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Le offerte pubbliche di acquisto e scambio


Per offerta pubblica di acquisto o di scambio si intende, “ogni offerta, invito a offrire o messaggio promozionale … finalizzati all’acquisto o allo scambio di prodotti finanziari”. Nell’ambito di questa più ampia fattispecie è necessario distinguere le offerte pubbliche di acquisto o di scambio volontarie e quelle obbligatorie. Le prime possono avere ad oggetto qualunque tipo di prodotto finanziario, le seconde sono configurabili e previste soltanto con riferimento ai “titoli” di società italiane ammessi alla quotazione in mercati regolamentati italiani. A norma dell’art. 102, 1° comma del T.U.F. “la decisione ovvero il sorgere dell’obbligo di promuovere un’offerta pubblica di acquisto o di scambio sono senza indugio comunicati alla Consob e contestualmente resi pubblici” e a norma del 2° comma dello stesso art. 102 “l’offerente promuove l’offerta tempestivamente e comunque non oltre venti giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, presentando alla Consob il documento d’offerta destinato alla pubblicazione”. Dunque il legislatore impone la pubblicità della comunicazione ma non pretende che alla stessa sia allegato il documento d’offerta; quest’ultimo deve essere reso pubblico e comunicato alla Consob “tempestivamente e comunque non oltre venti giorni dalla comunicazione” e, in caso di mancato rispetto del termine, “il documento d’offerta è dichiarato irricevibile e l’offerente non può promuovere un’ulteriore offerta avente a oggetto prodotti finanziari del medesimo emittente nei successivi dodici mesi”. Dell’intervenuta comunicazione l’offerente deve dare senza indugio notizia, mediante un comunicato, al mercato e contestualmente all’emittente e il comunicato deve indicare gli elementi essenziali dell’offerta (ossia i soggetti offerenti, i prodotti finanziari oggetto dell’offerta con l’indicazione del quantitativo che si intende acquistare o scambiare, il corrispettivo offerto, le eventuali condizioni apposte all’offerta e il momento in cui l’offerta sarà lanciata), le finalità dell’operazione, le garanzie offerte, le partecipazioni già detenute dall’offerente e da soggetti che agiscono in concerto con lui. La comunicazione deve anche attestare che sono state contestualmente presentate alle autorità competenti le richieste di autorizzazione necessarie per l’acquisto delle partecipazioni. Il procedimento d’offerta può dunque prendere avvio anche in assenza delle necessarie autorizzazioni, ma le stesse dovranno comunque intervenire prima che inizi il periodo di adesione da parte degli oblati. Il Testo Unico non stabilisce quale debba essere il contenuto del documento di offerta ma prevede che la Consob determini con regolamento “il contenuto del documento da pubblicare nonché le modalità per la pubblicazione del documento”.

E il Regolamento Consob prevede “schemi” di documenti d’offerta diversi non solo per le offerte pubbliche di acquisto e di scambio e per quelle miste di acquisto e di scambio, ma anche specifici contenuti del predetto documento a seconda che oggetto dell’offerta e/o dello scambio siano strumenti finanziari quotati o non quotati e a seconda che l’offerente sia un soggetto che ha già emesso titoli quotati o un soggetto che non abbia titoli quotati. “Entro quindici giorni dalla presentazione del documento d’offerta, la Consob lo approva se esso è idoneo a consentire ai destinatari di pervenire ad un fondato giudizio sull’offerta” e il termine suddetto è di trenta giorni per le offerte che abbiano ad oggetto prodotti finanziari non quotati o diffusi tra il pubblico. Decorsi tali termini, “il documento” si considera approvato e può quindi essere pubblicato. Il documento d’offerta deve essere trasmesso senza indugio all’emittente dei prodotti finanziari oggetto dell’offerta. Lo stesso “è diffuso tramite pubblicazione integrale su organi di stampa di adeguata diffusione o tramite consegna, ovvero con altri mezzi concordati con la Consob, secondo modalità che in ogni caso assicurino la conoscibilità degli elementi essenziali dell’offerta e del documento da parte di tutti gli interessati”. Il legislatore detta poche norme in ordine al contenuto della proposta contrattuale di acquisto o di scambio rivolta dall’offerente agli oblati. Stabilisce che “l’offerta è irrevocabile” e che “ogni clausola contraria è nulla”: eventuale dichiarazioni di revoca sono prive di effetto. L’offerta deve indicare il quantitativo degli strumenti finanziari che si intendono acquistare e in assenza di precisazioni contrarie il quantitativo indicato deve considerarsi come quantitativo massimo che l’offerente è disposto ad acquistare, rimanendo egli obbligato anche nell’ipotesi in cui le adesioni siano in numero inferiore. L’offerente, tuttavia, può precisare che non rimarrà obbligato all’acquisto se le adesioni non raggiungeranno una predeterminata soglia; soglia che dovrà essere tale da consentire all’offerente la realizzazione dei progetti che lo stesso dichiara di voler attuare con riferimento alla società target; l’offerta deve quindi considerarsi scindibile se non è resa inscindibile dall’offerente.

