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Sulla pesantezza e la leggerezza dell’educare


nel momento in cui la maestra smette di dire quel che andrebbe fatto e si pone in gioco e con gioco attraverso una forma di sintonizzazione corporea, esce dalla intenzionalità educativa e, proprio grazie a questa fuoriuscita, esercita una funzione educativa.
in educazione non c’è solo la pesantezza ma anche la leggerezza a far da molla alla relazione educativa, l’azione educativa presenta un lato squisitamente non intenzionale: è spesso il risultato di qualcosa di imprevisto, anche di sbagliato.
Il lavoro educativo, quel “sapersi prendere cura della vita quotidiana”, è reso possibile da quella capacità del soggetto di “essere” nella relazione, che io preferisco tradurre con il concetto di “presenza”.
Aver cura del desiderio implica non saturare tempi e spazi infantili con troppi stimoli, ma fare in educazione un lavoro di sottrazione più che di addizione, di rallentamento dei tempi più che di loro ottimizzazione.
Significa tener caro e salvaguardare il piacere del movimento nei bambini, più che corrispondere alla paura che si sporchino o si facciano male… Significa, soprattutto, curare la loro capacità di attesa, poiché il desiderio introduce la dimensione temporale, struttura il tempo.

Tratto da I LABORATORI DEL CORPO di Anna Bosetti
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