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Estetica e linguaggio in Holderlin



Holderlin lascia casa Gontard e Francoforte nel 1798 e si trasferisce nella vicina Homburg. Testi frammentari. Holderlin si isola ma in questo periodo scrive i suoi inni più famosi (Unico, Festa di Pace, Patmos, Rimembranza). Holderlin chiarisce il posto che l’arte deve occupare in una nuova visione filosofica. Religione e filosofia ci servono a impostare bene il problema di unità e differenza. Perché l’aspetto ideale è pensabile solo attraverso lo strumento della filosofia. Ma sia religione che filosofia han bisogno della condizione mitica e del linguaggio poetico per favorire davvero la nascita della nuova individualità. Fede e pensiero van espressi attraverso la narrazione tragica. Nello scritto “la patria in declino”: cioè che è percepito come unitario si trasforma, ma la realtà che si disgrega resta tale e produce un reale senso di nullità. Solo l’artista può ricreare e sperimentare questo processo logico. E’ la nuova coscienza estetica, morte e nascita di un nuovo linguaggio. Ora non è più diotima a convincere iperione dell’esistenza dell’assoluto. Holderlin vuole capire la logica interna che favorisce l’imporsi della preminenza estetica come linguaggio poetico. Distingue due disgregazioni = motori del divenire : una ideale e celeste e una terrena e reale. La prima muove dall’infinito al finito. Problema di Holderlin: vuole trovare il modo in cui finito e infin possono incontrarsi guadagnando e perdendo al contempo l’uno l’idealità per la realtà l’altro viceversa. Cioè va dato un senso alla contraddittorietà del rapporto essere finito-sogno di infinità. Unificazione tra le 2 dimensioni avviene solo nel regno dell' invenzione artistica. La fine del contrasto passa per un'unificazione di tipo tragico. Così si crea il nuovo individuo = il poeta stesso, in cui tracce d’infinità presenti nel reale e ragioni dell’ideale possono trovare conciliazione creativa. Ponendosi in contrasto con il primato della ragione speculativa, l’estetica di Holderlin vuol possedere il linguaggio giusto per dire l’ultima parola.

Tratto da HOLDERLIN di Dario Gemini
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