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Erosione glaciale

L'erosione glaciale prende il nome di esarazione e si sviluppa in 4 meccanismi:
- rimozione depositi in prossimità della fronte glaciale;
- abrasione all’interfaccia che si sviluppa per effetto dei clasti incastonati alla base del ghiacciaio;
- sradicamento dei blocchi e frammenti rocciosi per effetto della spinta del ghiaccio che asporta porzioni già separate dal substrato per discontinuità
- erosione subglaciale da parte dell’acqua di fusione contenente sedimenti.

Il meccanismo di rimozione del materiale nelle fasi di avanzata glaciale giustifica l’assenza di successioni di depositi particolarmente antiche nelle aree glacializzate. Nei tratti vallivi non coinvolti dall’esarazione glaciale sono invece conservate successioni di depositi fluviali terrazzati.
La capacità abrasiva di un ghiacciaio è determinata da:
- Pressione all’interfaccia ghiacciaio-substrato: spessore del ghiacciaio e pressione dell’acqua subglaciale (“galleggiamento”)
- Velocità di scorrimento basale: efficace nei ghiacciai temperati, inefficace nei ghiacciai freddi
- Concentrazione di materiale detritico basale: inefficace con ghiaccio puro, efficace con ghiaccio misto a detrito.
L’efficacia dell’azione abrasiva sul substrato da parte di un ghiacciaio è da ricondurre:
a) alla resistenza meccanica della roccia e quindi alla litologia del substrato;
b) al quantitativo di sedimenti inglobati nella porzione basale della lingua glaciale.

Forme di erosione

Gradini: lungo le valli di modellamento glaciale possono essere presenti dei gradini di altezze comprese tra poche decine di metri e i 150-200 m; il loro sviluppo è generalmente dovuto al controllo litostrutturale del substrato. In alcuni casi i gradini si sviluppano in punti di confluenza di due lingue glaciali → gradino di confluenza.

Le morfologie più tipiche legate all’esarazione glaciale sono rappresentate sulle superfici levigate e arrotondate sulle quali si possono osservare strie, scanalature e solchi glaciali. L’azione esarativa svolge anche un’azione meccanica sui clasti localizzati all’interfaccia ghiaccio-roccia che si presentano smussati (a), sfaccettati (b), levigati e irregolarmente striati (c); inoltre spesso presentano una tipica forma affusolata o “a ferro da stiro”.

Alla mesoscala le morfologie più diffuse sono rappresentate dai dorsi di cetaceo (whaleback) con tipica morfologia affusolata allungata parallelamente alla direzione di deflusso del ghiacciaio.
Le morfologie a dorso di cetaceo e le depressioni che fiancheggiano questi rilievi sono controllate dall’assetto strutturale del substrato corrispondendo le prime a substrato integro, le seconde a zone di debolezza strutturale.

La conservatività delle forme di modellamento glaciale è legata alla resistenza della roccia nei confronti dei processi di alterazione superficiale (es. bassa nei calcescisti e micascisti, elevata nelle metabasiti).
Solchi glaciali:  consentono di ricostruire l’andamento delle direttrici di deflusso di una lingua glaciale.
Anche le strie glaciali consentono di ricavare informazioni sulle direttrici di deflusso del ghiaccio anche se spesso influenzate nella propria orientazione da fattori locali.
Craig and tail: rilievi di pochi mm, massimo qualche cm, che vengono aggirati dal ghiaccio e sormontati originando una “coda”. Si conservano bene in roccia a grana fine (scisti e metabasiti, difficile in granito) e sono anch’essi utili per capire la direzione di deflusso del ghiacciaio.
Rocce montonate: analoghe ai dorsi di cetaceo; lato rivolto verso monte affusolato e spianato, lato rivolto a valle con rottura di pendenza (azione di sradicamento dei clasti o plucking, rimossi per presenza discontinuità). La morfologia delle rocce montonate può variare in funzione dell’assetto geologico strutturale del substrato.
Mulini o marmitte: si sviluppano alla base dei ghiacciai temperati dove è presente un’intensa circolazione idrica spesso caratterizzata da elevate velocità di deflusso e valori di pressione; ciò favorisce la formazione di vortici che originano queste morfologie che spesso contengono i ciotoli che le hanno scavate.
Circhi glaciali: localizzati nei settori di testata dei bacini glaciali, corrispondono a nicchie morfologicamente depresse circondate da pareti rocciose subverticali, scavate dall’erosione glaciale. Il progressivo ampliamento dei circhi da parte dei ghiacciai determina lo sviluppo di creste spartiacque affilate.  La parte centrale del circo è generalmente subpianeggiante e delimitata verso valle da una soglia in roccia, talvolta in contropendenza, seguita da un gradino roccioso. I circhi glaciali sono spesso disposti in successione a formare una gradinata.
Conche di sovraesavazione: depressioni chiuse più o meno accentuate causate dall’azione esarativa che può risultare efficace anche in contropendenza; le conche di sovraescavazione, successivamente al ritiro dei ghiacciai, sono state occupate da bacini lacustri e in seguito colmate più o meno estesamente da sedimenti e/o depositi torbosi.
Valli:  molte valli di modellamento glaciale presentano una tipica sezione trasversale a “U”, con fianchi vallivi ripidi e fondovalle concavo. Spesso a determinare il profilo a “U”concorrono anche i depositi di versante.  Lungo molti tratti delle vallate alpine è possibile riconoscere i tratti di versante con la tipica morfologia concava chiaramente modellati dai ghiacciai pleistocenici.

Gradini di sbocco: si formano alla confluenza delle valli laterali nella valle principale; le valli laterali possono talvolta risultare sospese sul fondovalle principale per effetto della maggiore capacità esarativa del ghiacciaio principale (> volume) rispetto a quelli tributari.
Trimline: limite che indica il livello di massimo spessore raggiunto nel corso dell’ultima espansione di un ghiacciaio; tale limite è riconoscibile per il colore della roccia (+/- alterata), per la presenza di morene laterali e per la presenza/assenza di vegetazione.

Tratto da GEOMORFOLOGIA E RILEVAMENTO GEOLOGICO di Marco Cavagnero
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