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La geopolitica del XXI secolo

La geopolitica del XXI secolo

L’11 settembre e la crisi irachena hanno dimostrato ancora una volta l’incapacità del Consiglio di sicurezza di assolvere le funzioni per cui era stato creato: non è stato possibile, infatti, conciliare l’esistenza di un’unica superpotenza egemone con i 2 principi della Carta:
1. mantenimento dell’intesa tra le grandi potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale → oggi gli USA intendono modificare lo status quo senza sottoporsi a condizionamenti, ispirati dalla convinzione dell’eccezionalità e del manifest destiny americani

La legittimità del Consiglio è stata erosa, poiché il diritto di veto è stato utilizzato per fare politica e non per mantenere la pace.
In pratica, dopo l’11 settembre, Washington ha sostituito una legittimazione formale (= quella dei mandati del Consiglio di Sicurezza) con una sostanziale (= quella del manifest destiny americano)
2. eguaglianza, reciprocità e rispetto della sovranità interna degli Stati → nel corso della storia, l’eguaglianza e la reciprocità fra gli Stati sono sempre state solo formali, relativizzate dalla differenza di potenza esistente tra di loro; il principio delle sovranità, invece, è stato messo in discussione dal diritto-dovere d’ingerenza umanitaria
L’11 settembre e la crisi irachena hanno, dunque, posto il problema di come garantire la pace e la sicurezza internazionali. Fra le nuove minacce andrebbero infatti inseriti il terrorismo e la proliferazione delle armi di distruzione di massa (contrastabili solo con misure di controproliferazione o, in caso di un loro fallimento, con un attacco preventivo).
Il terrorismo transnazionale di matrice islamica, da solo, non può modificare la geopolitica internazionale, ma può farlo la radicalizzazione religiosa che è in corso in tutto il mondo.

La geopolitica del XXI secolo potrebbe allora essere dominata non tanto dallo scontro fra civiltà, quanto da quello fra razionalità secolare e religioni.
La crisi dell’Iraq ha inoltre prodotto divergenze fra l’Europa e gli Stati Uniti  è stata messa in discussione l’unità dell’Occidente e si è accelerato l’indebolimento dei legami transatlantici.
L’11 settembre ha prodotto un nuovo dinamismo geopolitico: tutti gli stati hanno cercato di approfittarne, riallineandosi sulla scena mondiale a seconda delle percezioni dei rispettivi interessi nazionali
ESEMPI: la “grande alleanza” contro il terrorismo fra Stati Uniti, Russia, Cina
l’asse del multipolarismo fra Parigi, Berlino e Mosca
l’India ha cercato di migliorare i propri rapporti con gli USA
il Giappone ha tentato di ridefinire la propria politica di sicurezza e di divenire una nazione “normale”
Tutti questi riallineamenti hanno provocato mutamenti a catena nelle relazioni internazionali e fatto riconsiderare il significato della globalizzazione.
I miraggi di un modo multipolari alla Chirac non rientrano nelle possibilità geopolitiche concrete. Potrebbe forse affermarsi, però, l’“alleanza delle democrazie” sostenuta da Blair, la più probabile delle quali è quella del G8.
In sostanza, 3 sono i possibili scenari:
1. impero: potrebbe essere difficile per il mancato monopolio degli USA nel soft power. Almeno nei prossimi 2 decenni è verosimile che i costi dell’impero e dell’ordine americano continueranno ad essere internazionalizzati → saranno sostenibili per le finanze di Washington. Sarà invece possibile un overstretching psicologico e politico interno per 2 motivi:
la struttura istituzionale degli USA (checks and balances) rende fragile la continuità in politica estera
l’opinione pubblica americana è estremamente impaziente e la straordinaria mobilitazione patriottica causata dall’11 settembre potrebbe cessare e la situazione politica interna cambiare  muterebbe anche la politica estera
2. multipolarità: appare del tutto improbabile, perché il mondo sarebbe dominato dal caos, scoppierebbero conflitti fra la razionalità e i radicalismi religiosi
3. alleanza delle democrazie: può essere difficile perché i contrasti più aspri nella crisi irachena hanno avuto luogo proprio fra le democrazie occidentali e non sono facili da superare
Per il futuro dell’Europa, gli scenari geopolitici sono schematicamente 3:
1. la NATO e l’Europa si rafforzano = viene conclso un nuovo patto o contratto transatlantico, fondato su una divisione dei compiti e dei ruoli e sulla sicurezza globale o regionale allargata
2. la NATO si indebolisce e l’Europa si rafforza = l’UE adotta una politica competitiva e di confronto con gli USA, la Russia si integra con l’Europa solo in campo economico, l’indebolimento degli USA accelera la trasformazione della Cina in superpotenza, le Nazioni Unite divengono luogo di concertazione
3. sia la NATO che l’Europa si indeboliscono = l’Europa si divide, Washington trascura gli strumenti del soft power e tende ad imporsi in modo egemonico-imperiale, scattano reazioni antiegemoniche a Pechino l’Europa esce dalla storia e deve affidare la garanzia della propria sicurezza alla “benevolenza” americana
L’11 settembre ha accelerato la crisi dell’economia americana e mondiale, ma ha creato anche le condizioni per la sua ripresa, pagata però con un considerevole aumento del “doppio deficit” americano: quello di bilancio e quello commerciale → obbliga Washington ad adottare una politica economica estera che consenta di internazionalizzare tali disavanzi.
Prima dell’11 settembre, l’obiettivo fondamentale degli USA nel campo della sicurezza era il mantenimento dello status quo del post-Guerra Fredda, tramite la deterrenza e il contenimento. Oggi, l’obiettivo è la trasformazione del mondo, soprattutto dell’Islam, considerata necessaria per garantire la sicurezza statunitense

