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L'Induismo

Con i suoi 780 milioni di adepti (o 550 milioni, secondo fonti più caute, quale il World Christian Trends), l’induismo è la terza religione del mondo per numero di aderenti. A differenza del Cristianesimo e dell’Islam, l’Induismo è politeistico, frammentato in innumerevoli culti e privo di un testo sacro guida come la Bibbia ed il Corano. Inoltre l’induismo è concentrato in un ristretto ambito geografico: la stragrande grande maggioranza degli induisti vive infatti in Asia meridionale ed in particolare in India, Nepal, Bangladesh,  Sri Lanka, Buthan, Malesia, Singapore, Indonesia. Vi sono modeste comunità induiste in Africa (Mauritius), in America (Guyana, Trinidad, Stati Uniti), in Melanesia (isole Figi) ed in alcuni paesi Europei. 
L’induismo non ha un fondatore, più che un’unica religione può considerarsi l’insieme di movimenti diversi accomunati da alcuni principi fondamentali. Secondo alcuni studiosi le origini dell’induismo risalirebbero ad oltre tremila anni fa a seguito dell’insediamento di gruppi indo ariani nell’India settentrionale. Altri invece ritengono che l’induismo abbia un’origine autoctona risalente a quattromila anni or sono. In ogni caso la sua storia più antica è normalmente divisa in due fasi, quella vedica, caratterizzata dal culto di un numero assai elevato di divinità e in quella brahamanica, in cui, scomparse molte divinità, prende forma il dio creatore Prajapati chiamato Brahman, cioè l’assoluto. Il termine indu trae la sua origine dalla parola sanscrita sindhu (fiume, corso d'acqua, con riferimento all'Indo), corrispondente all'iranico hind e al germanico inden, con cui si indicavano le terre ad oriente del grande impero persiano. In seguito, attraverso vari passaggi dal greco fino al latino indus, si è giunti al neologismo hindu, mediante il quale si è soliti indicare l'insieme di usanze e convinzioni condiviso dalla maggior parte degli abitanti delle regioni ad est del fiume Indo. Gli appartenenti alla religione, per identificarsi, preferiscono usare il termine dharma, che significa legge, giustizia, dovere. 
Le divinità non sono tanto esseri superiori, quanto rappresentazioni delle forze della natura. Nel corso dei secoli, due di queste, Vishnu (dio benefico e solare) e Shiva (dio creatore e distruttore), hanno acquistato particolare rilievo ad altrettanti correnti: il vishnuismo e lo shivaismo (seguiti rispettivamente dal 70% e dal 25% degli adepti). Altre correnti sono costituite dallo shaktismo (venticinque milioni di praticanti), dal neo induismo o induismo riformato (ventidue milioni di praticanti) anche se i diversi movimenti non si escludono a vicenda, dal momento che uno degli aspetti caratteristici comuni è l’accentazione dell’esistenza di diverse vie per raggiungere la salvezza finale e per il fatto che tutte concordano su alcuni punti fondamentali come il samsara (o ciclo della rinascita), la moksha (o liberazione) consistente nella scoperta dell’identità del proprio nucleo più profondo con l’assoluto (o brahaman che pervade tutto l’universo) ed il karma, secondo cui ogni azione che l’individuo compie nella vita avrà ripercussioni nelle sue vite future. L’induismo prevede la divisione della società in gruppi sociali o caste e in una grande quantità di sottocaste. L’appartenenza ad una casta piuttosto che ad un’altra è messa in relazione al proprio karma e prevede adempimenti di specifici doveri per ottenere una rinascita migliore. A causa della concezione secondo cui le vie che conducono all’assoluto sono molte e non si escludo a vicenda l’induismo mostra notevole tolleranza nei confronti delle altre religioni. E’ invece rifiutata l’assolutizzazione di qualsiasi forma particolare di culto, così come assai raramente si è dato corso ad azioni di proselitismo.

Tratto da GEOGRAFIA POLITICA ED ECONOMICA di Filippo Amelotti
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