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I timori dei cittadini e della società legati al Mercato Unico

I timori dei cittadini e della società legati al Mercato Unico


b.3. I timori dei cittadini
Le libertà che il mercato unico rende in linea di principio possibili possiedono anche delle dimensioni non economiche di cui i cittadini dell’UE vogliono beneficiare.
L’esercizio di tali diritti risulta però spesso molto problematico, se non, in alcuni casi, addirittura precluso. Oltre a causare una legittima frustrazione, tali situazioni gettano un’ombra sul mercato unico. I cittadini possono infatti trovarvi una conferma della loro convinzione – spesso espressa anche se non giustificata – secondo la quale essi non potrebbero utilizzare il mercato unico in modo attivo e si sentirebbero invece esposti passivamente alle minacce che questo comporta.

b.4. I timori sociali
I timori di questo tipo sono di natura molto diversa.
- Alcuni riguardano specificamente questioni legate al LAVORO, altri il malcontento che deriva dall’esistenza di DISEGUAGLIANZE. Sebbene il mercato unico abbia contribuito nel tempo in modo significativo sia alla creazione di posti di lavoro sia al miglioramento – in termini assoluti e relativi – delle condizioni di lavoro nelle regioni e negli Stati membri meno avanzati, esiste la percezione diffusa, anche se solitamente ingiustificata, che le ristrutturazioni e la delocalizzazione delle imprese siano in qualche modo collegate all’insufficiente protezione fornita dall’UE rispetto al resto del mondo o all’effettivo incentivo alla delocalizzazione all’interno dell’UE come effetto del mercato unico.
- Esiste inoltre il timore che altri, in un’UE allargata caratterizzata da standard di vita ancora molto diversi, possano, grazie alla libera circolazione del lavoro e dei servizi o mediante lavoratori distaccati, minacciare le posizioni acquisite nel mercato del lavoro e addirittura alcuni diritti fondamentali dei lavoratori.
- Infine, non si può negare che il mercato unico, favorendo l’integrazione economica, contribuisce a creare, almeno temporaneamente, una situazione in cui, accanto ai vincitori, ci sono i PERDENTI, nel contesto di un processo in generale positivo di crescita e di creazione di posti di lavoro. Gli Stati membri, tramite le rispettive politiche sociali, cercano in modi diversi di indennizzare finanziariamente i perdenti e di offrire una nuova formazione che permetta loro di partecipare attivamente a tale processo. Le risorse di bilancio necessarie per realizzare le politiche di redistribuzione possono però essere indebolite da alcune forme pronunciate di concorrenza fiscale, che inoltre spostano l’onere fiscale a vantaggio delle basi imponibili più mobili, per esempio i redditi da capitale e i redditi professionali estremamente elevati, e a scapito delle basi imponibili meno mobili, per esempio i redditi da lavoro e in particolare i redditi da lavoro non specializzato.

Tale situazione provoca una certa TENSIONE tra integrazione del mercato e obiettivi sociali, che risulta ancora più evidente adesso che il trattato di Lisbona ha introdotto, anche ufficialmente, l’obiettivo di realizzare una “economia sociale di mercato fortemente competitiva” = se la componente del mercato e la componente sociale non trovano un punto di equilibrio, una delle due dovrà cedere.
= dopo la crisi, con la diminuzione dell’interesse per il mercato e le crescenti preoccupazioni per le disuguaglianze, non è assolutamente scontato che sarà il mercato, ovvero il mercato unico, a prevalere.
Una categoria a parte di timori sociali è rappresentata dai servizi di interesse economico generale e le minacce reali, o percepite come tali, che il mercato unico può rappresentare per questi.

Tratto da IL MERCATO UNICO IN EUROPA di Luca Porcella
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