La durata del periodo di adesione, ossia il periodo in cui è possibile aderire all’offerta , è concordata con la società di gestione del mercato, se oggetto della stessa sono titoli quotati, o con la Consob, se sono prodotti finanziari non quotati; tale periodo va da un minimo di venticinque ad un massimo di quaranta giorni per le offerte previste dagli artt. 106 e 107, mentre va da un minimo di quindici ad un massimo di venticinque giorni per le altre offerte. L’offerente può riservarsi la facoltà di protrarre il periodo concordato, ma non può anche riservarsi la facoltà di ridurlo. Sulla durata del periodo di adesione può incidere infine il lancio di offerte concorrenti. L’offerta concorrente, ammessa soltanto se il corrispettivo globale per ciascuna categoria di prodotti finanziari è superiore a quello dell’ultima offerta può essere lanciata “fino a cinque giorni prima della data prevista per la chiusura dell’offerta precedente e comunque, in caso di proroga, entro il cinquantesimo giorno dalla pubblicazione della prima offerta”. Il lancio di un’offerta concorrente ha come effetto anche quello di rendere revocabile l’adesione dell’oblato ad un’offerta precedente. Al lancio di un’offerta concorrente può far seguito anche il rilancio dell’offerente originario: nel qual caso sarà possibile revocare l’adesione all’offerta concorrente. Infine è possibile un nuovo rilancio da parte del concorrente. L’adesione all’offerta avviene tramite sottoscrizione della scheda di adesione, il cui contenuto minimo necessario è determinato dal Regolamento Consob. Con l’adesione si perfeziona il contratto di compravendita fra l’offerente e il destinatario che ha aderito; contratto la cui efficacia può, tuttavia, essere subordinata a particolari condizioni, poste dall’offerente, come il raggiungimento della soglia minima di adesioni. Momento importante nello svolgimento dell’offerta è il comunicato dell’emittente.

A norma infatti dell’art. 103, 3° comma, T.U. “Il Consiglio di amministrazione dell’emittente diffonde un comunicato contenente ogni dato utile per l’apprezzamento dell’offerta e la propria valutazione sulla medesima”. Il comunicato, che per la sua delicatezza deve indicare “l’eventuale adozione a maggioranza, del numero e, se lo richiedono, del nome dei dissenzienti” e, secondo la Consob, anche degli astenuti, esprime la valutazione del consiglio di amministrazione sull’offerta e si conclude con un giudizio sulla convenienza per gli azionisti della accettazione della stessa, rendendo così quest’ultima “amichevole”, nell’ipotesi in cui il consiglio suggerisca agli azionisti di accettarla, od “ostile”, nell’ipotesi in cui l’offerta stessa venga considerata non conveniente per gli azionisti medesimi. La società emittente deve trasmettere il comunicato alla Consob almeno due giorni prima della data prevista per la sua diffusione e la Consob può chiedere che vengano fornite informazioni integrative. Al lancio di un’offerta pubblica di acquisto o di scambio l’ordinamento ricollega doveri di trasparenza e correttezza a carico dei “soggetti interessati”. Più esattamente essi “si attengono a principi di correttezza e di parità di trattamento dei destinatari dell’offerta, compiono tempestivamente le attività e gli adempimenti connessi allo svolgimento dell’offerta, non eseguono operazioni sul mercato volte a influenzare le adesioni all’offerta e si astengono da comportamenti e da accordi diretti ad alterare situazioni rilevanti per i presupposti dell’offerta pubblica di acquisto obbligatoria”; “diffondono dichiarazioni riguardanti l’offerta e l’emittente soltanto tramite comunicati al mercato, contestualmente trasmessi alla Consob”; “comunicano entro la giornata alla Consob e al mercato le operazioni di acquisto e vendita di strumenti finanziari oggetto d’offerta o che diano diritto ad acquistarli o venderli da essi compiute anche per interposta persona, indicando i corrispettivi pattuiti”; e, in particolare, l’offerente e gli altri soggetti interessati, che “acquistino gli strumenti finanziari oggetto dell’offerta ovvero il diritto ad acquistarli anche