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La mano e il cervello


Una delle maggiori differenze tra esseri umani e animali è che l’uomo è un animale che costruisce e fa uso di utensili: gli animali, tranne rarissime eccezioni, non si servono di nessun oggetto per svolgere operazioni manuali, ma utilizzano solo le parti del loro corpo, mentre l’uomo, non possedendo artigli, zanne, corazze o altro per intaccare oggetti o corpi, deve supplire con tecniche esosomatiche (prodotte dall’uomo stesso, ma non fanno parte del suo corpo), costruendo attrezzi che permettono di allungare il raggio d’azione del proprio corpo naturale e di aumentarne la forza d’urto o d’incisione. La costruzione e l’uso di utensili sono le caratteristiche che stanno alla base del cosiddetto Homo faber, messo a confronto con l’Homo sapiens: il primo fa riferimento a una manualità assai sviluppata, il secondo a una capacità di pensiero articolata, che però non si sono sviluppate insieme. Infatti, i primi utensili vengono datati un milione di anni prima dell’uomo di Neanderthal, e si riscontra che la tecnicità coincide con l’acquisizione della posizione eretta, altro elemento considerato decisivo per assegnare lo status di essere umano. Questi individui sono considerati uomini non per il cervello, ma per il corpo e la capacità di costruire utensili: è questo che fa pensare che la manualità abbia preceduto lo sviluppo cerebrale, anche perché richiede più che altro aree cerebrali ben organizzate.
Altro dato è che l’acquisizione della posizione eretta coincide con una riduzione dei denti anteriori, poiché la funzione che avevano prima i denti ora la acquisiscono gi utensili: hanno dato il via a un processo che ha portato a due condizioni, non riscontrabili nelle scimmie, e cioè la libertà costante delle mani e la connessione dell’utensile con un comportamento legato alla sopravvivenza alimentare. L’utensile non appare come un elemento esterno, ma come il prodotto della mano stessa nel corso del suo movimento di liberazione, accrescendo la massa cerebrale via via che apprendevamo l’uso degli utensili e li miglioravamo. Il cervello ha quindi seguito il progresso delle mani sviluppando l’attività del pollice opponibile, che consente di afferrare, manovrare e manipolare oggetti e materia.

Tratto da IL PRIMO LIBRO DI ANTROPOLOGIA di Elisabetta Pintus
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