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Visione artificiale


Monet nel 1892 di fronte alla cattedrale di Rouen si sottopone a decine di sedute per dipingerne la facciata. Dopo aver dato vita a ben 30 dipinti constata che restituire un’immagine “reale” della facciata della cattedrale risulta impossibile: ad ogni variare di un piccolo bagliore di luce ci si ritrova di fronte ad una cattedrale diversa.
Quello della visione risulta allora essere un “dramma” e solo la sensiblità di un artista è i gradi di coglierlo in tutta la sua portata. Questo fa nascere la domanda principe del problema della visione: cosa avviene nell’atto di vedere al soggetto che osserva un oggetto?
Nella visione artificiale il dramma si ripresenta e per certi versi in una forma ampliata. A sostituire l’occhio umano sta una videocamera che cattura la luce catturata e poi sprigionata dagli oggetti. L’immagine digitale si ottiene attraverso una rielaborazione della quantità di luce in formule matematiche.
Chiaramente un’immagine restituisce in uno spazio bidimensionale ciò che invece si presenta tridimensionalmente. Inoltre un’immagine è spazialmente definita mentre di per sé lo spazio può assumere configurazioni illimitate.

Tratto da INTELLIGENZA ARTIFICIALE di Carlo Cilia
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