Ciò ha portato gli USA a trascurare l’Europa e a militarizzare eccessivamente la loro politica estera. La priorità è data alla lotta al terrorismo, alla proliferazione e alle minacce asimmetriche  il suo concetto centrale diventa quello di guerra pre-emptiva, che sarebbe più logico chiamare “preventiva”, dato che sono gli stessi USA a giudicare l’immanenza della minaccia.
I neoconservatori più radicali sono persuasi che gli USA debbano approfittare della loro attuale superiorità per plasmare il mondo, in particolare per democratizzare l’Islam, dando per scontato che sia possibile farlo

L’egemonia “benevola” (fondata sul rispetto delle regole e sostenuta dal consenso multilaterale) si è trasformata in un’egemonia “dinamica”, che si vuole difensiva, ma appare aggressiva e arrogante.
L’Europa è condannata a vedere accelerata la sua decadenza, non solo demografica ed economica, ma anche politico-strategica. Per Washington l’UE ha un’importanza ormai solo passiva = che sia stabile e che la sua decadenza economica non sia troppo rapida, per poter continuare ad attirare capitali europei e fruire dei dividendi delle multinazionali americane saldamente impiantate in Europa
Della riforma dell’ONU si dibatte dalla fine della Guerra Fredda. Finora non è stato fatto nulla. Probabilmente non si farà nulla neppure in futuro, almeno per quanto riguarda l’organismo centrale, il Consiglio di Sicurezza. La crisi dell’Iraq ha comunque rilanciato il dibattito sulla riforma del Consiglio di Sicurezza. Le proposte sono varie:
1. portare i membri del Consiglio da 15 a 25
2. il “quick fix” = ammissione di Germania, Giappone, India, Brasile, Nigeria
3. maggiore frequenza di partecipazione al Consiglio
4. rappresentanza dei grandi raggruppamenti regionali
5. il seggio europeo
6. l’abolizione del diritto di veto o introduzione del voto a maggioranza qualificata
Tutte queste proposte riducono la riforma a semplici aggiustamenti tecnico-giuridici, che non corrispondono alle realtà geopolitiche mondiali e che, comunque, non sono accettabili per i paesi esclusi. Il punto è che le Nazioni Unite rivendicano il monopolio della legittimità e della virtù, scontrandosi frontalmente con l’ideologia dell’eccezionalismo e della missione degli USA.

