Skip to content

Al Jazeera

Come si colloca il lancio di un’emittente come Al Jazeera all’interno di queste scelte politiche? 
Lo sceicco sapeva perfettamente di non poter competere con gli altri stati della regione sul piano delle risorse di hard power; ma anche un uomo piccolo può muoversi in modo da creare un’ombra grande, tale da spaventare i giganti, e così ha fatto: il Qatar ha creato un’ombra, Al Jazeera, che potesse farlo apparire grande in tutta la regone. 
È difficile stabilire fino a che punto Al Thani avesse intuito le potenzialità che il lancio di un canale satellitare presentato come rigorosamente indipendente potesse offrire alla sua virata politica. 
A metà degli anni ’90, diverse personalità qatarensi, compresi alcuni membri della famiglia reale, avevano in animo di acquisire la quota saudita di Orbit e di iniziare un’avventura commerciale sul satellite a partire dagli studi di Londra dell’emittente. L’emiro propose invece il lancio di un’emittente all news a partire dal suo piccolo stato. Questa intuizione fu resa indirettamente possibile soprattutto dal fallimento già citato di un contratto tra Orbit e l’Arabic TV Division del BBC News Service ⇒ quello che doveva essere il primo canale all news arabo naufragò dopo pochi mesi, a causa delle fortissime tensioni interne tra i giornalisti e la proprietà saudita: il problema era la libertà editoriale e la trasmissione di un documentario critico nei confronti dell’Arabia Saudita fece crollare definitivamente l’accordo. 
⇓ 
L’executive di Al Jazeera, impegnato in quei mesi a costruire lo staff per la creazione del canale satellitare con base in Qatar, assunse pressoché in blocco questi professionisti rimasti senza lavoro: si trattava per il Qatar dell’opportunità di “comparire sulle mappe”, mentre per un gruppo di giornalisti provenienti da tutto il mondo arabo era l’occasione di sperimentare nuovi format di produzione, contando su un livello di libertà editoriale inedito. 
Il canale, fin dall’inizio delle trasmissioni, cercò di offrire una copertura autonoma globale in modo da offrire news da tutto il mondo, presentando i fatti in una prospettiva nella quale le popolazioni arabe si potessero riconoscere ⇒ fu creata una rete di giornalisti e collaboratori estremamente capillare. 
Il giornalismo di Al Jazeera incontrò immediatamente un ampio successo presso il pubblico arabo, per le news aggressive e irriverenti riguardanti i leader politici arabi, spesso oggetto di pesanti accuse ⇒ piovvero da subito critiche e veri e propri incidenti diplomatici. Tuttavia, la repressione da parte delle istituzioni ha accresciuto ancora di più la popolarità di Al Jazeera che, dalla maggior parte delle persone nel mondo arabo, è percepita come una fonte di informazioni dalla parte della gente. Tutte le anime del pensiero politico arabo, messe lungamente a tacere dai regimi, trovano in Al Jazeera una tribuna di discussione, mentre la frequente presenza sugli schermi dello sceicco Qaradawi, ospite del Qatar come “padre spirituale” del canale, protegge l’emittente dalle accuse di apostasia. 
La prima esclusiva importante di Al Jazeera può essere individuata nella copertura dell’escalation di tensione tra USA ed Iraq, nel 1998, culminata con alcuni bombardamenti sulla città di Baghdad, la cosiddetta operazione Desert Fox. L’all news era l’unica fonte di informazione internazionale sul posto ⇒ si impose per la prima volta all’attenzione del grande pubblico arabo. 
Ma la vicenda che ha attestato Al Jazeera come leader dell’informazione araba è rappresentata dallo scoppio, nell’ottobre del 2000, dell’intifada Al Aqsa. Fin dalle prime coperture, il pubblico rimase sconvolto: mai aveva potuto contare su tante informazioni sulla questione palestinese e mai da una prospettiva così attenta alla sensibilità araba. 
Con l’11 settembre, la scelta da parte di Osama bin Laden di comunicare con il mondo attraverso messaggi inviati all’emittente (⇒ dai media occidentali sono piovute da subito critiche di partigianeria e di collaborazionismo) e la copertura della guerra in Afghanistan del 2002, Al Jazeera è diventata un fenomeno globale. 
