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Monicelli e il tema della morte


Nel cinema di Monicelli non si muore quasi mai sul serio. Il tema della morte è onnipresente nella produzione del regista, semplicemente è sottratta alla dimensione seria propria della stessa. Monicelli spoglia la morte di ogni serietà e la immerge nel grottesco o nel ridicolo.
Per l’autore ridere della morte è il modo perfetto per prendere atto del nulla che è la vita.

La vita e la morte ci sono offerte sotto una luce beckettiana di teatro dell’assurdo, i suoi personaggi spesso richiamano la versione borghese dei personaggi di Aspettando Godot.
Nel cinema di Monicelli si ride per scaricare la tensione, si ridere per demolire le maschere ed i veli imposti dalla vita, si ride per sgomberare il campo e assumere un diverso punto di vista.

I funerali sono un motivo ricorrente nel cinema di Monicelli, da intendersi però come socializzazione del lutto e teatralizzazione del dolore--> il funerale non è mai ne un climax ne uno strappo bensì un topos sarcastico e grottesco.
Ne I panni sporchi 1999 i familiari e conoscenti del defunto sbuffano per il caldo e nel cordoglio pubblico parte una fitta rete di pettegolezzi incrociati, finchè i parenti stretti del morto ordinano al prete di accelerare la marcia e tutti corrono dietro al carro funebre (ricordando il funerale in corsa di Entr’acte di Renè Claire).
Ne I soliti ignoti, i compari sono ad un funerale ma stanno fuori dalla chiesa senza nemmeno che si veda la bara. In Romanza popolare durante il funerale di Ornella Muti, una seconda bara si affianca alla prima e s’inserisce nel corteo quasi a segnalare la ripetitività di un rito standardizzato. Il lutto incrina l’unità familiare invece di unirla.
In Casanova70 Marcello Mastroianni sbaglia salma da accogliere all’aereoporto.
Il funerale si snoda quindi come atto mancato, si assiste anche alla resistenza all’elaborazione del lutto.

Per Monicelli la morte è un evento come gli altri che evidenzia l’asocialità dei personaggi e sintetizza la critica nei confronti dell’immaturità sociale e la quasi totale assenza di socialità nell’Italia contemporanea.

E’ da notarsi come tutte le morti di Monicelli avvengano in casa, in strada, in banca.. si tende ad allontanare la morte da dove era stata relegata negli ultimi anni: l’ospedale. L’unico che viene portato in ospedale è il ferito di First Aid in cui un aristocratico trovare un pedone che è stato investito, lo porta all’ospedale ma l’inadempienza del sistema sanitario lo porta a ricondurlo esattamente nel punto in cui l’aveva trovato facendolo morire in strada.
Monicelli rende pubblica la tendenza asettica a rilegare la morte negli ospedali.

Parlare di morte fa ridere d’un riso forzato ed osceno, il sesso non provoca più nessuna sensazione, il sesso è legale solo la morte è pornografica. Il protagonista di Casanova70 si cimenta infatti in giochini amorosi come passare un’ora guidando in contromano. Il maschio sogna di essere come l’uomo della mantide che raggiunge il culmine della sua estasi amorosa nella morte.
In Toh, la nonna è morta, il decesso dell’anziana signora porta i familiari a uccidersi l’un l’altro:
--> per Monicelli la morte disvela l’asocialità latente. E’ la catastrofe che smaschera l’ordine.

Tratto da IL CINEMA ITALIANO TRA GLI ANNI '60 E '70 di Asia Marta Muci
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