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Cavallo Bardigiano

L’allevamento equino, praticato da tempi assai remoti sull’Appennino Parmense, testimonia la presenza di una varietà di cavalli di montagna con origine antichissima. Le prime testimonianze risalgono alla metà del XIX secolo: diverse fonti storiche descrivono equidi piuttosto omogenei fra loro, insediati tra il parmense, il piacentino e la Liguria. Caratteri di distinzione di questi animali erano la resistenza, la robustezza, la frugalità, la criniera e la coda folti, il mantello scuro (baio-morello), la mole ridotta. Nel 1869 Del Prato descrive una popolazione di cavalli con caratteristiche come queste, e nel 1887 Spigardi ipotizza l’origine di questi soggetti nella discendenza del pesante cavallo della Gallia Bellica, giunto sull’Appennino con i guerrieri franco-germanici nel V secolo d.C. Un’altra teoria vede questi cavalli utilizzati a scopo bellico nella Val di Taro e nella Val Ceno, avamposti dei liguri in difesa dell’avanzata della Roma repubblicana.
Nel 1615 Federico II Landi, Principe di Bardi, allora centro politico e militare, introdusse nel proprio esercito cavalli di razza sconosciuta allevati nello Stato- Landi che si erigeva sui castelli di Bardi in Val Ceno, di Compiano in Val Taro e in Borgo Val di Taro.
Possiamo ipotizzare che il cavallo morello montato da Ercole II Grimaldi, nipote di Federico Landi e raffigurato all’età di 13 anni in un dipinto della metà del XVII secolo (Monaco, Palazzo del Principe), sia un antenato dell’odierno Cavallo Bardigiano, viste le caratteristiche salienti e la mole ridotta dell’animale.Un secolo più tardi lo Stato di Bardi era ormai passato sotto il Ducato di Parma: Maria Amalia, moglie del Duca Ferdinando di Borbone, acquistò diversi stalloni di razza “Furlana”, che apportarono una certa percentuale di sangue arabo (PSA).
L’ingresso sporadico di altri cavalli in queste vallate nei decenni successivi non fu tanto rilevante da causare significativi cambiamenti: queste aree marginali ed isolate facilitavano la formazione di una popolazione sempre più omogenea, dalla quale emergevano gli elementi tipicizzanti e distintivi (ottenuti in consanguineità). Durante la Prima Guerra Mondiale il patrimonio equino nazionale venne decimato; nel 1925 per iniziativa governativa vennero istituite le prime stazioni di monta con lo scopo di ricostruire il substrato bellico nazionale. Ad opera del Regio Deposito Cavalli Stalloni di Reggio Emilia, si avviò l’incrocio con cavalli Avelignesi allo scopo di unificare la produzione verso soggetti idonei alla montagna.
L’avvento della Seconda Guerra Mondiale vanificò il lavoro di recupero fino ad allora effettuato, e le poche fattrici superstiti vennero incrociate con stalloni Franches Montagnes, per migliorare l’attitudine alla produzione di carne. Negli anni ’70 nasce una collaborazione tra la Comunità Montana dell’Appennino Parmense e l’APA di Parma, con lo scopo di recuperare ufficialmente la razza mediante programmi di selezione.
Si avviano rassegne a carattere locale finalizzate a conoscere la popolazione equina e promuovere di un piano di potenziamento della razza e nel 1975, a Borgotaro, si tenne la prima Mostra del Cavallo Bardigiano, alla quale parteciparono 95 soggetti (5 stalloni e 90 fattrici di 77 allevatori).
Dal 1979 viene stabilita quale sede fissa della Mostra annuale Bardi, che diviene così punto di confronto e momento di verifica del lavoro svolto ogni anno.
Dal 2 agosto 1977 con Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (Marcora) viene approva il Regolamento per la Selezione ed il Libro Genealogico del Cavallo Bardigiano, che conferisce alla razza il titolo di 5° razza equina allevata in Italia; nello stesso anno viene fondata presso l’APA di Parma l’Associazione Nazionale del Cavallo Bardigiano.Conta ca. 2.000 cavalli iscritti al L.G. (più altri 1.300 non registrati) suddivisi in: 100 stalloni, 1.200 fattrici e 800 puledri.
E’ presente non solo nella collina emiliano-romagnola e nelle zone pianeggianti limitrofe ma anche in Toscana, Liguria, Piemonte e Lombardia; allevato soprattutto con modalità semibrada (all’aperto con solo ricovero invernale. Pony meso-brachimorfo con mantello baio o baio scuro. In passato veniva usato per il lavoro agricolo (e la carne) mentre oggi è stato riconvertito anch’esso verso il turismo equestre ed in particolare per la scuola, date le facili e agevoli cavalcature consentite.

Tratto da GENETICA E ALLEVAMENTO DEGLI EQUINI di Denis Squizzato
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