Dopo l’11 settembre, in particolare, si è diffusa una certa “islamofobia”, aumentando notevolmente la polarizzazione fra mondo occidentale e mondo arabo e portando molti dei musulmani migranti a percepire un forte aumento dei pregiudizi nei confronti dell’Islam. Questo atteggiamento è portato aventi dai media occidentali quotidianamente, ed è dovuto soprattutto alla mancanza di contestualizzazione, più o meno colpevole, delle notizie sul mondo arabo ⇒ per gli arabi migranti è oggi più che mai importante avere media sui qual poter trovare temi e rappresentazioni di sé e del mondo in cui riconoscersi. La cosa interessante è che si tratta soprattutto di persone colte (professori, manager, studenti) che, pur essendo dotate del bagaglio culturale per affrontare tali discussioni, sono, in patria esclusi completamente dal discorso politico, tradizionalmente appannaggio di militari e religiosi. 
E la parola magica di Al Jazeera e Al Arabiya per creare questa nuova percezione di sé tra gli arabi immigrati è sicuramente mubashr (= in diretta), parola che compare quasi come un marchio di garanzia di qualità sugli schermi in alto a destra. 
Di questa massiccia fruizione dei canali di informazione arabi da parte degli immigrati esistono però anche effetti potenzialmente pericolosi per l’integrazione di queste comunità nei paesi ospiti: seguendo infatti l’informazione soltanto attraverso questi media panarabi, che danno ovviamente priorità alle questioni arabe, essi finiscono per ignorare le problematiche e le questioni politiche, sociali e di costume che caratterizzano i paesi di residenza, privandosi della possibilità di capire a fondo la realtà in cui si trovano immersi. 
La peculiarità della rivoluzione di Al Jazeera non ha principalmente a che vedere con una tecnologia, ma è una questione di contenuti. Il gruppo di giornalisti che hanno progettato i primi palinsesti dell’emittente, avevano come modello le grandi all news occidentali (CNN e BBC International) ⇒ questa impostazione ha significato una copertura delle vicende realizzata sul campo con tantissime immagini, notiziari “movimentati”, ricercati nella grafica e nella qualità dei servizi, completamente diversi rispetto ai telegiornali delle televisioni statali, fatti soltanto della lettura di veline ufficiali. La forza dell’informazione di Al Jazeera è proprio nella capacità di creare un prodotto informativo professionale, che tenga conto della sensibilità delle popolazioni arabe, della loro necessità di mantenere un ponte emotivo con i paesi nei quali si scontrano arabi con non-arabi e, allo stesso tempo, denunciare per la prima volta tutte le menzogne dei leader. Al Jazeera peraltro ha introdotto un genere giornalistico prima impensabile nella regione: il giornalismo investigativo ⇒ è la prima possibilità offerta alla società civile di dibattere attorno a tematiche importanti, legittimando ogni punto di vista. La discussione è il perno delle trasmissioni di Al Jazeera: la maggior parte dei programmi dell’emittente prevede la possibilità di chiamate da casa e la partecipazione a sondaggi d’opinione strumenti attraverso i quali la gente ha la possibilità di rivolgere domande a politici ed esperti. 
Il dibattito politico è stato fino ad oggi relegato ad una dimensione privata, condizione che spesso ha impedito il confronto delle posizioni contrastanti e, di fatto, alimentato i fondamentalismi di qualsiasi tipo. In questo modo, l’antica attitudine delle popolazioni arabo-islamiche alla discussione e al confronto acceso (il jidal), soprattutto su questioni di interesse collettivo, è risultata frustrata dal controllo politico. 
⇓ 
Con il rapido incremento della qualità delle informazioni che li raggiungono, i cittadini potranno giudicare i dati politici con occhi più critico di quello che hanno fatto finora. 
I governi, d’altra parte, dovranno presentare informazioni in un mercato delle idee competitivo, all’interno del quale esse saranno accolte o respinte sulla base della loro credibilità. 
I giornalisti di Al Jazeera sostengono che il loro più grande successo non sta nella qualità dei loro programmi, ma nel fatto che le loro produzioni hanno costretto chiunque volesse competere con l’emittente qatarense ad adeguarsi a nuovi standard di libertà e professionalità dell’informazione: “da Al Jazeera non si torna più indietro”. Il punto è che il sistema transnazionale satellitare non è controllabile attraverso gli strumenti classici della censura politica dei governi arabi ⇒ qualsiasi tentativo di bilanciare l’informazione dissacrante di Al Jazeera deve passare attraverso l’adozione di standard tecnico-qualitativi analoghi a quelli dell’emittente del Qatar, pena la totale assenza di credibilità presso le audience ⇒ l’“effetto Al Jazeera” determina obbligatoriamente un maggiore interessamento da parte delle autorità arabe per l’opinione pubblica, la cui sensibilità politica diventa, almeno potenzialmente, un elemento attivo nelle scelte di governo. 
