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Il paesaggio produttivo dalla Cines a Cinecittà


Fino all’ingresso in guerra il regime non si oppone alla circolazione del cinema americano. Tutta la produzione a cavallo del sonoro si sviluppa attorno alla Cines di Pittaluga che muore nel ’31.  Il passaggio direzionale a Toepliz e Cecchi vara un piano produttivo che mira a rinnovare il connubio tra letteratura e cinema ed a modificare gli stereotipi rappresentativi dell’Italia esortando i registi ad ambientare le loro opere in luoghi differenti della penisola.
Rinasce la produttività; Forzano è l’autore fascista con maggiori ambizioni culturali (Campo di Maggio, 1935) stabilendo a Tirrenia, tra Livorno e Pisa, un nuovo centro produttivo. Si producono titoli rilevanti legati ai classici della letteratura La corona di ferro (Blasetti, 1941) e I promessi sposi (Camerini, 1941). Lo stato continua a mettere a disposizione capitali con bassi tassi d’interesse, investe in servizi e beni strumentali e istituisce una propria casa di produzione ed una catena di sale. Il fascismo mira a fare del cinema uno dei propri fiori all’occhiello. Nel 1935 nasce il Centro Sperimentale, è destinato a diventare uno dei luoghi di formazione culturale e professionale di livello più alto e godrà sempre di una grande autonomia. Nello stesso anno nasce Cinecittà sulle ceneri della cines, distrutta da un incendio.
Con la Legge Alfieri del 6 Giugno 1938 si blocca alle frontiere la produzione estera ed all’interno si assiste ad una baldoria produttiva.

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