a data successiva a prezzi superiori a quelli di offerta”, devono adeguare questi ultimi al prezzo più alto pagato, dando così concreta attuazione al principio di parità di trattamento. Di particolare rilievo nell’ambito dei doveri di comportamento che il legislatore impone in connessione con il lancio di un’offerta pubblica, è quello nel quale si sostanzia la c.d. passività rule, ossia l’insieme delle regole alle quali l’emittente deve attenersi quando le sue azioni siano oggetto di un’offerta pubblica di acquisto o di scambio. A norma del 1° comma dell’art. 104 del T.U., “salvo autorizzazione dell’assemblea ordinaria o di quella straordinaria per le delibere di competenza, le società italiane quotate i cui titoli sono oggetto dell’offerta si astengono dal compiere atti od operazioni che possono contrastare il conseguimento degli obbiettivi dell’offerta. Le assemblee deliberano, in ogni convocazione, con il voto favorevole di tanti soci che rappresentano almeno il trenta per cento del capitale. Resta ferma la responsabilità degli amministratori e dei direttori generali per gli atti e le operazioni compiuti”. Si è così concesso ai soci il potere di assumere le iniziative che ritengono più opportune per resistere alle scalate ostili, ma si è preteso che tali iniziative fossero assunte con il consenso di una frazione molto rilevante del capitale sociale, il che nelle società con azionariato molto diffuso, rende particolarmente difficile l’autorizzazione a manovre che consentano ai soci di difendersi dalle scalate ostili. La norma solleva alcuni dubbi interpretativi sui quali è opportuno soffermarsi. Anzitutto con riferimento alla individuazione degli “atti od operazioni che possano contrastare il conseguimento degli obiettivi dell’offerta” e come tali da sottoporre all’autorizzazione dell’assemblea dei soci. La Consob ha avuto modo di precisare che gli atti e le operazioni in questione possono essere ricondotti a tre distinte categorie: una prima categoria ricomprende gli atti che “puntano ad incrementare il costo necessario per raggiungere il quantitativo di adesioni che l’offerente intende” conseguire, come gli aumenti di capitale, la conversione delle azioni prive del diritto di voto in azioni dotate di tale diritto e oggetto dell’offerta; una seconda categoria sarebbe rappresentata dalle operazioni volte “a mutare”, anche con effetto differito, le caratteristiche patrimoniali della società bersaglio, come le cessioni di beni, le operazioni di fusione e scissione; in una terza categoria rientrerebbero i “comportamenti di disturbo”, volti a rendere difficile la possibilità che l’offerente raggiunga realmente l’obiettivo perseguito, come la promozione di un’offerta contraria sulle azioni dell’offerente, o l’acquisizione di imprese che rendano il successo dell’offerta incompatibile, ai fini della normativa antitrust, con l’acquisizione cui mira l’offerta o la predisposizione di “paracadute d’oro” per gli attuali amministratori. In particolare, la Consob ha escluso che rientri nell’ambito delle operazioni che si possono contrastare gli obiettivi dell’offerta, la stipulazione di un accordo con altra società che offra agli azionisti delle società target un’alternativa all’offerta della quale sono destinatari, attraverso il lancio di un’offerta concorrente o anche attraverso accordi di “combinazione aziendale”, come la creazione di una società holding chiamata a lanciare un’offerta di scambio sulle stesse azioni oggetto dell’offerta nonché su quelle della società con la quale è destinata a realizzarsi “l’aggregazione aziendale”. L’assemblea chiamata ad autorizzare la misura difensiva non solo è sottoposta a disciplina speciale per quanto concerne i quorum deliberativi, ma vede modificate anche le regole di convocazione. “Le assemblee da tenersi in pendenza di un’offerta pubblica di acquisto o di scambio, … , sono convocate mediante avviso, contenente le indicazioni prescritte dall’art. 2344 c.c., pubblicato su un quotidiano a diffusione nazionale e trasmesso a due agenzie di stampa almeno quindici giorni prima di quello fissato per l’adunanza”.

