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Giudizio estetico nella "Critica del giudizio" di Kant



Nella Critica del giudizio al giudizio determinante (che determina attraverso le forme a priori il proprio oggetto) viene sostituito il giudizio riflettente che si limita a interpretare oggetti naturali in base al principio della finalità. Esso non ha valore conoscitivo ma presenta caratteri di universalità, poiché corrisponde ad un’esigenza che è presente nel soggetto trascendentale. Esso può essere:
giudizio estetico è riferito al rapporto che intercorre tra soggetto e rappresentazione, nel quale viene provato un sentimento di accordo tra essi. Si tratta di un accordo spontaneo tra l’immaginazione e l’intelletto dove l’immaginazione presenta all’intelletto un oggetto sensibile non nei suoi caratteri originari bensì liberamente interpretato secondo progetti dell’immaginazione stessa; è in questo modo che si fonda il giudizio di gusto per cui l’intelletto percepirà nell’oggetto un’armonia interna che lo porterà a considerarlo fine a se stesso in quanto alla sua bellezza. L’intelletto allora lo considererà bello non tanto per un piacere fisico provato da quell’oggetto ma senza un interesse preciso, perché condizionato dalla sua bellezza fine a se stessa. In questo modo quell’oggetto verrà riconosciuto universalmente come bello (nonostante esiste un concetto preciso di tale bellezza) in virtù di quella bellezza fine a se stessa. Esso non va però accostato né al buono, né al gradevole, né all’utile perché il bello non vuole la realizzazione, attraverso la categorizzazione di quell’oggetto: è così che Kant stabilisce un’assoluta autonomia del bello.

Tratto da FILOSOFI DELL'ETÀ MODERNA di Carlo Cilia
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