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L'osmosi e il gradiente di potenziale idrico

Le membrane delle cellule vegetali sono selettivamente permeabili; cioè esse permettono lo spostamento dell'acqua e di altre piccole sostanze cariche attraverso ad esse più facilmente di soluti più grandi e sostanze cariche. L'osmosi, come la diffusione e il flusso di massa, avviene spontaneamente in risposta a una forza motrice. Nella diffusione semplice il trasporto è garantito da un gradiente di concentrazione, nel flusso di massa sa un gradiente di pressione e nell'osmosi entrambi i tipi di gradiente influiscono nel trasporto. Comunque, in tutti gli organismi viventi processi come le reazioni biochimiche, l'accumulo di soluti e il trasporto a lunga distanza sono garantiti da un input di energia libera. Il potenziale chimico per ogni soluto è definito come la somma del potenziale di concentrazione, elettrico e idrostatico, quindi è la somma di tutte le forze che possono agire su una molecola e portano ad un trasporto netto:
μ = μ0 + RTlna + PV + zEF + mgh
dove μ0 è il potenziale in condizioni standard, R, T, V e F sono rispettivamente la costante dei gas, la temperatura in Kelvin, il volume parziale molare della sostanza e la costante di Faraday, mentre, a è l'attività (che per soluzioni diluite corrisponde alla concentrazione, ossia alla molalità), P è la pressione, z è la carica elettrica della sostanza, E è il potenziale elettrico del sistema in cui si trova la sostanza e m, g e h sono rispettivamente la massa della sostanza, l'accelerazione di gravità e l'altezza in cui si trova. Il potenziale chimico dell'acqua, secondo questa la precedente relazione, è l'espressione quantitativa dell'energia libera associata all'acqua. In termodinamica l'energia libera rappresenta il potenziale per compiere lavoro. In questo modo, dunque, il potenziale elettrochimico riferito all'acqua viene denominato potenziale idrico, che è rappresentato dal potenziale chimico dell'acqua diviso il volume molale parziale dell'acqua (Vw, il volume di una mole d'acqua, 18x10-6 m3 mol-1). Il potenziale idrico è la misura dell'energia libera dell'acqua per unità di volume (J m-3); dall'equazione precedente ricaviamo per l'acqua:
μ = μ0 + RTlna + PV+ mgh
μ0 per convenzione è zero se l'acqua è pura a pressione atmosferica; RTlna è un fattore dipendente dalla concentrazione dell'acqua (più è concentrata, più è pura rispetto al soluto e per convenzione a=1 per l'acqua pura); V è uguale a 18,03 cm3/mol ovvero 18x10-6 m3/mol; m ossia la massa, invece è uguale a H2O=2(1)+16=18. A questo punto dividendo per Vw (o V) troviamo il potenziale idrico dell'acqua che quindi sarà espresso come:
(μ-μ0/Vw) = (RTlna/Vw) + (PV/Vw) + (mgh/Vw) = Ψw
Il potenziale idrico, Ψw, è anche considerato come l'energia per unità di volume necessaria per trasportare acqua reversibilmente ed isotermicamente da un punto del sistema ad uno di riferimento, il tutto espresso in unità di pressione (J/m3). Quindi, come possiamo capire, il potenziale idrico serve per definire: 1) la direzione del flusso idrico attraverso le membrane cellulari e quindi la direzione dell'acqua che si muove sempre da un potenziale idrico più alto ad uno più basso fino a raggiungere l'equilibrio, 2) valutare lo stato idrico della pianta (nelle foglie il potenziale risulta essere più basso di quello delle radici per cui l'acqua si muove dalle radici alle foglie) e, 3) quando il potenziale risulta ridotto le piante vanno incontro a strett idrico che influenza diversi processi fisiologici. Comunque, i fattori principali che hanno un effetto sul potenziale idrico delle piante sono la concentrazione, la pressione e la gravità. In generale, il potenziale idrico, come abbiamo visto, è simbolizzato dalla lettere greca Ψw (psi) e il potenziale idrico delle soluzioni può essere suddiviso in componenti individuali, di solito scritte nella forma:
Ψw = Ψs + ΨP + Ψg  espressa anche come: Ψw = -π + P + ρgh
I termini Ψs, Ψp e Ψg denotato rispettivamente gli effetti di soluti, pressione e gravità sull'energia libera dell'acqua.