La norma trova la propria giustificazione nella necessità di adottare per la convocazione strumenti più rapidi di quelli di diritto comune, abbreviando anche i termini della stessa e tutto ciò in relazione alla celerità che caratterizza lo svolgimento di un’offerta pubblica. Nei limiti fissati dall’art. 104-ter nell’assemblea chiamata ad approvare misure “difensive”, trova applicazione la “Regola di neutralizzazione”. La regola si applica “quando è promossa un’offerta pubblica di acquisto o di scambio avente ad oggetto i titoli emessi dalle società italiane i cui titoli sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o comunitario”, ad esclusione delle società cooperative. La regola di neutralizzazione prevede la sospensione dei vincoli al trasferimento delle azioni o al diritto di voto in coincidenza con un’offerta pubblica di acquisto o di scambio e questa “sospensione” può intervenire sia durante lo svolgimento dell’offerta sia dopo la conclusione della stessa in connessione con un esito particolarmente favorevole della medesima per l’offerente. “Nel periodo di adesione all’offerta non hanno effetto nei confronti dell’offerente le limitazioni al trasferimento di titoli previste dallo statuto né hanno effetto, nelle assemblee chiamate a decidere sugli atti e sulle operazioni previsti dall’art. 104, le limitazioni al diritto di voto previste dallo statuto o da patti parasociali. Per quanto riguarda le offerte pubbliche di acquisto obbligatorie, il legislatore le prevede solo per le società italiane con titoli (ossia strumenti finanziari che attribuisco diritto di voto) ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati italiani. L’obbligo concerne esclusivamente le “partecipazioni” che superino determinate soglie. Il comma 2° dell’art. 105 stabilisce che ai fini delle norme sulle offerte pubbliche di acquisto obbligatorie “per partecipazione si intende una quota, detenuta anche indirettamente per il tramite di fiduciari o per interposta persona, dei titoli emessi da una società di cui al comma 1 [italiana con titoli negoziati in mercati regolamentati italiani] che attribuiscono diritto di voto nelle deliberazioni assembleari riguardanti nomina o revoca o responsabilità degli amministratori o del consiglio di sorveglianza”. Stabilisce altresì che “la Consob può con regolamento includere nella partecipazione categorie di titoli che attribuiscono diritti di voto su uno o più argomenti diversi tenuto conto della natura e del tipo di influenza sulla gestione della società che può avere il loro esercizio anche congiunto”. A norma dell’art. 106 “chiunque, a seguito di acquisti, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento promuove un’offerta pubblica di acquisto rivolta a tutti i possessori di titoli sulla totalità dei titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato in loro possesso”, entro venti giorni dal superamento della soglia. Il legislatore ha così imposto l’obbligo di offerta non a chi acquisisce il controllo della società, ma a chi supera una predeterminata soglia, nel probabile convincimento che la soglia prevista sia anche quella che coincide con la partecipazione di controllo, tant’è che il superamento della soglia non comporta l’obbligo di offerta totalitaria se esiste un altro soggetto che detiene il controllo. Il D.Lgs. n. 229 del 2007, dando attuazione ad una regola fissata dalla direttiva comunitaria, ha profondamente modificato i criteri di determinazione del prezzo al quale deve essere lanciata l’offerta pubblica totalitaria stabilendo che “per ciascuna categoria di titoli l’offerta è promossa … a un prezzo non inferiore a quello più elevato pagato dall’offerente e da persone che agiscono di concerto con il medesimo, nei dodici mesi anteriori alla comunicazione [dell’obbligo di offerta] per acquisti di titoli della medesima categoria”. Il legislatore consente, tuttavia, che in alcune ipotesi il prezzo al quale deve essere lanciata l’OPA totalitaria, possa essere sia inferiore sia superiore a quello più elevato pagato dall’offerente rimettendo la relativa determinazione ad un “provvedimento motivato della Consob”. Abbiamo fin qui discusso di OPA obbligatoria, nell’ovvio presupposto che non sia consentito assolvere l’obbligo di offerta promettendo, come corrispettivo, strumenti finanziari (OPS) anziché danaro. In realtà, il legislatore consente che il corrispettivo sia in tutto o in parte rappresentato da titoli; il che consente una maggiore libertà di manovra a colui che è obbligato a lanciare un’opa totalitaria ma pone alcuni limiti a tale possibilità: deve essere assicurata una sostanziale parità di trattamento tra coloro che hanno venduto i titoli al di fuori dell’opa e coloro ai quali viene offerta la possibilità di aderire all’opa e quando si tratta di titoli non facilmente liquidabili deve essere offerto, in alternativa allo scambio di titoli, un corrispettivo in contanti. L’obbligo di lanciare l’offerta pubblica sorge non solo nell’ipotesi in cui la soglia sia superata attraverso l’acquisizione diretta della partecipazione, ma anche quando il superamento avvenga attraverso “l’acquisizione indiretta”, ossia “mediante l’acquisto di partecipazioni in società in cui il patrimonio è prevalentemente costituito da titoli emessi da altra società italiana con titoli ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati italiani”. Nell’ipotesi, dunque, in cui un soggetto acquisisca il controllo di una società non quotata il cui patrimonio sia in prevalenza costituito dalla partecipazione in una società quotata, si dovrà ritenere che lo stesso ha acquisito in tale società quotata una “partecipazione indiretta” che concorre con quelle acquisite direttamente, per interposta persona o tramite fiduciari, a determinare la partecipazione complessivamente detenuta nella società quotata e a far sorgere l’obbligo di offerta pubblica quando la stessa superi il trenta per cento dei titoli con diritto di voto nelle deliberazioni della medesima società quotata aventi per oggetto la nomina, la revoca e la responsabilità degli amministratori. L’obbligo di lanciare l’offerta pubblica a seguito di acquisto indiretto sussiste anche quando tale acquisizione indiretta avvenga tramite una società quotata. Più esattamente, se un soggetto acquista una partecipazione superiore al trenta per cento di una società quotata e il patrimonio di quest’ultima sia “prevalentemente” investito in un’altra società quotata, l’obbligo di opa non concerne soltanto la prima società ma anche quest’ultima se con l’acquisizione di quella partecipazione indiretta l’acquirente ha superato una partecipazione superiore al trenta per cento dei titoli con diritto di voto. In questo caso, dunque, l’obbligo di offerta concerne entrambe le società (opa a cascata). L’obbligo di lanciare l’offerta incombe ovviamente su colui che, “a seguito di acquisti a titolo oneroso” abbia superato la soglia legislativamente prevista; ma può ben succedere che vi sia una pluralità di soggetti che operano “di concerto”, sicché nessuno di essi appare aver formalmente superato la soglia predetta. Il legislatore prende in considerazione questa ipotesi, stabilendo una presunzione assoluta di concerto e impone un obbligo solidale di offerta quando nell’insieme, ed anche “a seguito di acquisti a titolo oneroso effettuati anche da uno solo di essi”, superino la predetta soglia:  - gli aderenti ad un patto parasociale;  - un soggetto, il suo controllante e le società da esso controllate;  - le società sottoposte a comune controllo;  - una società e i suoi amministratori, componenti del consiglio di sorveglianza o di gestione o direttori generali nonché i soggetti che cooperano fra loro al fine di ottenere il controllo della società emittente. Abbiamo fino ad ora constatato che l’obbligo di offerta pubblica totalitaria sorge nell’ipotesi di superamento della soglia del trenta per cento dei titoli con diritto di voto nelle assemblee ordinarie aventi per oggetto la nomina, la revoca e la responsabilità degli amministratori. In realtà tale obbligo può sorgere anche a carico di colui che già detenga una partecipazione superiore al trenta per cento ma non disponga “della maggioranza dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria” ed effettui acquisti che incrementano la sua partecipazione. Il regolamento Consob stabilisce che il predetto obbligo “consegue all’acquisizione di più del tre per cento del capitale rappresentato da [titoli] per acquisti a titolo oneroso effettuati nei dodici mesi, ovvero per sottoscrizioni o conversioni nell’esercizio di diritti negoziati nel medesimo periodo”.

