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I controlli sul mercato mobiliare

I poteri di controllo sul mercato mobiliare sono riservati, essenzialmente al Ministro dell’Economia e delle finanze, alla Banca d’Italia e alla Consob, nonché, per i mercati regolamentati, alla società di gestione di tali mercati. Naturalmente il Ministro dell’economia e delle finanze e la Banca d’Italia non esauriscono le proprie competenze nell’esercizio di funzioni di vigilanza sul mercato mobiliare, mentre la Consob trova la propria ragion d’essere proprio ed esclusivamente nello svolgimento di tali funzioni. I poteri attribuiti al Ministro dell’economia e delle finanze si possono distinguere in poteri che il Ministro ha nei confronti della Consob e poteri che allo stesso competono con riferimento alle attività e agli operatori del mercato mobiliare. Per quanto concerne i secondi ricordiamo che al Ministro dell’economia e delle finanze spettano poteri normativi (determinazione dei requisiti di onorabilità e di professionalità dei soci rilevanti e degli esponenti aziendali) nei confronti delle società di gestione dei fondi comuni, delle SICAV, delle Sim e delle società di gestione dei mercati regolamentati; nonché poteri autorizzatori (dei sistemi di indennizzo a favore degli investitori: art. 59 T.U.) e poteri sanzionatori (amministrazione straordinaria e liquidazione coatta) nei confronti delle società di gestione dei mercati regolamentati. Alla Banca d’Italia sono attribuiti poteri normativi e di vigilanza sulle società di gestione dei fondi comuni, sulle SICAV e sui patrimoni dagli stessi gestiti, sulle Sim e sulle banche, per quanto concerne lo svolgimento di servizi di investimento, nonché sui sistemi di indennizzo istituiti a favore dei risparmiatori che accedono a questi ultimi. La Consob esercita una vigilanza esclusiva sulle operazioni di appello al pubblico risparmio “avendo riguardo alla tutela degli investitori nonché all’efficienza e alla trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali”. Alla stessa viene riservato un ruolo importante nella vigilanza sui fondi comuni e sulle SICAV, e di grande rilievo sono poi le attribuzioni che la Consob ha nella vigilanza prudenziale sulle Sim e sulle banche che prestano servizi di investimento. Nell’uno come nell’altro caso le competenze della Consob sono concentrate sull’osservanza di obblighi di informazione e di correttezza ai quali debbono uniformarsi i comportamenti dei gestori in monte e delle Sim. Pressoché esclusiva è, poi, la vigilanza della Consob sui mercati regolamentati, sulle società di gestione degli stessi, sugli intermediari ammessi alle relative negoziazioni e sugli emittenti che su quei mercati vengono quotati, e in particolare sulle informazioni che gli stessi debbono fornire al pubblico.   Finanza strutturata   Per comprendere le operazioni di finanza strutturata è necessario fare una premessa sul concetto di patrimonio destinato e finanziamento destinato. Il patrimonio destinato sta alla base di tutte le operazioni di cartolarizzazione e sta alla base anche della disciplina dei fondi pensione. Il finanziamento destinato è fondamentale per capire le operazioni di finanza di progetto. Patrimonio destinato e finanziamento destinato sono stati ridisciplinati all’interno del codice civile a seguito della riforma societaria. Al patrimonio destinato sono dedicati ben 10 art (2447 ss.). Il codice civile lo definisce come patrimonio destinato ad uno specifico affare. Che cos’è un patrimonio dedicato ad uno specifico affare? Innanzitutto può essere costituito un patrimonio destinato dentro una spa. Gli amministratori di una spa possono deliberare di costituire un patrimonio destinato ad uno specifico affare all’interno del patrimonio della società. Quindi, primo punto: competenza degli amministratori. All’interno del patrimonio sociale viene quindi individuato un insieme di beni, un insieme di contratti, un insieme di valori, che devono essere utilizzati esclusivamente per un unico affare (es. società immobiliare. Gli amministratori possono creare all’interno del patrimonio sociale un piccolo patrimonio destinato a realizzare un complesso