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La fonte come documentazione nella storia sociale e nelle culture locali

La fonte come documentazione nella storia sociale e nelle culture locali


Le realtà studiate ci appaiono come entità sociali collettive fortemente condizionate da un’attività economica prevalente, non tanto in termini quantitativi di diffusione e consistenza numerica di addetti, quanto in termini di forza economica e sociale, di qualità e di egemonia. Si tratta di un elemento distintivo riscontrabile in molte realtà locali; l’Italia del 900 è costituita da microidentità legata a esperienze collettive mono artigianali o mono industriali, in cui hanno prevalso determinati gruppi che hanno condizionato, nel bene e nel male la storia delle popolazioni locali. Questi gruppi con le loro vicende, hanno finito per egemonizzare l’immaginario collettivo diventandone il filo conduttore nell’interpretazione della storia locale.
Il ricercatore dovrà utilizzare le memorie per quello che sono: un punto di vista; un punto di vista condizionato da una serie di fattori dai quali non si può prescindere; essi sono il momento in cui il racconto viene sollecitato, il contesto in cui si esplica e soprattutto il livello di confluenza e/o omogeneità, sociale, ideologica e culturale, con il ricercatore.
Oltre che essere la fonte principe per la documentazione del lavoro come pratica, la fonte orale lo è anche per il lavoro come ideologia. Infatti oltre ad essere una tecnica, un’esperienza personale, una fetta importante dell’identità sociale, il lavoro, il lavoratore e il lavorare sono stati incorporati nella ideologia del movimento operaio. L’ideologia del lavoro, cioè il massimo valore attribuito al lavoro, nasce con il socialismo, per poi radicarsi nell’ideologia spontanea degli operai industriali. Le fonti orali ci permettono di analizzare la funzione svolta dalla variante ideologica nell’auto percezione che i lavoratori ebbero di se (grazie all’ideologia anche un lavoro considerato dequalificato, viene ribaltato come un lavoro di alta qualificazione); in sostanza la fonte orale permette di ricostruire il significato che i lavoratori dettero al proprio lavoro, un significato che muta in funzione dei cambiamenti sociali (partiti politici, sindacati), oltre che alle diverse esperienze che i lavoratori avevano alle spalle prima dell’entrata in fabbrica. Un fattore importante nell’evoluzione delle identità collettive riguarda la genesi degli insediamenti. In molti centri industriali l’insediamento avviene nel comune, nel centro abitato, creando un continum spaziale tra la fabbrica e il centro abitato. Si tratta di un fattore determinante nei processi di formazione di identità operaia forte, in grado di egemonizzare l’interpretazione del passato.
Dall’Inghilterra il dibattito intorno all’oral history muove alla conquista dell’Italia; sulla scia di questo dibattito nasce un primo incontro fra esperienze diverse e rimaste fino ad allora isolate, ma che lavoravano con le fonti orali (antropologi, etnologi…) e che convergono nel convegno internazionale di Bologna del 1976 sul tema:
Antropologia e storia: fonti orali, è l’esigenza di migliorare il modo di fare storia, ampliare gli orizzonti documentari e metodologici che consente alle fonti orali di dar vita e identificarsi con un filone metodologico e interpretativo, quello della storia orale. Da segnalare inoltre l’incontro tra ricerca scientifica e ricerca
didattica sull’uso delle fonti orali, che sfocia nel convegno di Venezia del 1981, organizzato dall’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia. Dalla seconda metà degli ani 80 assistiamo a una piena legittimazione della storia orale, nell’ambito delle discipline storiche, con interessanti risultati scientifici. La ricerca e le fonti orali si sono poste come uno strumento privilegiato di interpretazione del rapporto tra storia e memoria, tra storia e identità, individuale e sociale.

Tratto da GLI ARCHIVI TRA PASSATO E PRESENTE di Alessia Muliere
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