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La teoria dell'identità negata


La formazione della propria identità personale, come immagine o insieme di immagini, conosce o inconscie, che l’individuo ha di sé, è un processo, in gran parte inconscio al soggetto, che dura tutta la vita, ma che ha una tappa fondamentale alla fine dell’adolescenza, poiché successivamente a questa l’individuo ha di sé un’immagine relativamente stabile e duratura.
I concetti di ruolo (forma di condotta da assumere in funzione di uno status o di una situazione e in cui interferiscono sia la tendenza dell’individuo ad assumere certi ruoli sia le condizioni esterne imposte dalla società con le sue regole e istituzioni) e di gruppo (che si differenzia dalla massa indifferenziata per il rapporto stabile e non casuale tra i membri, per la consapevolezza in questi del concetto di gruppo e dei suoi compiti) sono considerati fondamentali dalla psicologia sociale per la comprensione della struttura personologica.
I processi anomali di formazione della propria identità personale sono stati indicati come significativi anche dal punto di vista criminologico, specie appunto negli adolescenti.
L’attribuzione o l’imposizione di ruoli sociali squalificanti, degradanti (emarginazione, isolamento, squalificazione sociale) e le “aspettative” da parte del gruppo di ruoli negativi (“da te non posso aspettarmi nulla di buono”) possono portare alla formazione di un’identità personale svalorizzata o negativa, per cui il soggetto riconosce sé stesso come individuo senza valore o con valori sociali negativi e adotta una condotta stabilmente deviante.
L’identità negativa si costruisce mediante le attese, i sospetti, la sfiducia di fondo dalle figure parentali e dalle altre persone significative.
Mentre gli psicanalisti hanno interpretato l’emergere dell’identità negativa come risultato di particolare dinamiche familiari e di aspettative dei genitori, le teorie sulla “reazione sociale” hanno collegato lo sviluppo di un’identità di deviante anche con fattori sociali, che vanno al di là dell’ambito familiare.
Sicché il giovane assume progressivamente un’immagine di sé, che lo caratterizza come diverso dagli altri, cattivo, predestinato al male e, quindi, fa corrispondere il suo comportamento a ciò che in realtà da lui si attendono dapprima i suoi genitori, in seguito i suoi insegnanti, i suoi educatori ed i suoi giudici.
L’essere considerato fin dall’adolescenza un deviante, in verità, può comportare, ma non necessariamente, una stabilizzazione criminosa, essendo la propria identità percepita sin dall’inizio unicamente criminale.
L’identità negativa non è soltanto un patrimonio individuale, ma un qualche cosa che si spartisce con gli altri: nel senso che ci si identifica con quelli che hanno analoghe caratteristiche, onde la difficoltà di stabilire rapporti sociali esiste soprattutto al di fuori della cerchia dei soggetti che hanno gli stessi problemi, coi quali si collabora e si opera nel gruppo.

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