residenziale). Oggetto del patrimonio destinato: il patrimonio destinato ha un suo specifico oggetto che però deve essere parte del oggetto sociale della società. Secondo punto: l’oggetto del patrimonio destinato non può essere qualcosa di diverso dall’oggetto sociale della società. I patrimoni destinati possono essere costituiti entro limiti ben precisi. Il limite complessivo è del 10% del patrimonio netto. Oltre questo limite non è possibile andare per motivi di stabilità del patrimonio generale. Con i patrimoni destinati la società può creare delle linee di attività ognuna delle quali ha il suo patrimonio a disposizione. Per creare il patrimonio destinato serve una delibera degli amministratori la quale deve essere accompagnata un piano economico finanziario molto dettagliato dal quale risulti 1) l’obiettivo dell’operazione, 2) che il patrimonio è congruo allo scopo. La delibera deve essere iscritta nel registro delle imprese in modo che i creditori sociali possano opporsi entro 60 giorni. Creando un patrimonio destinato infatti l’impresa mette da parte determinati beni sui quali i creditori sociali non possono rivalersi. Fino a che punto si spinge l’isolamento del patrimonio destinato rispetto al patrimonio generale? Si spinge molto in là. Si possono creare anche azioni legate al patrimonio destinato o anche, ma qualcuno lo nega, strumenti finanziari legati al patrimonio destinato. Supponiamo che ci sia una insolvenza del patrimonio destinato. Che cosa succede? Questo è il punto limite dinnanzi al quale cade l’organizzazione. Non si può avere insolvenza con dichiarazione di fallimento del patrimonio destinato senza che questo si tiri dietro il fallimento generale della società. L’insolvenza è quindi il limite oltre il quale la destinazione salta. E salta nel seguente modo: 1) il patrimonio della società è in grado di assorbire la perdita, ma la destinazione salta ugualmente e tutti i creditori beneficeranno degli utili generati dall’affare 2) l’insolvenza del patrimonio destinato è talmente grave che contagia anche il patrimonio destinato, si avrà quindi il fallimento della società. Esiste un modo un po’ più “soft” per arrivare ad isolare determinati beni da un insieme più ampio che consiste nel destinare, al posto del patrimonio, i flussi di cassa generati da un’operazione. È questo il finanziamento strutturato indicato nell’art. 2447 decies c.c. Questo articolo parla di un contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare e prevede che il rimborso venga effettuato attraverso i proventi dello stesso. Esempio tipico è il project financing. La differenza tra patrimonio e finanziamento destinato è che nel primo gli amministratori con delibera isolano una parte del patrimonio sociale mentre nel secondo non esistono isolamenti sui beni, ma semplicemente c’è un contratto di finanziamento che stabilisce che i finanziatori saranno remunerati con i flussi di cassa generati dall’affare. La separazione grava quindi sugli utili generati dall’affare e non più sul patrimonio sociale. Il punto debole del finanziamento strutturato sta nell’incertezza della restituzione del capitale adeguatamente remunerato. E l’incertezza non è tanto legata al fatto che l’affare potrebbe non produrre degli utili quanto nel fatto che potrebbero accadere degli eventi per colpa dei quali i finanziatori potrebbero non essere del tutto soddisfatti. Anche il contratto di finanziamento destinato deve essere iscritto nel registro delle imprese. Le operazioni di cartolarizzazione si basano sul meccanismo del patrimonio destinato. Alla base delle operazioni di cartolarizzazione c’è la creazione di un patrimonio destinato. La cartolarizzazione ha come oggetto la cessione di crediti. Stiamo parlando di crediti ceduti in blocco in gran numero. I crediti possono essere presenti o futuri (purché collegati ad un contratto già esistente). Nelle operazioni di cartolarizzazione i soggetti coinvolti sono un imprenditore (cedente) e un cessionario che a titolo oneroso riceve i crediti del cedente. La cessione è normalmente pro soluto. Ciò vuol dire che il cedente non risponde dell’adempimento da parte dei debitori ceduti, ma risponde soltanto