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I criteri di custoida-trasmissione di documentazione

I criteri di  custoida-trasmissione di documentazione

Eventi accidentali e calamitosi, come pure concrete pratiche conservative, hanno segnato, ovviamente in modo diverso, la custodia-trasmissione di documentazione prodotta nell’arco dei secoli in varie parti del territorio italiano. Ma, al di là di queste diversità, la pratica conservativa, quando venne perseguita, è stata in generale finalizzata, sino alla fine del 700soprattutto a esigenze giuridiche, pratico-operative, politiche. Queste sono state talvolta concomitanti, tal’altra parallele o con alterna preminenza dell’una o dell’altra. Gli atti notarili sono tra i più antichi documenti oggi posseduti da istituti archivistici Si pensi all’importanza e la funzione, in epoca medievale, della figura del notaio e del rapporto tra notariato e forme di governo. L’importanza che viene riconosciuta alla documentazione scritta, l’opportunità che non venga manomessa, falsificata, smarrita e l’uso cui è destinata, portano già in età medievale a predisporre una “macchina” conservativa. È il caso ad esempio della Camera actorum del comune di Bologna, che svolse dalla metà del XIII fino alla fine del XVI secolo la funzione di una sorta di archivio centrale in cui venivano raccolte carte prodotte da varie magistrature cittadine. Volendo usare termini moderni, si può dire che la trascrizione, la duplicazione, la raccolta di documenti, concentrazione in appositi luoghi, segretezza, pubblicità (sia pure del tutto limitata e parziale) dei documenti, fanno parte della tradizione archivistica di età medievale. Nell’età successiva, grosso modo quella compresa tra i secoli XVI-XVII e fine del secolo XVIII, i modi conservativi furono si ispirati alla tradizione precedente, ma accentuarono anche il carattere strumentale e l’uso politico degli archivi. Non a caso si parla per quei periodi di bella diplomatica. Una guerra del genere fu ad esempio quella combattuta da Ludovico Antonio Muratori, quando a Modena ricopriva l’incarico di archivista-bibliotecario presso gli estensi; basandosi su carte d’archivio intendeva sostenere le loro rivendicazioni circa il possesso delle valli di Comacchio. Gli archivi, soprattutto se ritenuti importanti per aspetti di politica, interna ed estera, erano dunque per chi li possedeva non tanto un tesoro, come era accaduto in età medievale, quanto un segreto da
tenere nascosto per svelarlo, se necessario al momento opportuno.

Tratto da GLI ARCHIVI TRA PASSATO E PRESENTE di Alessia Muliere
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