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Le religioni nel mondo

Lingua e religione sono gli elementi culturali più importanti, si può dire costituiscano i fili essenziali del tessuto sociale. La religione come la lingua, anche se in modo diverso, conferisce identità. Allo stesso tempo, come le lingue, le religioni sono in costante trasformazione. La loro penetrazione nel tessuto sociale può subire accelerazioni o rallentamenti  o comunque processi di stagnazione. Il nuovo clima politico dei paesi dell’ex Unione Sovietica ha aperto la porta al proselitismo laddove, fino ad una decina di anni fa, la pratica religiosa era spesso clandestina. La pratica religiosa segna anche il paesaggio culturale, si esprime in molte consuetudini di vita come nel modo di vestire o nell’alimentazione ed ancor più in quelle più propriamente legate alla vita di relazione o culturale.
Forte elemento di unione, la religione è stata ed è attualmente anche fonte di divisione e conflitti, come nel caso dell’Irlanda del nord, della ex Yugoslavia, dell’India, di alcuni paesi del Medio Oriente, dell’Asia sud orientale ed altrove. 
L’attuale quadro distributivo delle religioni affonda le sue radici in una complessa gamma di motivazioni storiche, sociali, psicologiche, spesso strettamente connesse alle condizioni dall’ambiente geografico che, pur senza influenzarne deterministicamente genesi e sviluppo, contribuiscono a delimitare ed a caratterizzare l’estensione di ciascun credo. Tale ripartizione non si configura affatto in maniera statica, sia perché è quasi impossibile procedere ad una chiara e definita classificazione a causa della presenza di numerose sette e di non poche deviazioni dottrinali. D’altronde la stessa area delle grandi religioni non è neppure storicamente stabile, ma sottoposta all’influsso di molteplici eventi che hanno provveduto ad ampliarla e/o a restringerla. Si pensi ad esempio alle conversioni operate dall’islam nell’Africa tropicale o a quelle realizzate dai missionari cristiani, o alla stessa diaspora ebrea o ancora popolamento del nord America ove il cospicuo afflusso di immigrati irlandesi, italiani e polacchi ha posto il cattolicesimo al vertice nel quadro complessivo dei movimenti confessionali statunitensi. Gli spazi geografici delle diverse confessioni possono sovrapporsi o intrecciarsi variamente o rimanere nettamente distinti tra loro. Così mentre i paesi scandinavi sono luterani quasi al cento per cento, nella Svizzera coesistono cantoni protestanti accanto a cantoni cattolici, in Germania si alternano regioni a maggioranza cattolica ed altre a maggioranza protestante. Il Libano a sua volta presenta una struttura chiaramente policonfessionale (sunniti, sciiti, wahhabiti, cristiani maroniti), spiegabile in gran parte con le numerose invasioni subite nel corso della tormentata storia. Né occorre trascurare quelle aree contrassegnate da una diffusa indifferenza o del tutto prive di qualsiasi impronta religiosa, ampiamente sostituita dalla pratica più o meno fideistica di una ideologia filosofico politica.
Ci sono stati periodi scanditi dalla grande forza espansiva di talune religioni che spesso si sono trovate in antitesi con altre e momenti caratterizzati da maggior equilibrio. Il quadro attuale può essere considerato relativamente statico. Due fenomeni sono i più significativi: il primo è determinato dal grande movimento di fedeli islamici relativo all’immigrazione terzomondista verso i paesi sviluppati. Il secondo è un marcato processo di laicizzazione che caratterizza molte aree in varie parti del mondo.
Mano a mano che l’uomo ha progredito nel suo plurimillenario processo di incivilimento, la religione ha sempre partecipato oro a caratterizzare certi comportamento, ora a qualificare determinate culture, ora a plasmare in modo peculiare molteplici e vasti paesaggi geografici. L’influenza esercitata dalla religione sul territorio e sulle comunità umane è dunque senz’altro notevole. Ciò è stato evidenziato da vari autori che tuttavia si sono soffermati maggiormente sugli aspetti esteriori e visibili, a volte trascurando il ruolo, rilevante e decisivo, che le confessioni religiose hanno esercitato sulle condizioni socioeconomiche degli uomini. Così di volta in volta è stata data grande importanza a taluni elementi formali concernenti ad esempio la disposizione della casa , l’inserimento dei monumenti sepolcrali nel paesaggio, i tipi di edifici religiosi, la pianta rituale delle città, e si è magari trascurata la distribuzione spaziale degli uomini e delle loro attività, legate in parte all’origine religiosa di numerose città (si pensi alle cosiddette reducciones create dai missionari in America Meridionale), alle migrazioni di profughi, agli interventi sulla procreazione, nonché a taluni dettami incidenti sull’economia (si pensi al divieto dell’uso della carne suina e del vino presso i musulmani, al divieto di uccisione di animali sacri quali i bovini presso gli induisti o a quello relativo all’astinenza dalla carne ogni venerdì o dal lavoro nei giorni festivi presso i cattolici). Allo stesso tempo bisogna ricordare taluni generi di vita, temporanei o definitivi, profondamente radicati nella religione e incentrati sui determinati spostamenti di persone legati ad importanti pellegrinaggi che alimentano una vasta gamma di attività di lavorazione e di vendita degli oggetti sacri, originando talvolta veri e propri centri manifatturieri e commerciali di rilevante interesse. Un esempio significativo in tal senso può essere prodotto dall’Islam che, nonostante la marcata varietà del suo modello comportamentale, ha sempre conferito una peculiare impronta al generale processo di civilizzazione nel quale un peso sempre determinate è assunto dalla città, nodo basilare della vita religiosa e sociale, nonché teatro esclusivo di quell’intenso dinamismo commerciale che trova nel bazar il suo fulcro vitale. Al contrario scarso è risultato per il mondo islamico l’interesse offerto dall’ambiente rurale a causa, da un lato, della complessità e della precarietà del rapporto di proprietà che hanno contribuito a far disaffezionare l’individuo alla terra, dall’altro al divieto concernente l’uso di taluni generi alimentari che si è accompagnato non solo ad una cospicua contrazione della viticoltura, ma anche ad un forte disboscamento del manto forestale dei massicci mediorientali sottoposti all’azione devastatrice dell’allevamento ovino e caprino. 
