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La presunta Trasfigurazione del Cambiaso - 1561 -


Secondo il Soprani nel 1561 Cambiaso dipinge la Trasfigurazione, la seconda opera per la chiesa di San Bartolomeo degli Armeni e per la committenza di quel Frà Luca da Multado per il quale nel 1559 aveva realizzato la Resurrezione. L’opera è in diretta continuità e in piena coerenza con quella precedentemente eseguita. La forte accentuazione del controluce, la bipartizione della scena tra i tagli di profilo e dei tre quarti dei profeti e i discepoli a terra che seguono lo spazio in profondità con gli scorci orditi dei corpi e le intense e nervose definizioni dei corpi esprimono una linea originale che si rifà al Beccafumi. Vi sono anche equilibri raffaelleschi. Si rivela una spazialità tesa attraverso la misura del corpo, con l’accentuazione di una semplificazione geometrizzante nella definizione delle forme, negli squadri angolari soprattutto nelle figure degli apostoli.
Una traccia della figura di Dio Padre è delineata nel giallo oro alle spalle di Gesù, evidente tentativo di soluzione pittorica dell’irrappresentabile presenza. Ma è un’ampia sequenza di dipinti a soggetto religioso a segnare la produzione pittorica di Cambiaso nella prima metà degli anno ’60, evidentemente impegnato a soddisfare una rinnovata committenza nell’ambito di una religiosità che mostra gli echi di un rinnovato rigore. Cambiaso sviluppa questa produzione fedele alla duplice propensione ad una semplificazione geometrica delle forme e ad uno sforzo naturalistico nella resa finale del dipinto.
Vi sono due opere datate: la Resurrezione di Montalto commissionato dai Massari della chiesa del Borgo nell’entroterra della Riviera di Ponente nel 1563 e lo stesso soggetto per la chiesa di San Michele di Nirasca presso Pieve di Teco nel 1562.
Nell’opera di Montalto è evidente la fedeltà allo schema della tavola di San Bartolomeo degli Armeni ma le figure tendono a caratterizzarsi in forme più allungate e vi sono ricchezze di bordure.
La tavola di Nirasca, pur realizzata nell’arcaica composizione di trittico, nella libertà della pennellata, nel delineare gli sfondi, nei paesaggi tra luminosità e ombra nella scena centrale, costituisce un riferimento cronologico per la Vergine con il Bambino, San Giovanni Battista, Angeli e Dio Padre di Santa Maria della Cella. Tra i due termini indicati dei dipinti del 1562 e 1563 sembra essere percepibile un punto limite tra un impegno sorvegliato a rendere in naturalezza le forme tipiche dell’artista e un lieve cedimento delle ricchezze pittoriche che si traduce in semplificazione delle forme stesse.
In un’accentuata dimensione paesistica lo schema è tradotto dal Cambiaso in sacra conversazione nella tavola dello Smart Museum di Chicago e in quella realizzata tra il 1562-1563 per le monache di Santa Brigida e ora in Collezione Privata: il paesaggio, dà spazio appena accennato come aperta lontananza, si accosta alla scena a creare una quinta arborea a proteggere le spalle della Vergine, il luogo sacrale della fania, a sottolineare la centralità del personaggio, fulcro della rappresentaizone. Correggio è presente come nella caratterizzazione delle figure allungate dei santi.

Tratto da IL PERCORSO ARTISTICO DI LUCA CAMBIASO di Gabriella Galbiati
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