In dettaglio, il termine Ψs, definito potenziale del soluto o potenziale osmotico, rappresenta l'effetto sul potenziale idrico della presenza di soluti disciolti. Poiché la diluiscono, i soluti diminuiscono l'energia libera dell'acqua e questo effetto è tipicamente entropico, cioè miscelare soluti e acqua aumenta il disordine del sistema e quindi abbassa l'energia libera. Per soluzioni diluite di sostanze non dissociabili il potenziale osmotico può essere stimato dall'equazione di van't Hoff:
Ψs = RTlnaw/Vw = -RTcs = -π (pressione osmotica)
dove R è la costante dei gas (8,23 J mol-1 K-1), T è la temperatura assoluta in Kelvin e cs, è la concentrazione del soluto in soluzione, espressa come osmolalità (moli di soluti totali disciolti in un litro d'acqua [mol L-1]). Il segno meno indica che i soluti disciolti riducono il potenziale idrico di una soluzione. La pressione osmotica, π, è la pressione che deve essere applicata ad una soluzione per controbilanciare la diffusione dell'acqua vero la soluzione a più alta concentrazione di soluto.
Il termine ΨP, invece, indica la pressione idrostatica della soluzione. Pressioni positive innalzano il potenziale idrico, mentre pressioni negative lo riducono. Talvolta ΨP è definito come potenziale di pressione, mentre quando è riferito alla pressione idrostatica positiva all'interno delle cellule esso è solitamente definito pressione di turgore. La pressione di turgore cellulare è importante per almeno due motivi: 1) per distendere le pareti cellulari durante la crescita e 2) per aumentare la rigidità meccanica delle cellule e tessuti giovani non lignificati (quando ΨP=0 la pianta appassisce).  Comunque, il valore di ΨP può essere negativo; per esempio, nello xilema e nelle pareti fra le cellule dove si può sviluppare tensione, o pressione negativa. La pressione idrostatica si misura come derivazione della pressione ambientale. Per definizione ΨP è uguale a 0 MPa per l'acqua nello stato standard. Nello stesso modo, il valore di ΨP per acqua pura in un recipiente aperto è considerato 0 MPa, anche se la sua pressione assoluta è 0,1 MPa (1 atm).
La gravità, come sappiamo porta l'acqua a muoversi verso il basso, a meno che questa forza sia contrastata da una forza uguale e opposta. Il termine Ψg dipende quindi dall'altezza (h) dell'acqua al di sopra dell'acqua di riferimento, dalla densità dell'acqua (ρw) e dall'accelerazione dovuta alla gravità (g). In simboli possiamo scrivere questa equazione come:
Ψg = ρwgh
dove ρwg ha un valore di 0,01 MPa m-1. Di solito quando si considera il trasporto dell'acqua a livello cellulare, la componente gravitazionale (Ψg) di solito si omette in quanto impercettibile rispetto al potenziale osmotico e alla pressione osmotica. Quindi avremo che: Ψw = Ψs + ΨP .
Discutendo di suoli secchi ed acqua e di tessuti con scarso contenuto d'acqua come i semi ci s'imbatte in un altra componente di Ψw; il potenziale di matrice (Ψm). Il potenziale di matrice è utilizzato per tener conto della riduzione di energia libera dell'acqua quando esiste come un sottile strato, spesso una o due molecole, adsorbito sulla superficie di particelle di suolo relativamente secche, pareti cellulari e altri materiali, dunque è la misura della tendenza della matrice ad assorbire altre molecole di acqua.
In conclusione possiamo dire che il potenziale idrico serve per definire la direzione del flusso idrico attraverso le membrane cellulari e per valutare lo stato idrico della pianta. Piante con ridotti Ψw vanno incontro a stress idrico, che a sua volta influenza diversi processi fisiologici. In generale, il Ψw delle piante deve essere più basso del Ψw del suolo, altrimenti avverrebbe il processo inverso: il suolo assorbirebbe acqua dalle piante. Le piante che vivono in terreni aridi ottengono un Ψw sufficientemente basso abbassando i valori di Ψs, attraverso l'accumulo di soluti nel vacuolo. Comunque, di solito le foglie ben idratate hanno un Ψw di -0,2/-0,6 MPa. Le foglie di piante in zone aride, invece hanno un potenziale idrico di -2/-5 MPa. Altre piante che hanno bassi valori di Ψw (-2,5 MPa) sono le alofite, piante che vivono su terreni salini e alcalini, e piante che accumulano grandi concentrazioni di zuccheri, come ad esempio la barbabietola da zucchero o la canna da zucchero.

Tratto da FISIOLOGIA VEGETALE di Domenico Azarnia Tehran
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