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Garibaldi al comando della nave in partenza da Rio

La patente de corso numero sei autorizzava la lancia Mazzini, a nome del governo riograndese, «a incrociare liberamente per tutti e qualunque mari e fiumi navi da guerra e mercantili del governo del Brasile  e dei suoi sudditi, potendo catturarle e appropriarsene con la forza delle sue armi». Al comando di Garibaldi, la nave salpa da Rio il 7 maggio 1837 con un equipaggio di dodici uomini, tra cui Rossetti. Dopo un primo abbordaggio molto poco fruttuoso, l'11 maggio, all'isola Grande (500 miglia a Sud di Rio) viene catturata la Luiza, piccola nave da carico addetta al cabotaggio, che sostituirà da quel momento la vecchia lancia e sarà ribattezzata Mazzini. 
Resosi conto della scarse possibilità dei suoi mezzi e impossibilitato a procurarsi viveri in una zona controllata dagli imperiali, alla fine di maggio il capitano punta verso Maldonado, porto dell'Uruguay, dove crede di trovare un'accoglienza positiva. Ma non sarà così. Nella complessa situazione politica degli Stati Rioplatensi  le alleanze cambiano molto rapidamente. L'ex presidente uruguayano Rivera, dopo l'ennesima sconfitta inflittagli dall'avversario Oribe, nel settembre 1836 si è rifugiato nel Rio Grande, alleandosi inizialmente con gli imperiali. Dalla primavera seguente però inizia a parteggiare per i farrapos: da quel momento l'atteggiamento di Uruguay e Argentina nei confronti dei ribelli riograndesi, da amico diventa ostile. Ciò significa che, quando sbarca a Maldonado, Garibaldi non sa di essere in terra nemica. La situazione delle alleanze non è molto chiara nemmeno agli uruguayani: inizialmente la Mazzini viene accolta in porto benevolmente, ma dopo qualche giorno il governo dà ordine di arrestare i corsari. Nella notte del 5 giugno la Mazzini lascia segretamente il porto. Sarà però raggiunta dalla Maria, inviata da Montevideo per catturarla: dopo un'ora di combattimento, in cui il timoniere corsaro muore e Garibaldi è ferito al collo, gli uruguayani si ritirano. I riograndesi puntano allora verso l'Argentina e, attraverso il grande estuario del Rio de la Plata, il 26 giugno approdano a Gualeguay. Qui Garibaldi chiede asilo al governatore della provincia,  che però lo fa arrestare insieme a quel che resta del suo equipaggio. La prigionia sarà comunque molto blanda: i marinai circoleranno liberamente in città, con l'unico obbligo di presentarsi ogni giorno alla polizia. Garibaldi, ospite di un ricco mercante, in questo periodo impara a cavalcare. Alla fine dell'anno, volendo raggiungere Cuneo a Montevideo, tenta la fuga, ma viene catturato, frustato a sangue e poi rinchiuso per due mesi nella prigione di Bajada (Paranà). Nel febbraio 1838 viene rilasciato e parte per la capitale uruguayana, dove gli amici Cuneo e Rossetti gli comunicano una grande novità: Gonçalves in novembre è evaso dal carcere di Bahia e ha ripreso il comando della rivolta. 

Tratto da IL MITO DI GARIBALDI NEL RIO GRANDE DO SUL di Isabella Baricchi
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