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Predisposizione biologica all'aggressività e alla violenza


Particolare importanza criminologica acquista il problema della aggressività, cioè della disposizione prevalentemente istintuale alla violenza, alla quale si fa spesso riferimento per dare conto della condotta criminosa.
Circa la causa della violenza umana si riscontra la contrapposizione tra la concezione, fondamentalmente pessimistica, che richiede che essa sia una caratteristica innata dell’animale uomo e come tale inestirpabile anche se è possibile imbrigliarla in modo che la sua distruttività sia contenuta entro limiti accettabili, e la concezione, più ottimistica, secondo la quale la violenza non sarebbe un male inevitabile poiché non è nata con l’uomo ma si è venuta manifestando in un dato momento della storia, col passaggio dalla vita nomade dell’uomo “raccoglitore e cacciatore” alla vita sedentaria contadina dell’“agricoltore”, che comportò l’instaurarsi di rapporti gerarchici.
Sicché, con qualche maggior speranza per il nostro futuro, la violenza, la tremenda piaga da cui è affetta l’umanità, è estirpabile dalla nostra psiche, riportando i rapporti tra gli uomini a quella “tolleranza”, che caratterizzava le società “primitive”.
Circa la criminalità, essa non può essere intesa come mero equivalente dell’aggressività; ciò sia perché l’aggressività non esaurirebbe l’intera sfera della criminalità, comprendendo questa sia la criminalità violenta sia la criminalità fraudolenta, sia perché l’aggressività, in quanto mera disposizione all’aggressione, non costituisce un’ineluttabile spinta alla violenza e all’attacco.
L’aggressività può, certo, generale condotte violente: sulle cose, sulle persone oppure su se stessi, ma può essere altresì alla base di molte condotte socialmente qualificanti, accettate o tollerate (audacia, eroismo, spirito di iniziativa, ecc…).
L’aggressività negli animali e l’aggressività negli uomini vanno tenute distinte.

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