dell’esistenza di quei crediti. I crediti sono solitamente a medio/lungo termine che producono quindi interessi. Il cessionario potrebbe essere lo stesso soggetto che poi effettuerà la cartolarizzazione, ma solitamente la vera cartolarizzazione viene effettuata normalmente da un terzo soggetto da un terzo soggetto, che è una società veicolo (spv). La spv è quindi emittente degli strumenti finanziari che rappresentano i crediti. I crediti del cedente sono quindi diventati strumenti finanziari circolanti(che possono essere anche dematerializzati). I debitori ceduti saranno seguiti dal cessionario, il quale deve fare in modo che i debitori ceduti paghino i loro debiti. Spesso però ad occuparsi di questo è il cedente in quanto conosce i debitori meglio del cessionario. L’emissione degli strumenti finanziari deve rispettare le regole di offerta al pubblico di strumenti finanziari. Deve essere emesso un prospetto informativo che descriva adeguatamente l’operazione, i suoi obiettivi, il valore economico e quant’altro. La banca d’italia ha precisato che la spv deve essere un intermediario finanziario iscritto nel registro speciale. Quest’attività può essere quindi svolta solo dai soggetti che hanno i requisiti richiesti dall’articolo 107 del testo unico bancario. Gli strumenti finanziari emessi sono destinati a circolare presso il pubblico. Capita spesso nella cartolarizzazione dei crediti che gli strumenti finanziari emessi siano destinati solo ad investitori istituzionali. Se gli strumenti finanziari sono destinati al pubblico indifferenziato ci deve essere una firma sugli strumenti finanziari da parte di un’agenzia di rating che certifica il merito al credito. Per gli strumenti finanziari destinati solo ad investitori istituzionali tale firma non è necessaria, anche se all’atto pratico gli investitori istituzionali la richiedono. Ci sono diverse tipologie di strumenti finanziari emessi durante un’operazione di cartolarizzazione: - AAA – senior. Hanno minimo rischio perché sono rimborsati per primi; - A++ – mezzanin. Sono meno sicuri rispetto ai senior, ma hanno un rendimento superiore. Gli interessi e il capitale ai mezzanin viene corrisposto dopo aver pagato i senior; - A/B – junior. Sono rimborsati dopo i mezzanin. Hanno rischio e rendimento superiore. Solitamente, insieme a questi strumenti finanziari standard, viene emessa un’ulteriore tranche di strumenti finanziari che si chiama equity e che ha una sua funzione di finanziamento dell’operazione di cartolarizzazione. Gli equity vengono emessi dal cedente. L’agenzia di rating a sua volta viene retribuita. Il rating è un qualcosa che può variare nel tempo. Non è quindi qualcosa che una volta dato viene mantenuto nel tempo. La legge fondamentale è la 130 del 1999 che descrive un modello di cartolarizzazione. Questa legge dice che una prima caratteristica delle operazioni di cartolarizzazione è la necessaria presenza di una spv. È permessa la cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari esistenti e futuri anche in un blocco. Per i crediti futuri, cioè quelli che non sono ancora nati ma sono legati a contratti già in esecuzione, è invalsa una regola che è quella per cui il futuro ha un massimo di 24 mesi. Normalmente la cartolarizzazione è un’operazione garantita. Vengono cioè stipulate clausole circa il buon esito dell’operazione stessa. La spv è una società con oggetto esclusivo. È una società che può fare solo operazioni di cartolarizzazione. La spv può occuparsi contemporaneamente di più cartolarizzazione, anche se sul piano pratico questo potrebbe portare a rischi di instabilità. Il patrimonio cartolarizzato, ritornando al discorso iniziale, è un patrimonio separato. Non può quindi essere aggredito da persone diverse dai titolari degli strumenti finanziari emessi con la cartolarizzazione. Altra caratteristica fondamentale è che la spv non subisce i limiti connessi all’indebitamento. Limiti segnati dall’art 2412 del c.c. (quando una spa si indebita incontra un limite del doppio del capitale versato). Sulle società di cartolarizzazione vigila la banca d’Italia. Ciò che rende affidabile un’operazione di cartolarizzazione è il rating ottenuto.