Il legislatore prevede una serie di ipotesi nelle quali all’acquisto a titolo oneroso di una “partecipazione superiore al trenta per cento dei titoli che attribuiscono i diritti di voto” sulle materie ricordate non consegue l’obbligo di offerta pubblica. L’obbligo non sussiste quando: - la partecipazione è stata acquistata a seguito di un’offerta pubblica di acquisto (volontaria) diretta a conseguire la totalità di tali azioni; - l’acquisto è avvenuto a seguito di un’offerta pubblica avente ad oggetto almeno il sessanta per cento delle azioni “ordinarie” purché concorrano le seguenti condizioni:
 - l’offerente e i soggetti a esso legati da uno dei rapporti che fanno presumere il concerto non abbiano acquisito partecipazioni in misura superiore all’uno per cento, anche mediante contratti a termine con scadenza successiva, nei dodici mesi precedenti la comunicazione alla Consob dell’offerta o durante l’offerta;
- l’efficacia dell’offerta sia stata condizionata all’approvazione di tanti possessori di titoli che possiedano la maggioranza dei titoli stessi, escluse da computo le partecipazioni detenute dall’offerente, dal socio di maggioranza, anche relativa, se la sua partecipazione sia superiore al dieci per cento e dai soggetti a essi legati da uno dei rapporti di concerto;
- la Consob abbia accordato l’esenzione previa verifica dell’esistenza delle predette condizioni; verifica nell’effettuare la quale la Consob non gode di alcun potere discrezionale
- si è acquisita una partecipazione superiore al trenta per cento, se
 - un altro socio detiene la maggioranza;
- l’acquisizione è compiuta tramite sottoscrizione di un aumento del capitale;
- la partecipazione è acquisita a seguito di trasferimento fra società in cui lo stesso o gli stessi soggetti dispongono della maggioranza dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria o è acquisita a seguito di trasferimento tra una società e tali soggetti, dal momento che le operazioni intragruppo fra soggetti legati da un rapporto di controllo, per di più di diritto, non alterano la condizione dei soci di minoranza;
- il superamento della soglia è determinato dall’esercizio di diritti di opzione, di sottoscrizione o di conversione, purché gli stessi non siano stati acquistati ma derivino dallo status di socio;
- la soglia del trenta per cento è superata per non più del tre per cento e l’acquirente si impegna a cedere le azioni in eccedenza entro dodici mesi e a non esercitare i relativi diritti di voto;
- l’acquisizione è conseguenza di un’operazione di fusione o scissione, salvo che, per effetto di tali operazioni, si configuri un acquisto superiore al trenta per cento del capitale ordinario, senza che sussistano esigenze di razionalizzazione o sinergie industriali. Nell’ipotesi in cui un soggetto abbia acquisito una frazione talmente alta dei titoli di società italiane quotate in mercati regolamentati italiani da pregiudicare il flottante dei titoli quotati, lo stesso ha il dovere di acquistare i titoli residui.

Questo dovere si atteggia diversamente a seconda della percentuale raggiunta. Più esattamente, l’offerente che, a seguito di un’opa totalitaria viene a detenere una partecipazione almeno pari al novantacinque per cento del capitale rappresentato da titoli, ha l’obbligo di acquistare i restanti titoli da chi ne faccia richiesta, mentre chiunque venga a detenere una partecipazione superiore al novanta per cento del capitale rappresentato da titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato ha l’obbligo di acquistare i restanti titoli ammessi alla negoziazione da chi ne faccia richiesta se non ripristina entro novanta giorni un flottante sufficiente ad assicurare il regolare andamento delle negoziazioni. Il Testo Unico ha introdotto anche un obbligo di vendere per coloro che si trovino a detenere una partecipazione “infima” in una società quotata, offrendo così, a chi detiene la quasi totalità del capitale, la possibilità di “ritirare” le azioni dalla negoziazione, cessando di sopportare i costi connessi alla quotazione.

A norma dell’art. 111 infatti, “l’offerente che venga a detenere a seguito di offerta pubblica totalitaria una partecipazione almeno pari al novantacinque per cento del capitale rappresentato da titoli ha diritto di acquistare i titoli residui entro tre mesi dalla scadenza del termine per l’accettazione dell’offerta, se ha dichiarato nel documento d’offerta l’intenzione di avvalersi di tale diritto”. La violazione sia dell’obbligo di lanciare un’offerta pubblica totalitaria successiva sia dell’obbligo di acquisto delle partecipazioni “infime”, comporta l’applicazione di sanzioni civili, amministrative e penali.
In caso di violazione di tali obblighi:
- il diritto di voto inerente all’intera partecipazione detenuta non può essere esercitato;
- i titoli eccedenti le percentuali “di soglia” devono essere alienati entro dodici mesi.

La violazione dell’obbligo di lanciare un’offerta pubblica di acquisto comporta altresì l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie di importo non inferiore ad euro venticinquemila e non superiore al corrispettivo complessivamente dovuto dall'offerente ovvero che sarebbe stato complessivamente dovuto dall'offerente se l'offerta fosse stata promossa. La mancata alienazione entro 12 mesi determina anche l’applicazione di una sanzione penale (reclusione fino ad un anno e multa da venticinquemila euro a duemilionicinquecentomila euro). 

Tratto da IL MERCATO MOBILIARE di Fabio Muzzolu
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