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I programmi per la promozione delle abilità sociali e del problem solving


Richiamiamo adesso l’attenzione su alcuni specifici programmi finalizzati alla promozione della competenza sociale e delle abilità sociali. Nella progettazione degli interventi di Social Competence Promotion, SCP si fa riferimento alle sei situazioni della Tassonomia delle situazioni sociali problematiche per ragazzi messa a punto da Dodge, McClaskey e Feldman: entrata nel gruppo dei coetanei, risposta alle loro provocazioni ambigue, risposta all’insuccesso e al successo, risposta alle norme del gruppo, risposta alle aspettative degli insegnanti.
I programmi di Social Skills Training sono contraddistinti da varie sigle come LST (focalizzato sulla comunicazione e la soluzione di problemi interpersonali), l’STL (finalizzato all’apprendimento di 50 abilità sociali), ecc. Fin dagli anni ottanta si è andata poi affermando la tendenza a integrare il SST con gli aspetti più propriamente cognitivi del Problem Solving Training.

Il programma ICPS (I Can Problem Solve) insegna ai bambini non cosa pensare, ma come pensare. I bambini devono essere addestrati a pensare per sé stessi e valutare le proprie idee. Versioni del programma ICPS esistono anche per l’età adolescenziale: in questa età vengono aggiunti altri aspetti: il pensiero esistenziale (capacità di porsi problemi attinenti alla vita in generale) e la causalità sociale (riconoscimento della responsabilità collettiva oltre che personale).
Altro programma che integra aspetti cognitivi e comportamentali è lo Yale – New Haven Social Problem Solving Program for Young Adolescents, che prevede 17 momenti formativi finalizzati alla costruzione di una competenza generale e raggruppati in tre unità di base.
Nella prima unità gli studenti imparano a riconoscere sia le situazioni che sono per loro causa di stress, sia le proprie personali reazioni fisiche ed emozionali, e a mettere in atto risposte funzionali. Nella seconda unità gli studenti imparano a fronteggiare compiti socialmente rilevanti, sviluppando poi una varietà di abilità cognitive e metacognitive. Gli studenti vengono inoltre formati ad attuare comportamenti di automonitoraggio che comprendono la capacità di abbandonare strategie inefficace per gestire compiti socialmente rilvenati, riformulare gli obiettivi se necessario, ecc.
La fase finale del programma si focalizza sull’assertività e le capacità comunicative, abilità di comportamento necessarie a dare adeguata e competente risposta a compiti sociali.
Un training più recente è il Social Growth Program, che consta di nove moduli, per la prevenzione e il recupero dei bambini con difficoltà di adattamento sociale ed emozionale.
Vanno poi ricordati i programmi di problem solving training derivanti dal modello di D’Zurilla, secondo cui un problema sociale è qualunque situazione della vita che richiede un comportamento adattivo di fronte alla presenza di ostacoli vari.
Per le sue caratteristiche, che enfatizzano l’aspetto di coping (far fronte in modo adeguato) a situazioni stressanti, tale modello è stato applicato in situazioni di patologia, ad esempio depressiva. E’ dimostrato che l’incremento della competenza sociale è tra i più efficaci antidoti al disadattamento: facilità l’accesso del soggetto a modalità soddisfacenti di gestione dei conflitti.

Un programma messo a punto di recente in Italia per la gestione dei problemi interpersonali è Stare con gli altri: no problem, articolato in dieci aree. Il programma enfatizza gli aspetti metacognitivi sottesi alla gestione ed alla negoziazione delle relazioni interpersonali.
Dai modelli di training passati in rassegna sono stati derivati training per soggetti con deficit o handicap. Occorre un’accentuazione del periodo preliminare di orientamento motivazionale al problema, una maggiore assistenza nelle fasi iniziali; molta attenzione viene posta poi al mantenimento e alla generalizzazione delle competenze apprese.
Ci si domanda se il training è indirizzato prevalentemente ai soggetti dallo sviluppo normale per migliorare le loro capacità di socializzazione oppure a soggetti già in difficoltà per recuperare le loro capacità poco sviluppate o regredite in conseguenza di patologie.
Nelle età prescolastiche o della scuola primaria l’accento è maggiormente posto sulla prevenzione e sugli aspetti abilitativi, mentre nelle età superiori il target si sposta progressivamente su soggetti già in difficoltà e quindi agli aspetti riabilitativi.
Altro aspetto a lungo oggetto di dibattito è il confronto fra interventi di gruppo e individuali nella promozione e nell’esercizio delle competenze sociali. La maggior parte delle evidenze sperimentali dimostrano che il problem solving creativo svolto individualmente è mediamente superiore rispetto a quello condotto in gruppo: ciò è vero quando il problema è mono-dimensionale, dato che in questo caso il gruppo incide negativamente spingendo gli individui al conformismo.
Diversa è la situazione quando il problema è composto da tante parti, cui i diversi soggetti possono dare un contributo diversificato: in questo caso il gruppo nel suo insieme è più efficace. La questione non è quindi se è meglio il problem solving individuale o di gruppo, ma piuttosto in quali situazioni sono più efficienti gli individui in quali i gruppi.
Va infine segnalato che l’addestramento al problem solving interpersonale è inserito all’interno di programmi mirati a incrementare la più generale capacità di autocontrollo e, pertanto, di acquisizione di strategie metacognitive.

Tratto da IL PROBLEM SOLVING di Domenico Valenza
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