Project financing

Segue lo schema del finanziamento destinato. Abbiamo quindi un finanziamento concesso in vista di una realizzazione dell’opera in cui i finanziatori saranno remunerati con i profitti prodotti dall’opera stessa. Prima indicazione fondamentale: nella finanza di progetto non conta tanto la solidità patrimoniale del progetto che chiede il finanziamento quanto le potenzialità dell’affare che si intende finanziare, cioè il finanziatore non guarda tanto alla solidità del finanziato ma guarda piuttosto a quanti flussi di cassa può produrre quell’affare. Lo schema di finanza di progetto è molto difficile da descrivere. Che cosa si finanzia con il project financing? Non solo opere pubbliche ma anche opere private e di interesse pubblico che non sono proprie pubbliche (es. aree verdi). Sicuramente il settore privilegiato è il settore delle opere pubbliche. Il project financing nasce in italia intorno al 1990 per sopperire al deficit del pubblico nel finanziare le opere pubbliche. Nasce con questo intento: invogliare i capitali privati a cofinanziare le opere pubbliche. Come il privato viene invogliato a cofinanziare il pubblico? Attraverso la promessa di conseguire parte dei proventi che deriveranno dall’opera pubblica. Promotore del project financing può essere un soggetto pubblico o privato. Nel modello base c’è un soggetto pubblico (art 142 tu appalti), che solitamente è una pubblica amministrazione, che presenta un piano e va alla ricerca di finanziatori. Esiste però anche un modello diverso nel quale il promotore è un soggetto privato che va alla caccia della pubblica amministrazione per chiedere il finanziamento del suo progetto. Il promotore, quale che sia, deve avere determinate caratteristiche. Deve avere anzitutto dei prerequisiti definiti dal testo unico appalti (nessuna condanna penale, non essere stato interdetto, eventuale richiesta a qualche albo specifico qualora l’opera che si vuole realizzare). Ci sono poi dei requisiti tecnici più precisi e cioè quelle qualifiche che il promotore deve avere per eseguire l’opera. Solitamente a chi si offre come esecutore di un’opera pubblica si richiede una cauzione abbastanza elevata che da garanzia ai finanziatori sul fatto che l’opera è realizzabile. Questa cauzione può essere ridotta del 50% se l’impresa produttrice ha ricevuto una certificazione di qualità del genere ISO 9000. ci sono poi dei soggetti che operano nel mondo degli appalti che sono in grado di dare delle certificazioni e di verificare che il marchio di qualità sia stato dato legittimamente (Società Organismi di Accettazione). Chi può essere promotore? Tra i soggetti privati qualunque imprenditore può essere promotore (imprenditore individuale, società, consorzio, società temporanea). La disciplina della società temporanea di imprese (ATI) è molto importante perché questa è molto presente nel project financing. La disciplina delle ATI che partecipano alle gare per i pubblici appalti è riassunta dentro il testo unico appalti. La ATI è un team di imprenditori che si unisce esclusivamente al fine di partecipare alla gara per l’assegnazione dell’appalto. Il testo unico appalti dice che se una ATI vuole fare un’unica proposta di partecipazione ad una gara deve scegliere un soggetto al loro interno che faccia da rappresentante che diventa il loro mandatario. Il mandato è irrevocabile per tutta la durata dei lavori e fino a quando l’opera diventa utilizzabile. Il mandato è irrevocabile perché la pubblica amministrazione non deve essere costretto ad avere più interlocutori o dover cambiare interlocutore nel corso dell’opera. Nell’ipotesi estrema in cui il mandatario venga a mancare (morte o fallimento) la pubblica amministrazione può scegliere una qualunque impresa del raggruppamento come mandatario. Se nessuna impresa è in grado di ricoprire l’incarico il mandante può revocare l’incarico e quindi l’appalto si scioglie. Il promotore deve predisporre uno studio di fattibilità che è un documento abbastanza complesso nel quale si descrive dettagliatamente l’opera che si intende realizzare. Lo studio di fattibilità deve contenere il piano economico finanziario, deve cioè descrivere come l’opera verrà finanziata e quali saranno i prevedibili flussi di cassa provenienti da questa opera. deve prevedere se ci sono delle garanzie prestate dal promotore o da chi che sia sul buon esito dell’operazione. Oltre alla descrizione tecnica del progetto e al piano economico finanziario lo studio di fattibilità deve descrivere se ci sono delle problematiche di tipo amministrativo da risolvere e come si intende risolverle. L’incognita amministrativa è la seguente: se ci sono concessioni o autorizzazioni da ottenere bisogna dirlo nello studio di fattibilità. Esiste anche la possibilità che il sia la pubblica amministratore a cercare un promotore per un determinato progetto. In questo caso lo studio di fattibilità non viene preparato dal promotore. Nello studio di