2 sono stati sostanzialmente gli espedienti dei governi per cercare di mantenere influenza sul mercato delle news panarabe: 
1 1. sono state create le cosiddette Media Cities = vaste aree fornite delle più moderne infrastrutture di trasmissione e delle tecnologie più all’avanguardia in materia di telecomunicazioni ⇒ grazie alle rilevanti agevolazioni fiscali, le grandi organization dell’informazione transnazionale araba e occidentale sono state spinte a situare le proprie sedi all’interno di queste aree. Naturalmente, per convincere le news organization a trasferirvisi, gli stati ospiti devono garantire, oltre ad agevolazioni economiche notevoli, libertà assoluta per quanto riguarda le scelte editoriali. 
2 2. nel febbraio 2003, un gruppo di investitori governativi sauditi, kuwaitiani, giordani, bahreinensi e libanesi hanno dato vita, con ingenti contributi economici, al progetto Al Arabiya, all’interno del gruppo MBC: poiché la nuova emittente all news avrebbe dovuto giocare in serie A e competere con la “reginetta del satellite arabo”, era fondamentale uno staff di giornalisti di lunga esperienza ⇒ Chi meglio degli stessi uomini di Al Jazeera? ⇒ molti dei professionisti che hanno lavorato alla nascita di Al Arabiya sono stati “rubati” alla rivale, in modo da tentare, fin dall’inizio, di giocare il più possibile alla pari. Nella sfida per l’accaparramento degli investitori pubblicitari, invece, l’emittente con sede a Dubai è decisamente favorita: le concessionarie che gestiscono questo mercato nel mondo arabo sono infatti tutte di proprietà saudita ⇒ regolarmente boicottano Al Jazeera a favore della rivale. 
Questa situazione di forte competizione ha portato le 2 emittenti a combattere a colpi di esclusive, interviste inedite e format di grande interesse. Sicuramente, ad avere la meglio in questa querelle è il pubblico arabo che, con il satellite e il nuovo sistema basato sulla concorrenza del mercato, ha avuto modo di sperimentare un innalzamento della qualità dell’informazione inimmaginabile fino a pochi anni fa. 
Lanciata nel febbraio 2003, Al Arabiya si è trovata subito dopo poche settimane a doversi confrontare con la copertura del primo vero conflitto del XXI secolo: la guerra della coalizione anglo-americana contro l’Iraq di Saddam Hussein. Nelle prime fasi del conflitto, la copertura dell’emittente ha dovuto fare i conti con le limitazioni di un gruppo poco collaudato ⇒ è stata più che altro una passiva inseguitrice di Al Jazeera. 
Lo staff di Al Arabiya, tuttavia, ha mostrato da saper trarre vantaggio dalle esperienze professionali precedenti ed è riuscito lentamente ad acquisire popolarità tra le audience a colpi di esclusive. 
Comunque, Al Arabiya si mantiene fino ad ora meno combattiva della rivale e mostra una sensibilità maggiore nel non irritare i suoi finanziatori; forse per questo il presidente Bush mostra di preferirla ad Al Jazeera e l’ha scelta per rivolgersi alle popolazioni arabe in occasione dello scandalo delle torture ad opera dei soldati americani nelle carceri di Abu Ghraib. 

Ciò che colpisce a prima vista, facendo zapping tra i canali all news del satellite arabo, è la massiccia presenza di donne: annunciatrici, reporter, conduttrici. Le giornaliste di Al Jazeera e Al Arabiya sono attrici di primo piano del nuovo giornalismo arabo e hanno conquistato, sull’arena satellitare del discorso pubblico, un ruolo tutto nuovo per l’universo femminile, con effetti che si ripercuotono sia sull’immagine che le donne arabe hanno di sé, dei loro spazi e dei loro compiti, sia sull’immagine che gli uomini hanno delle donne. 

Tratto da I MEDIA E LA POLITICA INTERNAZIONALE di Elisa Bertacin
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.