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Commento dell’art. 9 della Legge n. 131 del 2003


L’ART 9 della Legge La Loggia prevede l’attuazione dell’ART 123.2 Cost. e dell’ART.127 Cost., in materia di ricorsi alla Corte costituzionale.
Per la prima volta, L’ART.123 Cost. è stato modificato integralmente dalla Legge n. 1 del 1999; in seguito, la Legge costituzionale n.3 del 2001 ha introdotto l’ultimo comma dell’articolo ed ha eliminato il visto del Commissario di Governo (ex ART.124 Cost.) dalla procedura di approvazione, o modifica, dello statuto regionale da parte del Consiglio Regionale, con due deliberazioni a maggioranza assoluta, a distanza di due mesi (ex ART 123.2 Cost.).
Quest’ultima norma costituzionale presenta, però, molte lacune: innanzi tutto, nel procedimento non è evidenziato a chi spetti l’iniziativa per l’approvazione o modifica; a tal proposito, la maggioranza dei giuristi ritiene che siano applicabili al caso le norme sull’iniziativa regionale.
Inoltre, non specificando se la maggioranza assoluta riguardi entrambe le deliberazioni, la dottrina risponde per analogia all’ART.6 del D. lgs. n.267 del 2000, che disciplina l'attuazione degli statuti comunali e provinciali e prevede due deliberazioni a maggioranza assoluta.
Un ultimo problema riguarda l’individuazione del “dies a quo”, termine di tempo dal quale il Governo può porre la questione di legittimità costituzionale presso la Corte costituzionale; la maggioranza della dottrina attribuisce un carattere preventivo a questa clausola, localizzandola entro trenta giorni dalla data della pubblicazione.
Una prima motivazione di quest’affermazione è facilmente ricavabile dalla sequenza temporale dell’ART.123 Cost. Una seconda è, invece, data dal buon senso, poiché, dopo un referendum, la Corte costituzionale sarebbe costretta a decidere su una questione, intorno alla quale il popolo ha già precedentemente deciso; quest’evenienza comporterebbe un evidente imbarazzo costituzionale.
Il procedimento d’attuazione dello statuto presenta forti analogie con l’ART.138 Cost. ed è, per questo motivo, definito dal professor Ruggeri come “paracostituzionale”. Nonostante questa definizione, esistono alcune differenze tra i due procedimenti d’attuazione: in primo luogo, se nell’ART.138 Cost., dopo la seconda deliberazione a maggioranza qualificata, non è possibile richiedere il referendum, nell’ART.123 Cost. lo stesso può essere richiesto da tutti i soggetti legittimati a farlo, indipendentemente dalla maggioranza che lo ha approvato o modificato.
In secondo luogo, i legittimati attivi sono diversi, poiché, a differenza dell’ART.123 Cost., che ne prevede o un cinquantesimo tra gli elettori della Regione o un quinto tra i consiglieri comunali, l’ART.138 Cost. li identifica o con un quinto dei membri di una Camera o con cinquecentomila elettori o con cinque Consigli regionali.
L’innovazione riguardante i casi di ricorso davanti alla Corte costituzionale è disciplinata dall’ART.9 della Legge La Loggia, che riprende nel primo comma l’ART.31 della Legge n.87 del 1953.
Prima della Riforma del 2001, il progetto di legge regionale era approvato dal Consiglio Regionale; questo disegno passava, poi, all’analisi del Commissario di Governo, che decideva se rilasciare il suo visto o meno. Se il consenso era stato assegnato, la legge era definitivamente approvata; altrimenti, il progetto di legge era rinviato al Consiglio Regionale, che, a sua volta, o si adeguava, o riapprovava a maggioranza assoluta. In questo caso, il Governo, nella figura del Presidente dei ministri, impugnava il progetto di legge, in tutti i casi in cui riteneva che la Regione eccedesse nelle proprie competenze e lo portava davanti alla Corte costituzionale (Controllo preventivo).
Invece, la legge statale seguiva il suo iter legislativo ordinario e la Regione poteva impugnarla entro trenta giorni dall’entrata in vigore, a condizione che la legge statale invadesse le sue competenze (Controllo successivo).
In seguito alla Riforma del Titolo V, l’ART.127 Cost. ha disciplinato la seguente innovazione: la legge statale e quella regionale possono esser impugnate, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore, rispettivamente o dalla Regione o dallo Stato, eliminando così il controllo preventivo, ma mantenendo il diverso ambito d’impugnazione.
Considerando l’argomento sopra trattato, è da sottolineare l’eccezione del caso siciliano, per cui è ancora prevista una forma di controllo preventivo, anche se entro termini temporali più brevi, nonostante la disposizione dell’ART.10 della Legge costituzionale n.3 del 2001, per cui tutte le discipline che comportano un vantaggio per le Regioni ordinarie devono essere applicate anche alle Regioni a statuto speciale.
In linea di massima, nell’attesa della pronuncia del giudizio, la legge avvocata come illegittima continua a produrre i suoi effetti. Qualora la Corte ritenga che l’esecuzione dell’atto impugnato possa arrecare un’irreparabile lesione dell’interesse pubblico o dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico della Repubblica o dei diritti dei cittadini, provvederà alla sospensione immediata della normativa in questione, rinviando le modalità all’ART.40 della Legge n.87 del 1953.
Quale ulteriore conferma del rinforzato ruolo del Sistema delle Conferenze, volto a coordinare i diversi livelli di Governo, anche nel caso di impugnazione della legge statale o regionale presso la Corte costituzionale, gli enti locali hanno visto introdotta la loro partecipazione.
Per quanto riguarda la normativa statale, il ricorso è promosso dalla Giunta regionale, previa eventuale proposta a nome del nuovo istituto del Consiglio delle autonomie locali, mentre, per quanto concerne la normativa regionale, la questione di legittimità costituzionale è sollevata dal Consiglio dei ministri, previa eventuale proposta della Conferenza Stato/Città, in seduta comune con rappresentanti delle autonomie locali.
In ogni caso, già con la proposta della Bicamerale del 1997, si era ipotizzata la possibilità per Comuni e Province di adire direttamente alla Corte costituzionale; questa proposta è stata respinta dalla realizzazione della Riforma del Titolo V, in base alla giustificazione della dottrina, che riteneva ingiusto concedere loro l’impugnazione di atti di primo grado, senza che, in realtà, detenessero la potestà legislativa primaria.
Concludendo, l’ultimo comma dell’ART.9 tratta i ricorsi per conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni o tra Regione e Regione; lo Stato o la Regione utilizzano questa possibilità, quando ritengano che la Regione o lo Stato abbiano invaso una loro competenza, diversamente dalla Regione, che ricorre contro un’altra Regione nell’ambito delle funzioni amministrative.

Tratto da COMMENTO ALLA LEGGE 131/2003 "LA LOGGIA" di Luisa Agliassa
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