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Aristotele e le funzioni dell'anima


Anche in questo caso Aristotele giunge ad una spiegazione teleologica: ogni specie ha il proprio fine in se stessa, tende a riprodursi eternamente. Se l’uomo è dotato di mani è perché  nella sua natura di essere intelligente: le mani infatti gli permettono di produrre ciò che nessun altro essere è in grado di fare, distinguendolo. Saranno allora le funzioni proprie della natura di ciascuna specie a richiedere determinati organi anziché altri. Le parti costitutive dei viventi sono di due tipi: le omeomere ossia le parti omogenee che sono divisibili in vari punti del corpo (carne, ossa) e quelle non omeomere (come le mani che non si dividono in altre mani ma in dita). Il grado maggiore di complessità nell’uomo è dato dalla presenza più o meno frequente di parti non omogenee: vuol dire che gli organi si formano nel momento in cui essi devono svolgere una funzione quindi tanti più organi un uomo possiede, tanto più è capace. Su questa base si sviluppa il discorso sull’anima. Ciò che caratterizza un essere vivente è la presenza in esso di qualcosa che lo animi: l’anima è definita da Aristotele come entelechia (atto perfetto) di un corpo che ha la vita in potenza (T 113). Non ogni corpo ha la vita in potenza (pietre o metalli): solo un corpo con delle funzioni da svolgere ha vita in potenza. Aristotele non condivide la concezione platonica che vede corpo e anima separati. L’anima non è un insieme di parti come voleva il maestro, ma un insieme di funzioni: fisiologia e psicologia sono l’una dipendente dall’altra reciprocamente. Le funzioni proprie dell’anima sono 3:
nutritiva e riproduttiva: è propria anche delle piante, animali e uomini
sensitiva: è propria degli animali e degli uomini e si esplica nei 5 sensi
intellettiva è propria solo dell’uomo

Tratto da FILOSOFIA ANTICA di Carlo Cilia
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PAROLE CHIAVE:

Aristotele