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La liquidazione dei Kulak in quanto classe


La preistoria della crociata di Stalin contro i Kulak nasce dall’attacco sferrato dal potere sovietico contro i contadini a partire dalla primavera del 1918 con la prima politica di requisizioni. Continua nel 1919 con la repressione delle insurrezioni delle province di Samara e Ucraina e si conclude nell’inverno del 1920-21 quando viene soffocata la rivolta di Tambov. Questo primo scontro dei bolscevichi contro i contadini è caratterizzato da una nuova pratica terroristica. Furono sperimentati l’internamento nei campi, la deportazione in regioni remote e inospitali e l’eliminazione fisica con la fucilazione. Inoltre la carestia del 1521-22 è stata strumentalizzata per piegare i contadini che erano il principale sostegno sociale della chiesa ortodossa. Tutte le prime rivolte dei contadini sono subito definite rivolte dei kulak. Se da una parte la repressione cerca di colpire i contadini che si oppongono al dominio comunista, dall’altra dipende da considerazioni più teoriche sui contadini in generale. Il marxismo disprezzava questa classe arretrata e Marx stigmatizzava lo stupido idillio contadino e profetizzava la futura scomparsa della distinzione tra città e campagna, espressione della subordinazione dell’uomo alla divisione del lavoro. I bolscevichi hanno sempre considerato i contadini come barbari, avidi e individualisti. Lenin si servì di questo disprezzo globale e applicò al mondo contadino un criterio di classe in modo da individuare i contadini medi e poveri che si sarebbero facilmente schierati con il partito bolscevico durante il periodo di transizione precedente alla scomparsa dei contadini dalla scena della storia. Il kulak (che significa etimologicamente pugno, cioè colui che presta denaro) diventa il rappresentante di una classe minoritaria di sfruttatori, impegnata in una lotta secolare contro il resto dei contadini. La classe dei kulak è un’invenzione del partito. Poiché spesso non è possibile identificarla in base a criteri economici, lo si fa in base a criteri psicopolitici che aprono le porte alla logica terroristica.
La liquidazione dei kulak in quanto classe fu decisa nel 1929 e annunciata nel 1930 dalla risoluzione del Comitato centrale. Da una parte la causa scatenante della dekulakizzazione è la crisi dei raccolti che nel 28 minaccia l’approvvigionamento delle città, dall’altra è condizionata da un inasprimento delle rivalità con l’opzione di un’industrializzazione moderata che rispetti l’economia contadina. All’origine di questa decisione c’è sicuramente un imperativo ideologico che si era già delineato 10 anni prima: l’eradicazione dell’identità sociale dei contadini. Il contadino è considerato un futuro borghese da liquidare seduta stante oppure un futuro proletario da inserire nel proletariato generale per mezzo dei giganteschi kolchoz e delle città agrarie.
Visto che un quinto dei kulak deportati moriva durante il viaggio abbiamo a che fare con un caso di scomparsa quasi totale.

Tratto da IL SECOLO DEI GENOCIDI di Filippo Amelotti
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