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Parametri classificatori di documentazione archivistica

Parametri classificatori di documentazione archivistica


Ripartizioni e funzioni dell’organizzazione statale elaborate dal coevo pensiero giuridico-politico vennero assunte, con qualche adattamento, come parametri classificatori di documentazione archivistica del presente come del passato. Così accadde per esempio per quella documentazione concentrata presso gli archivi di Palermo. Il materiale archivistico fu distinto in 3 classi: la diplomatica (comprendeva le carte dei reali ministeri e della luogotenenza generale, attinenti alle storie e al diritto pubblico in Sicilia, anche per le materie ecclesiastiche e di regio patronato, nonché alla guerra e alla marina), la giudiziaria (riguardava tutti gli atti e processi delle antiche e moderne giurisdizioni), l’amministrativa (si riferiva a tutte le carte tanto dell’amministrazione civile, quanto della finanziaria ed in generale tutte le carte che
riguardavano l’economia pubblica). Tale ripartizione-classificazione, averla adottata come parametro classificatorio generale della pratica conservativa serviva peraltro a dare un significato politico-culturale attuale al concentramento e ai modi di trasmissione della memoria documentaria consegnata dal passato, di cui si aveva la presunzione di poter fissare, sia pure a grandi linee la storia dello stato, del diritto pubblico e della politica o diplomatica. Appartenente a un passato da collocare in una dimensione lontana, rispetto al presente, fu ritenuto invece il materiale concentrato a partire dal 1817 presso il veneziano archivio de’ Frari. Antica fu considerata tutta la documentazione appartenente al periodo precedente alla caduta della repubblica, moderna quella a essa successiva. Non furono adottati provvedimenti normativi che stabilissero una tipologia classificatoria mutuata da divisioni di potere o articolazioni di funzioni proprie dell’organizzazione statale ottocentesca sotto la quale collocare tutti i fondi, appartenessero essi a periodi lontani o vicini. I ceti di governo che posero mano a concentrazioni di carte, intendevano riappropriarsi del passato documentario proprio in quanto passato da non confondere con il presente. La documentazione del passato dimostrava nella sua visibile e nascosta ricchezza qualitativa e quantitativa quanto era stata grande; la tradizione politica e culturale della serenissima era una tradizione che si voleva conservare nella sua originaria sedimentazione in quanto unica, irripetibile, gloriosa, e in quanto tale e cioè opposta al presente, poteva servire a riaffermare e trasmettere l’immagine di un potere che per secoli aveva cercato di mantenere il più possibile intatta una sua inconfondibile fisionomia. All’insegna della continuità più che dell’opposizione passato/presente antico/moderno, a una certa enfatizzazione anzi del presente e del moderno, sembrano ispirarsi i modi conservativi adottati per il materiale conservativo presso l’archivio di Milano. Documentazione appartenente a secoli precedenti e quella prodotta lungo il periodo napoleonico fu considerata come un grande, unico complesso; fu rimaneggiata, rimescolata, riordinata senza tener conto degli uffici o magistrature di appartenenza e più in generale dei rispettivi contesti di produzione. La documentazione appartenente a secoli precedenti all’800 fu si considerata antica e quella del periodo successivo moderna, ma essa costituiva come due tomi di uno stesso libro dedicato al sapere documentario. La distinzione cronologica veniva attenuata dagli analoghi criteri di classificazione adottati per le carte dell’uno e dell’altro periodo.

Tratto da GLI ARCHIVI TRA PASSATO E PRESENTE di Alessia Muliere
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