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Spazi, luoghi, paesaggi


Il calcolo del tempo è vincolato anche a una gestione degli spazi: nell’organizzare le proprie relazioni, l’uomo organizza anche lo spazio attorno a sé sulla base di categorie culturali, diventa un prodotto del pensiero, un vuoto riempito dalle azioni umane. Non tutti definiscono il proprio spazio come facciamo noi, con i 4 punti cardinali: a Bali a questi si aggiunge il riferimento al centro e l’asse nord-sud si confonde con quello che unisce il lato della montagna al lato del mare, direzione che può mutare a seconda del lato dell’isola in cui ci si trova; gli achuar dell’Amazzonia basano il loro orientamento sui corsi d’acqua che attraversano il territorio e su alberi di una certa importanza, tana di pecari, depositi di argilla…; per gli aborigeni lo spazio è legato all’origine e agli antenati; per i dogon del Mali lo spazio nasce dalla creazione e dalla cosmogonia: sono un esempio di antropomorfismo applicato alla struttura urbanistica, dal momento che i villaggi visti dall’alto rappresentano il corpo umano scomposto nelle sue varie parti.
La società di cacciatori-raccoglitori ha dato vita a forme di segnalazioni nello spazio naturale che fungono da punti di riferimento, che danno vita a una vera mappa funzionale e pratica per i gruppi seminomadi. Molte società, invece, soprattutto le più grandi, sono caratterizzate da un centro e da una polarizzazione tra questo centro e la periferia, centro che non rappresenta solo una coordinata spaziale, ma anche una dimensione di tipo politico (nel caso di una capitale), economico (importanti centri di commercio o di produzione), religioso (città sante). Lo spazio è determinato dall’insieme dei sistemi di relazione tra gli individui di un gruppo e tra di loro e l’esterno (che è anche divino). Gli individui di una società ripartiscono culturalmente lo spazio in cui vivono, determinando per ogni area definita una serie di comportamenti previsti e attesi, con nomi di luogo e punti di riferimento spaziale che danno l’idea di come si concepisce il proprio spazio, costruito sulla base delle relazioni umane, e sotto questa base viene interpretato e letto. Ciò che noi chiamiamo paesaggio non è uno spazio puro, ma il prodotto della nostra interazione con quello spazio, con quell’ambiente: è costruito dallo sguardo, che modifica il modo di leggerlo, riportando il tutto anche al pittoresco, all’estetica della pittura e che ovviamente varia a seconda della società, del gruppo sociale e del periodo storico.
Se è vero che lo spazio è pensato dall’uomo, è altrettanto vero che a sua volta lo spazio diventa metafora delle azioni umane, usando trasposizioni spaziali per indicare alcuni modi di agire e di pensare: sprofondare, risalire la china, arrampicata o arrampicatori sociali, a monte, devianza, scivolone, crollo… Lo spazio e le sue rappresentazioni, create dagli uomini, tornano buone da pensare per raccontare gesti e intendimenti umani, quasi a ribadire che gli uomini non si muovono in un vuoto, ma in uno spazio codificato.

Tratto da IL PRIMO LIBRO DI ANTROPOLOGIA di Elisabetta Pintus
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