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Determinazione dell'importo dei trattamenti pensionistici: il sistema contributivo


Per i lavoratori assunti dopo il 1995 e, in pro rata, per quelli già in servizio quella data, si applica il sistema contributivo di calcolo, il quale essenzialmente si fonda su di un predeterminato rapporto tra il totale della contribuzione versata nell'intero arco della vita lavorativa e l'importo totale della pensione, quale, cioè, risultante dalla somma teorica di tutti i prevedibili ratei della stessa.
La legge stabilisce che venga innanzitutto determinato il montante contributivo individuale, cioè la somma di tutte le annualità di contribuzione accreditate al soggetto interessato.
Da tale montante viene sviluppata, poi, attraverso predeterminati criteri di computo, la pensione da attribuire al soggetto cui il montante stesso si riferisce.
Ciò non vuol dire, però, che vi sia un rapporto di derivazione diretta tra il suddetto montante e la pensione.
Le risorse finanziarie destinate al pagamento delle pensioni, infatti, continuano ad essere gestite con il già ricordato criterio della ripartizione.
Come seconda operazione, in rapporto al suddetto montante contributivo e con riferimento al dato generale, rappresentato dalla speranza di vita media residua, viene determinato l'importo complessivo della pensione; e questo viene "tradotto" nell'importo della pensione individualmente spettante, sulla base di un coefficiente di trasformazione che tiene conto dell'età del singolo pensionando.
La permanenza del livello di adeguatezza della pensione (tanto si calcolata secondo il sistema retributivo, quanto se calcolata secondo il sistema contributivo) è garantita dalla perequazione automatica.
Anche quest'ultima, peraltro, è stata modificata "al ribasso" dalla riforma pensionistica del 1992, essendole stata attribuita cadenza annuale (in luogo di quella precedente, che era semestrale).
Per tenere sotto costante controllo l'andamento degli importi delle pensioni calcolate secondo il sistema contributivo e, connessi, la spesa complessiva, la riforma del 1995 ha previsto particolari accorgimenti tecnici: le cosiddette clausole di salvaguardia.
Infatti, la legge stabilisce, innanzitutto (prima clausola), che il montante contributivo si formi in riferimento ad un predeterminato massimale annuo contributivo e pensionabile e sulla base di una aliquota di accantonamento anch'essa predeterminata; tale aliquota è pari al 33% per i lavoratori dipendenti e al 20% per i lavoratori autonomi.
Ma, soprattutto, la legge prevede (seconda clausola), che i coefficienti di trasformazione possano essere periodicamente modificati per atto amministrativo.
Anche per il trattamento pensionistico dei lavoratori autonomi vale il sistema contributivo.
Per i professionisti forniti di autonome casse, la riforma non impone l'obbligo dell'abbandono del sistema di calcolo reddituale, ma si limita ad attribuire una facoltà di opzione per il nuovo sistema contributivo.
Il concorso della retribuzione di altre fonti di reddito con il trattamento pensionistico è oggetto di una particolare, mutevole regolamentazione.
Dopo un lungo periodo di rigorosa disciplina anticumulo, vige oggi un regime di semi piena cumulabilità.
Va ricordato, infine, che la contribuzione relativa a periodi di lavoro svolti successivamente alla data del pensionamento non è inutile.
Essa, infatti, dà titolo ad un aumento della pensione in godimento, denominato supplemento di pensione, purché sia decorso almeno un biennio dalla data di decorrenza della pensione o dal conseguimento di un precedente supplemento.
Invece, posizioni assicurative frazionate presso più regimi possono dar luogo ad un'unica pensione, attraverso l'attivazione degli istituti della ricongiunzione o, alternativamente, della totalizzazione.

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