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Credere e rappresentare


Quella religiosa è una dimensione che coinvolge tutte le popolazioni, a volte non risulta neanche separata da altre dimensioni esistenziali, intrecciandosi con esse, a volte occupa una sfera particolare.
Con il termine religione tendiamo a definire un complesso di simboli, credenze e pratiche che servono a descrivere una relazione tra gli esseri umani e le entità non umane in cui essi credono e a cui attribuiscono poteri diversi. La dimensione religiosa si distingue dal senso comune perché si muove al di là delle realtà caratteristiche della vita quotidiana tendendo a realtà molto più ampie che le correggono e le completano; differisce dalla scienza perché mette in dubbio quelle realtà quotidiane non sulla base di prove, ma in nome di verità più forti: si crede a ciò che non si conosce. Il ruolo della religione è quello di fornire risposte all’incertezza della vita umana, a tutti quegli eventi e quegli aspetti della nostra esistenza che le nostre conoscenze non riescono a spiegare. Non si può negare questa dimensione, ma è difficile ridurre la religione al solo ruolo di compensazione dei limiti del sapere umano, ma anzi mette in moto anche altre dinamiche di tipo sociale: una religione contribuisce a creare il senso di comunità del gruppo (religione deriva dal termine latino religare, che significa tenere unito, legare), conferendo un senso di identità e mettendo in moto reti di relazioni privilegiate tra i membri del gruppo. Una religione si fonda su un certo numero di persone che aderiscono e credono in una dottrina che definisce la relazione tra uomo e divinità.
Totem è un termine che deriva da un’espressione ojibwa, lingua parlata sulle rive dei Grandi Laghi nordamericani, e significa "fa parte della mia famiglia": il totem, spesso rappresentato da un animale, oggetto di culto e di rispetto, indicava un antenato mitico in cui si riconoscevano gli appartenenti a un determinato clan. È reso sacro quindi dalla sua elezione, da parte di un gruppo umano, a simbolo che trascende l’esistenza quotidiana, la realtà terrena, per assurgere a rappresentare l’origine mitica. Allo stesso modo, la croce per i cristiani rappresenta il sacrificio di Gesù, ma per un individuo che non sa nulla della tradizione cristiana sarebbe un oggetto privo di significato.
La dimensione sacrale e mitica fungono da catalizzatore sul piano sociale: i miti organizzano i simboli di una credenza religiosa, i riti li rappresentano; i miti sono racconti dell’origine e della fondazione che i membri di una società si trasmettono di generazione in generazione, ma prima deve perdere ogni traccia di autorialità, poiché è una storia generale che esiste da sempre e spiega l’organizzazione dell’universo conosciuto, è lo strumento con cui si tenta di far fronte al disordine della storia. Per assolvere il loro compito devono però essere rivitalizzati, resi visibili attraverso performance di carattere rituale: ogni culto ha bisogno del rituale, sia esso una processione, una preghiera collettiva, una danza sacra, un sacrificio animale, una prova di forza, un banchetto, forme collettive a rendere percettibile l’esistenza del sacro. La sua caratteristica fondamentale è la ripetitività: prevede una liturgia fatta di sequenze verbali, formule predefinite, gesti e azioni codificati, che devono avvenire spesso in contesti specifici; gli spettatori sono anche attori, in quanto partecipano attivamente ed emotivamente, esprimendo così la loro volontà a far parte di un ordine morale condiviso, che fa di loro una comunità.

Tratto da IL PRIMO LIBRO DI ANTROPOLOGIA di Elisabetta Pintus
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