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Fine del sogno riograndese

Fine del sogno riograndese 

Dopo la presa di Laguna, l'Impero invia immediatamente rinforzi terrestri e navali, riuscendo così facilmente a riprendere il controllo degli sbocchi sull'oceano davanti a Laguna. La flotta di Garibaldi deve quindi ricorrere a diversi stratagemmi per riuscire in alcune azioni corsare ai danni dei mercantili brasiliani. A qualche mese di distanza dalla proclamazione della repubblica juliana, la situazione per i riograndesi diventa critica. Lo scontento della popolazione di Santa Caterina nei confronti dei ribelli sale, sia per i danni inferti all'economia dallo stato di guerra, sia per le azioni di sopraffazione compiute dai riograndesi nei confronti della popolazione. Nelle Memorie Garibaldi ricorda di aver egli stesso ordinato ai suoi uomini una spedizione punitiva nei confronti della città di Imaruí, colpevole di aver combattuto la guarnigione repubblicana sostenendo gli imperiali: «Io mai ho avuto una giornata di tanto rammarico, e di tanta nausea dell'umana famiglia».
Quando i Brasiliani si apprestano alla riconquista di Laguna, Canabarro ordina una difesa ad oltranza e Garibaldi fortifica il porto con i mezzi a sua disposizione. Il 15 novembre la flotta imperiale si presenta davanti alla città: le forze sono evidentemente impari. Dopo una giornata di assedio, al calar della notte Garibaldi ormai senza speranza  fa incendiare le sue navi e si unisce alle forze via terra, in ritirata verso l'interno della provincia. Qui per la prima volta si troverà coinvolto in combattimenti terrestri. 
Il primo avviene a Santa Vitoria, sul fiume Pelotas, dove il 14 dicembre i repubblicani infliggono una dura sconfitta ai Brasiliani. Un mese dopo, invece, presso Forquillas (12 gennaio), saranno gli imperiali ad avere la meglio. Intanto l'inverno avanza e nella regione interna, montuosa, il freddo comincia a diventare insopportabile. Quindi i ribelli si dirigono verso la pianura del Rio Grande do Sul.
A fine aprile, sul fiume Taquari, a ovest di Porto Alegre, avrebbe dovuto svolgersi la prima battaglia campale della vita di Garibaldi. 3400 riograndesi, guidati da Gonçalves, sono schierati di fronte a 4.300 soldati imperiali. Ma in quella circostanza il presidente dei ribelli preferisce non attaccare e la battaglia non sarà mai combattuta. «Giorno più bello e più magnifico spettacolo non erami capitato mai», confesserà comunque Garibaldi nelle Memorie. 
La guerra potrebbe avere una svolta positiva per i farrapos quando Gonçalves decide di andare alla conquista di Sao José do Norte, una delle due piazzeforti che dominano lo stretto della Lagoa dos Patos. La presa della città permetterebbe di rifornire i ribelli di armi e viveri e di bloccare il flusso di rifornimenti imperiali verso Porto Alegre, obbligandola alla resa. Al comando delle operazioni c'è Gonçalves in persona, Garibaldi ha il compito di approntare alcune imbarcazioni per il concentramento delle truppe e di attaccare, dopo la presa di Sao José, la città di Rio Grande. 
L'attacco è sferrato nella notte del 16 luglio e, dopo solo alcune ore di combattimento, tre dei quattro fortini della città sono già stati occupati: nella mattinata un ultimo assalto avrebbe garantito la vittoria. Ma, invece di organizzare l'attacco, i repubblicani si disperdono per la città, saccheggiandola. Questo dà tempo ai Brasiliani di mandare rinforzi via mare dalla vicina Rio Grande e costringere i nemici alla ritirata.
Dopo questa sconfitta, e dopo una lunga marcia nella Sierra con i suoi marinai in vista di una battaglia che non si terrà mai, nel marzo-aprile 1841 Garibaldi raggiunge Gonçalves a San Gabriel, nuova capitale della repubblica. Da lui ottiene il permesso di lasciare «temporaneamente» il Rio Grande per recarsi a Montevideo. Come ricompensa per i servizi prestati, il ministro delle finanze Almeida gli offre mille buoi, con i quali l'italiano inizia una marcia di cinquanta giorni verso la capitale uruguayana. Nel giugno del 1841, giunto a Montevideo, di quella mandria gli restano solo trecento pelli da vendere. Una volta in Uruguay, per poter tornare ad esercitare la professione di capitano marittimo su navi mercantili, chiederà a Pedro II l'amnistia per i fatti di guerra avvenuti in Brasile.
Si conclude così, per Garibaldi, il capitolo Rio Grande. In una lettera ad Almeida, del 1859, ricorderà con nostalgia l'«emozione che la mia anima, allora nella sua giovinezza, sentiva alla presenza delle vostre maestose foreste, alla bellezza delle vostre pianure, ai virili e cavallereschi esercizi della vostra gioventù».

Tratto da IL MITO DI GARIBALDI NEL RIO GRANDE DO SUL di Isabella Baricchi
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