La valutazione numerica degli adepti di ciascuna confessione religiosa è una valutazione difficile e comunque molto approssimativa. In molti paesi tutti i cittadini vengono dichiarati appartenenti alla religione dominante e ciò sia in stati con scarsa attenzione per i diritti delle minoranze, che in altri in cui c’è libertà di culto. Proprio per questo motivo non si fanno statistiche ufficiali in merito, né durante i censimenti si richiede di dichiarare l’appartenenza a questa o quella fede. 
Le religioni sono così numerose e tra loro differenti che ogni tentativo di catalogarle potrebbe portare ad una eccessiva frammentazione o all’incompleta interpretazione di tutta quella vasta gamma di elementi strutturali e contingenti che convergono a formare ed a caratterizzare un determinato credo. Comunque, in termini spaziali (per quanto almeno riguarda l’origine) è possibile prospettare una tripartizione delle principali religioni che interessano oggi la stragrande maggioranza della popolazione mondiale. Nel primo gruppo si possono includere le confessioni originarie dell’Asia sud occidentale, rappresentate dall’ebraismo, dal cristianesimo e dall’islam. Queste sono rigidamente monoteistiche, egualitarie nelle loro implicazioni sociali, etiche nel loro insegnamento e in genere improntate ad una visione ottimistica della natura e delle finalità dell’universo. Gli scritti sacri possono essere intesi a fondo solo rapportandoli alla struttura dell’ambiente fisico e culturale delle terre aride e semi aride ove si sono avvicendate civiltà pastorali e nomadi, espressioni tipiche della vita socioeconomica di quel mondo. In tutte queste fedi è posta una forte enfasi sull’assoluta sovranità divina, enfasi che talvolta scivola verso l’accettazione incondizionata o lo stesso fatalismo. Due religioni di questo gruppo, ebraismo e cristianesimo, hanno rappresentato le basi spirituali della cultura del mondo occidentale, giocando un ruolo assai importante nella caratterizzazione della filosofia, del pensiero e dell’etica. La terza, ossia l’islam ha prodotto una propria sfera culturale chiusa e quasi antitetica nei confronti di quello stesso mondo occidentale da cui fu sempre a sua volta scarsamente compresa nella propria essenza intrinseca. Il secondo gruppo include le religioni originarie del subcontinente indiano: induismo, buddismo, giainismo, sikhismo. In esse si possono facilmente distinguere due diversi livelli di culto: il primo di carattere mistico e filosofico, il secondo impregnato di una notevole dose di ritualismo e magia. Questo secondo livello ha naturalmente maggiore importanza nella formazione culturale e nella caratterizzazione dei paesaggi umani. 
Tutte queste religioni sono politeistiche, ricche di implicazioni sociali, classiste e castiste (ad eccezione del sikhismo), scarsamente etiche nei loro insegnamenti ed in genere improntate ad una visione pessimistica delle finalità della natura e dell’universo. Gli scritti sacri sono per lo più poco noti ai seguaci, ai quali pertanto offrono scarso conforto metodologico e modesto appoggio spirituale. 
Il terzo gruppo comprende le religioni originarie dell’estremo oriente (confucianesimo, taoismo e scintoismo) che a rigore non dovrebbero essere considerate religioni in  senso stretto, considerato il loro debole legame con il sovrannaturale ed il forte collegamento con un certo modo di vivere terreno. L’inclusione di queste filosofie di vita tra le religioni si può giustificare per il fatto che esse si sono sviluppate in un contesto di pratiche confessionali molto antiche che, attraverso un lungo processo evolutivo, sono state via via assorbite insieme all’oscuramento dei loro insegnamenti etici e morali. Nelle loro forme più popolari queste religioni tendono ad essere politeistiche, fortemente nazionalistiche, ed in genere improntate ad una ottimistica visione della natura e dell’universo. Tra i loro seguaci più evoluti culturalmente c’è scarsa preoccupazione per il sovrannaturale, mentre tra le masse si nutre forte rispetto per la divinità i cui favori vanno conquistati con sacrifici e riti propiziatori. Tali religioni prospettano una sorta di sopravvivenza dopo la morte senza però delineare mai in modo chiaro e netto le caratteristiche peculiari di tale esistenza. In aggiunta a questi tre grandi gruppi esistono molte religioni locali o tribali in varie parti del mondo. Si tratta delle cosiddette religioni primitive che presentano un contenuto scarsamente filosofico e riservano molto spazio ai problemi contingenti della sopravvivenza in un mondo per lo più concepito come luogo di perenne scontro tra spiriti buoni e cattivi. Il punto di riferimento di tali pratiche viene ad essere quasi sempre l’uomo che può controllare autonomamente gran parte dell’influenza degli spiriti. La sua responsabilità sta quindi nel manipolare le forze soprannaturali per il perseguimento di fini personali o collettivi. Esempi di religioni primitive possono trovarsi in Africa Nera, Melanesia, Polinesia, Indonesia e America Latina. 

Tratto da GEOGRAFIA POLITICA ED ECONOMICA di Filippo Amelotti
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