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Colloquio diagnostico in età evolutiva e con adolescente


Alla presentazione lo psicologo può chiedere come si chiama e presentare se stesso, ma il bambino ha soprattutto il diritto di sapere per quale ragione sia arrivato li oltre ad atteggiarsi con il bambino con mentalità libera da giudizi preformati. Almeno per il primo incontro il soggetto deve essere accompagnato e presentato dallo psicologo da uno dei genitori o entrambi, poi si potrà vedere il bambino da solo. Nella conduzione del colloquio è utile mettere il bambino in grado di dire quanto egli può e vuole dire, in particolare si tratterà di investigare come il bambino vede il suo problema e investigare anche le relazioni e i vissuti con i genitori e fratelli.
Con l’adolescente può accadere che sia lui stesso a contattare lo psicologo o che arrivi alla consultazione indirettamente perché richiesto da altri o un altro specialista. Importante sarà anche qui un colloquio con i familiari, soprattutto si privilegia l’incontro con chi segnala, chiedendo ad esempio già per telefono, se la persona di cui si parla sia a conoscenza della richiesta e se non potrebbe essere questa persona a fissare l’appuntamento. Ai familiari non si riferiscono le cose di cui il giovane ha parlato a meno che sia una sua esplicita richiesta, mentre con il giovane si potrà fare accenno alle comunicazioni dei genitori che lo riguardano direttamente.
La finalità specifica e peculiare del colloquio con l’adolescente e di aiutarlo a definirsi ed individualizzarsi come soggetto separato, in cammino verso l’emancipazione e l’identità adulta. Le aree saranno quelle classiche e bisogna considerare i significati specifici che tali argomenti assumono per lui.

Tratto da IL COLLOQUIO COME STRUMENTO PSICOLOGICO di Carla Callioni
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