fattibilità possono essere coinvolti una serie di consulenti per eventuali consigli tecnici. Altra categoria di soggetti deve essere coinvolta sono i potenziali finanziatori. Terza categoria di soggetti coinvolta è la pubblica amministrazione. La pubblica amministrazione può avere due ruoli. Ruolo numero uno: dare una concessione nel caso di opere pubbliche. Ruolo numero due: in caso di opera privata da un’autorizzazione. La concessione riguarda quindi le opere pubbliche. L’autorizzazione riguarda le opere private. Un altro soggetto coinvolto può essere il progettista, nel caso in cui chi si aggiudica l’opera non è in grado di realizzare l’opera. Come avviene la scelta del concessionario da parte delle pubblica amministrazione? La procedura di scelta può essere di tipo aperto o chiuso. Molto dipende dal costo dell’opera. la procedura pubblica è solitamente l’asta. Ci sono vari tipi di asta. L’asta che si utilizza in Italia è il modello olandese che è un’asta al ribasso. Dietro l’asta ci sta la pubblicazione di un bando che specifica i requisiti per partecipare all’asta, predetermina le modalità di aggiudicazione dell’appalto e predetermina i criteri in base ai quali si sceglierà il vincitore. L’asta però ha dei costi legati alla sua procedura. Ecco perché il testo unico appalti prevede che in taluni casi la scelta del concessionario possa avvenire in altri modi. L’alternativa all’asta è la procedura negoziata, nella quale non si ha un bando pubblico. Essa si basa su delle trattative private con tutti i potenziali concessionari. Si può ricorrere a questa procedura se 1) l’asta è fallita 2) l’opera da realizzare richiede particolari competenze tecniche che sono in pochi a possedere 3) si ha un urgenza di provvedere. Esiste un’altra modalità oltre la procedura ad evidenza pubblica ed è il dialogo competitivo che si utilizza per le opere più complesse. Il dialogo competitivo è molto simile alla procedura negoziata. Nel dialogo competitivo si vanno a selezionare di volta in volta le offerte migliori fino ad arrivare a scegliere tra le ultime due rimaste. Vince quindi chi fa l’offerta economicamente più vantaggiosa. I parametri utilizzati per stabilire l’offerta più vantaggiosa sono elencati dentro l’art. 83 del testo unico appalti. Tra questi ci sono il prezzo, la qualità di realizzazione, la miglior assistenza postorganizzazione, le migliori garanzie offerte etc. Si deve garantire che l’aggiudicazione avvenga secondo regole trasparenti. Si accerta che chi ha vinto abbia realmente fatto l’offerta migliore. Si deve anche accertare che non ci siano state offerte anormalmente basse. L’anomalia è data dal rapporto tra l’offerta fatta e tutte le altre offerte. Tale controllo è obbligatorio. Avvenuta l’aggiudicazione o la concessione (a seconda che sia un’opera pubblica o privata), l’aggiudicatario/concessionario deve fare la scelta se procedere cosi com’è o costituire una società di progetto alla quale fare realizzare l’opera. solitamente il concessionario/aggiudicatario una volta avuto l’appalto costituisce la società veicolo che realizza l’opera. Le società di progetto possono essere sia spa o una srl, al massimo una spa consortile o una srl consortile. La società viene costituita dopo l’aggiudicazione dell’appalto. Una volta costituita la società diventa concessionaria al posto del soggetto privato che si è aggiudicato l’incarico. Sarà quindi la società ad avere tutti i rapporti con la pubblica amministrazione. La società di progetto può emettere obbligazioni per finanziarsi e può farlo violando l’art 2412 del cc (limite del doppio del capitale e delle riserve). La disciplina della fase di realizzazione è del tutto simile a quella dell’appalto. Ad esempio possono esserci delle variazioni dell’opera in fase di costruzione. Alla fine ci deve essere una verifica finale accompagnata da un collaudo. Senza il collaudo non si può accettare l’opera. se l’opera è stata accettata la garanzia sui vizi copre solo i vizi occulti o occultati. Se l’opera non è stata accettata la garanzia sui vizi copre sia i vizi visibili che quelli occulti. C’è poi una garanzia aggiuntiva per rovina che dura 10 anni. In corso d’opera esiste la possibilità del subappalto che solitamente si utilizza per motivi tecnici. Il subappalto è sempre possibile purché non sia un subappalto di mano d’opera, almeno che a subappaltare non siano delle agenzie del lavoro. Il punto debole della finanza di progetto è la pubblica amministrazione o il promotore privato non sia in grado di pagare il concessionario. In questo caso il concessionario ha diritto al rimborso di tutte le spese da lui sostenute più un indennizzo pari al dieci per cento del valore dell’opera. per quanto riguarda i finanziatori, questi hanno un privilegio generale su tutti i beni mobili del concessionario. Possono quindi rivalersi sui beni di questo.

Tratto da IL MERCATO MOBILIARE di Fabio Muzzolu
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