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La restituzione nel termine


L'art. 175 comma I dispone che il pm, le parti private e i difensori sono restituiti nel termine stabilito a pena di decadenza, se provano di non averlo potuto osservare per caso fortuito o forza maggiore.

Dalla formula, la richiesta deve investire un termine stabilito a pena di decadenza, ma vanno sicuramente inseriti anche i termini previsti a pena di inammissibilità.

I soggetti legittimati a richiedere la restituzione nel termine sono il pm, i difensori, e le parti private (imputato, parte civile, responsabile civile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria). I difensori la possono richiedere sia per atti di loro esclusiva pertinenza, sia per atti della parte assistita, sia per atti il cui compimento spetti, alternativamente o separatamente, anche alla parte.

L'impossibilità di rispettare il termine deve essere assoluta: occorre un particolare impedimento che renda vano ogni sforzo dell'uomo.

Il caso fortuito è un evento non previsto né prevedibile dalla parte e che sia intervenuto prima dell'inizio o nel corso o dopo l'esaurimento dell'attività svolta dalla parte stessa per il compimento dell'atto. La forza maggiore è quell'energia causale, naturale o umana o subumana, alla quale la parte non poté, nel caso concreto, resistere e che rese vano ogni sforzo per l'adempimento dell'atto entro il termine stabilito. Per ritenere sussistenti gli estremi dei due concetti, occorre la dimostrazione che il compimento dell'atto, entro il termine stabilito, sia stato reso impossibile da un evento, imprevisto o imprevedibile, inevitabile e tale da neutralizzare il nesso psicologico tra la volontà cosciente del soggetto interessato e la situazione impeditiva creatasi.

Il legislatore italiano, con il d.l. 21 febbraio 2005 n. 17 (conv. in l. 22 aprile 2005 n. 60) ha modificato il comma II dell'art. 175: ha attribuito all'imputato, nei cui confronti sia stata emessa sentenza contumaciale o decreto penale di condanna, il diritto di proporre la richiesta senza gravarlo di alcun onere dimostrativo; spetta all'autorità giudiziaria l'obbligo di effettuare ogni necessaria verifica onde stabilire se l'imputato abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire, ovvero se egli abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento emesso nei suoi confronti e abbia volontariamente rinunciato a proporre impugnazione. Se viene concessa la restituzione, non si tiene conto, ai fini della prescrizione del reato, del tempo intercorso tra la notificazione della sentenza contumaciale o del decreto di condanna e la notificazione alla parte dell'avviso di deposito dell'ordinanza che concede la restituzione (art. 175 comma VIII).

La Corte costituzionale, con la sent. 4 dicembre 2009 n. 317, ha riconosciuto all'imputato contumace, che non abbia avuto cognizione del procedimento a suo carico, il diritto di essere restituito nel termine per proporre impugnazione anche quando l'impugnazione stessa sia già stata proposta dal difensore.

I soggetti legittimati sono tenuti a presentare la richiesta per la restituzione, a pena di decadenza, entro 10 giorni da quello nel quale è cessato il fatto costituente caso fortuito o forza maggiore (art. 175 comma I) ovvero, nei casi previsti dal comma II dell'art. 175, entro il termine di 30 giorni da quello in cui l'imputato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento. La restituzione non può essere concessa per più di una volta per ciascuna parte in ciascun grado del procedimento.

Le Sezioni Unite hanno ritenuto che la forma del procedimento, instaurato con la richiesta di restituzione nel termine, sia quella della procedura de plano. Un distinguo è stato introdotto da quella giurisprudenza che ha riservato il procedimento de plano alle sole ipotesi in cui non vengano in considerazione valutazioni discrezionali da parte del giudice, ovvero si tratti di mera riproposizione di richiesta già rigettata, affermando nelle restanti la necessità del contraddittorio partecipato di cui all'art. 127.

Competente a decidere sulla richiesta di restituzione è il giudice che procede al tempo della presentazione della stessa (si veda art. 175 comma IV). Il procedimento si conclude con l'emanazione di un'ordinanza che sarà ricorribile per cassazione, ove rigetti la richiesta di restituzione (art. 175 comma VI).

La legge nulla dice in ordine ad una generale impugnabilità dell'ordinanza che accoglie la richiesta di restituzione, e ciò, in base al principio di tassatività fissato nell'art. 568, induce a ritenere che sarà impugnabile – ma congiuntamente alla sentenza che decide sulla impugnazione o sulla opposizione – soltanto l'ordinanza che concede la restituzione nel termine per la proposizione dell'impugnazione o dell'opposizione, proprio nei limiti esplicitati dall'art. 175 comma V.

Nell'ipotesi di accoglimento della richiesta di restituzione nel termine per impugnare, il giudice, se occorre, deve ordinare la scarcerazione dell'imputato detenuto e adottare tutti i provvedimenti necessari per far cessare gli effetti determinati dalla scadenza del termine (art. 175 comma VII).

Per quanto riguarda gli effetti dell'incolpevole decorso del termine, l'art. 176 dispone che si faccia luogo alla rinnovazione degli atti ai quali la parte colpita da vicenda impeditiva aveva diritto di assistere, e che a tale rinnovazione provveda, su richiesta dell'interessato e in quanto sia possibile, lo stesso giudice che ha disposto la restituzione: si evita in tal modo la regressione del processo, la quale però non può essere scongiurata in alcun modo nel caso in cui la restituzione nel termine sia concessa dalla cassazione

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