondo la quale distanza e grandezza siano di carattere matematico; la loro nozione è invece data dall’esperienza: noi siamo abituati a connettere determinate idee visive; in realtà un cieco al quale si ridà la vista con un’operazione, non percepisce le distanze immediatamente perché di esse non ha esperienze pregresse. La funzione delle idee visive di distanza e grandezza è allora esclusivamente pratica: gli oggetti della visione allora costituiscono il linguaggio naturale della natura. È tale linguaggio che regola le nostre azioni per conseguire le cose necessarie al benessere e alla conservazione del nostro corpo. Tale polemica tra qualità primarie e secondarie, diventa più esplicita nel Trattato e soprattutto nei Dialoghi tra Hylas e Philonous. Qui Berkeley attua una vera e propria riduzione delle qualità primarie( estensione, figura, solidità, peso, movimento e quiete) a secondarie (sapori, colori, odori etc..). egli dimostra che entrambe presentano carattere relativo: ciò che all’uomo appare estremamente piccolo, ad un insetto appare enorme. In questo modo egli dimostra che lo spazio e il tempo assoluti di Newton sono il risultato di un’astrazione. Berkeley allora vuole tornare ad una fisica di tipo qualitativo, e non quantitativo come l’aveva concepita Newton (misurazione matematica delle qualità primarie).

Tratto da FILOSOFI DELL'ETÀ MODERNA di Carlo Cilia
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