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La rinuncia alla prova nel processo penale


Nel corso dell’istruzione dibattimentale, ciascuna delle parti può rinunciare, con il consenso dell’altra parte, all’assunzione delle prove ammesse a sua richiesta.
In altri termini la parte, che ha richiesto ed ottenuto dal giudice l’ammissione di un mezzo di prova, può rinunciare all’assunzione; tuttavia, la rinuncia è efficace soltanto se l’altra parte consente.
Il legislatore non ha attribuito espressamente al giudice alcun potere a fronte della volontà delle parti.
Tuttavia, il giudice ha il potere di disporre d’ufficio l’assunzione di quella prova che sia stata rinunciata dalle parti.
Ovviamente può farlo nei limiti previsti dal codice: l’assunzione deve essere “assolutamente necessaria”.
Nell’ambito della strategia probatoria, ciascuna parte può rinunciare alla prova per qualunque motivo, con espressa dichiarazione resa al giudice.
La richiesta del consenso dell’altra parte costituisce il riconoscimento normativo di un inedito “principio di acquisizione della prova”: il provvedimento di ammissione della prova, richiesta da una parte, fa sorgere in capo alle parti, costituite in giudizio, il diritto all’acquisizione di quel mezzo di prova.
Sia la rinuncia che il consenso ad essa devono essere espressi.
Può ipotizzarsi il caso in cui, nelle richieste introduttive, una parte abbia chiesto ed ottenuto l’ammissione di una prova contraria.
Resta da chiedersi cosa succeda quando la prova principale sia stata oggetto di rinuncia effettuata dalla parte richiedente.
Sembra di potersi ammettere che rinuncia alla prova principale non ha efficacia su quella contraria: colui che ha ottenuto l’ammissione di quest’ultima, ha il diritto di vederla assunta.
Egli ha anche, se lo ritiene opportuno, il diritto di ottenere l’assunzione della prova principale.

Tratto da INDAGINI PRELIMINARI, PROCESSO E SENTENZA di Stefano Civitelli
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