Il nuovo assetto del mondo prevedrebbe un sistema di sicurezza articolato per cerchi concentrici: al centro gli USA, associati nel modo più stretto possibile con l’Europa, e in periferia le alleanze o i sistemi di equilibrio regionali. Washington fungerebbe da equilibratore del sistema globale, contribuendo con la sua presenza a garantire gli equilibri, sia fra le regioni che all’interno di esse. In sostanza, un’Alleanza del G8, vero governo mondiale al posto di un Consiglio di Sicurezza che sembra aver esaurito le proprie potenzialità.
Rimane aperto il problema dell’Islam, particolarmente importante per l’Europa: l’integrazione in Europa significherebbe per gli immigrati musulmani assumere un’identità europea e perdere quella islamica.

Si pone il problema del come non compromettere l’identità secolare e cristiana dell’Europa; una minaccia a ciò renderebbe inevitabile il conflitto all’interno delle stesse società occidentali.
NB: quella cristiana è sì una religione di pace, ma la cristianità si è sempre comportata anche duramente contro chi la minacciava e non è detto che non lo rifaccia in futuro.
La rinascita dell’importanza politica delle religioni ha riflessi anche sulla politica internazionale: sebbene i politici e i giornalisti continuino a ripetere che la guerra al terrorismo non è guerra all’Islam, essa di fatto lo sta diventando, non solo per colpa di bin Laden, ma anche dei neocons, che pongono all’Islam una minaccia mortale, proponendosi di democratizzarlo.
Nessuno stato verrà mai rovesciato dagli attacchi terroristici; il vero rischio è che il terrorismo diventi endemico  la lotta antiterroristica imporrebbe nuove restrizioni alla libertà, provocando un irrigidimento, anche in senso xenofobo, della politica e delle opinioni pubbliche occidentali.

La complessità e l’imprevedibilità, che caratterizzano il mondo odierno, hanno fatto riscoprire l’approccio geopolitico, per la sua capacità di:
raccordare spazialmente i vari problemi
assicurare la comprensione di fenomeni disparati
di consentire previsioni sul futuro con l’utilizzazione delle tecniche degli scenari, dell’impatto incrociato
di promuovere un dibattito sulla politica estera, sempre meno separabile dalla politica interna, data la globalizzazione, l’interdipendenza globale, la porosità dei confini.

SFIDE DEL XXI SECOLO

popolazione mondiale: si distingue un mondo a crescita zero, in cui la popolazione è nella maggioranza anziana, e un mondo in continua crescita, in cui la popolazione è più giovane dato che carenze igienico-sanitarie e un difficile accesso alle risorse causano mortalità precoce.
economia mondiale: lo sviluppo dell’economia di mercato ha ripercussione sulle politiche governative, che devono puntare a sconfiggere la corruzione, a riformare del mercato del lavoro e lo sviluppo di un adeguato Welfare state.
informazione: sempre un maggiore aiuto per la geopolitica

Problema del digital divide, sia tra chi è in possesso delle ultime tecnologie e chi no, sia all’interno degli stessi possessori.
trasporti: soprattutto per quanto riguarda la circolazione delle merci
sistemi finanziari = flussi monetari gestiti dagli organismi mondiali (WTO, BM, FMI), molto attenti soprattutto alle esigenze delle “giovani economie”.
migrazioni delle popolazioni
sistema della criminalità internazionale, che si occupa soprattutto di:
1. armi
2. droga
3. prostituzione
4. rifiuti tossici
5. traffico di organi umani
6. traffico di persone
7. contraffazione delle opere protette dai diritti della proprietà intellettuale (es.: farmaci, opera d’arte, prodotti griffati)
8. contrabbando dei beni archeologici
questione ambientale: lo sviluppo sostenibile ha bisogno di maggiore informazione culturale e di inserire strumenti di tutela ambientale nel diritto, sia interno che internazionale
stabilità del sistema post-bipolarismo: sono molti oggi i conflitti, giustificati in vario modo, soprattutto nelle zone, da sempre, più instabili (Medio _Oriente, Cecenia, ex-Jugoslavia, India-Bangladesh, confine cinese)
ridefinizione delle gerarchie e degli equilibri militari: oggi si assiste sempre più ad una geopolitica delle risorse (idriche, petrolio…)
attori: rielaborazione di quelli storici, ma se ne possono aggiungere di nuovi

Tratto da GEOGRAFIA POLITICA ED ECONOMICA di Elisa Bertacin
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