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Rappresentazione comprensiva nella logica stoica


La rappresentazione comprensiva o catalettica è sempre attendibile perché fa riferimento all’oggetto che ne è garante. La conoscenza può allora essere rappresentata da un pugno stretto dall’altra mano. Non c’è via di mezzo tra il conoscere e il non conoscere: la conoscenza è infallibile; solo le opinioni sono fluttuanti. Per questo motivo diedero molta importanza alla grammatica: le parole come insieme di suoni sono corporee, invece il significato ossia ciò che è detto (in greco lekton) è incorporeo. La dialettica ha allora come oggetto di studio non le cose corporee (oggetti che si studiano o le parole recitate) ma i significati. I lekta possono essere incompleti (“ride”) o completi (“Scorate dorme”): questi ultimi sono detti axiomata ossia proposizioni o asserti e sono suscettibili di essere veri o falsi. Secondo gli stoici inoltre, non esistono universali in natura. Per questo motivo la logica non è costruita in base a termini universali come in Aristotele, ma attraverso proposizioni che enunciano fatti singoli. Particolare attenzione è inoltre data al legame tra le varie proposizioni attraverso le particelle “o, e, se”. Nel primo caso si ha disgiunzione, nel secondo congiunzione nel terzo diremmo così condizione. A proposito delle proposizioni condizionali essi affermano che oltre alla sua veridicità o non veridicità, essi possono essere validi. Iniziando la frase con “se”, ciò che affermiamo può non corrispondere ad uno stato di fatto. In conclusione gli stoici affermano che tutte le conclusioni sono racchiudibili in 5 anapodittici, ossia indimostrati e indimostrabili.

Tratto da FILOSOFIA ANTICA di Carlo Cilia
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