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Gli interventi conservativi compiuti lungo il XVIII secolo


L’uso finalizzato a esigenze politico amministrative è il criterio conservatore che attraversa i modi conservativi di gran parte della documentazione archivistica tra Sei-Settecento. Gli interventi conservativi compiuti lungo il 700 miravano a fare degli archivi degli strumenti utili al potere. Ma non tutti i documenti che li costituivano furono considerati tali; parti di essi furono ritenuti “di poco moment” quasi “inutili”, ”superflui”. una volta separati dagli altri, oggetto di interventi conservativi più o meno soddisfacenti, potevano essere semplicemente accantonati (e più tardi recuperati come memoria) o bollati come non meritevoli di dignità conservativa (e così ci è rimesta memoria della loro esistenza e della loro distruzione nello stesso tempo). Per esempio, per il regno di Sardegna si può disporre di una certa quantità di disposizioni normative su interventi del genere, ma non si sa se abbiano avuto completa attuazione; le istruzioni date all’archivista di corte da Carlo Emanuele III, quando divenne re di Sardegna, sulla necessità di separare carte utili da quelle superflue; il criterio orientativo cui l’archivista doveva attenersi era che negli archivi di corte si continuassero a conservare documenti che hanno principalmente riflesso al governo politico e che riguardano gli interessi della corona o che possono servire di lume per il maneggio degli affari di stato. Si sa anche quali opinioni si avevano sullo spurgo nell’apparato politico-burocratico: c’era chi si dichiarava favorevole “purché sia fatto da persone intelligenti”, chi invece era contrario “gli scritti di qualsiasi patrimonio vadano gelosamente custoditi e conservati benché abbiano l’apparenza di inutilità, non potendosi a prima vista dal più dotto ed esperto uomo prevedere di quale uso e vantaggio possano essere in futuro per la difesa del patrimonio cui attengono”. L’istituzione a Firenze del 1778 di un pubblico archivio diplomatico in cui raccogliere antichi documenti manoscritti, appartenenti a magistrature centrali e periferiche…perché essi importanti lumi possono apportare non solo a pubblici e privati diritti ma anche all’erudizione e alla storia, come si legge nel moto proprio del 1778, che è il provvedimento con cui fu istituito. L’istituzione del diplomatico segna una data importante nella storia degli archivi italiani; delle due finalità previste dal provvedimento leopoldino fu la seconda a prevalere. Esso è quindi da considerare il primo luogo-istituto in cui viene concentrata, e per usi culturali, della documentazione antica.

Tratto da GLI ARCHIVI TRA PASSATO E PRESENTE di Alessia Muliere
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