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Enti per la gestione del mercato del lavoro


La gestione del mercato del lavoro, infatti, può essere adesso esercitata da agenzie per il lavoro autorizzate sulla base dell’accertamento di determinati requisiti giuridici e finanziari.
Il decreto prevede 5 tipi di agenzie:
- quelle di somministrazione del lavoro, abilitate a svolgere tutte le attività di somministrazione;
- quelle abilitate a svolgere solo attività di somministrazione a tempo indeterminato;
- quelle di intermediazione;
- quelle di ricerca e selezione del personale;
- quelle di supporto alla ricollocazione del personale.
Per l’esercizio delle funzioni di intermediazione si possono affiancare a queste agenzie altri soggetti pubblici e privati ritenuti dal legislatore idonei allo svolgimenti di questo tipo di attività: si tratta delle università pubbliche e private, delle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative, delle associazioni di rilevanza nazionale per la tutela e l’assistenza delle attività imprenditoriali, del lavoro o delle disabilità.
Sono inoltre abilitati a svolgere attività di intermediazione anche i Comuni, le Camere di Commercio, gli istituti di scuola media superiore, ecc…
In attuazione dell’art. 117 cost. il decreto riconosce alle Regioni il potere di accreditare alle attività in esame altri operatori pubblici e privati.
Le disposizioni ora descritte sono state sospettate di illegittimità in quanto lesive, per il grado del loro dettaglio, della competenza legislativa concorrente delle Regioni.
La questione non è stata ritenuta fondata dalla Corte costituzionale perché la disciplina del collocamento e dei servizi per l’impiego coinvolge diritti civili e sociali, per i quali lo Stato deve garantire un livello minimo di tutela su tutto il territorio nazionale.
Per quel che riguarda il mantenimento da parte delle Province delle funzioni amministrative attribuite dal d.lgs. 469/97, la Corte ha dichiarato legittime le relative disposizioni a condizione che esse non precludano la successiva emanazione di una diversa disciplina da parte delle Regioni.

Infine, in stretta connessione con i generali principi di non discriminazione, è espressamente vietato effettuare indagini, trattamento di dati o preselezione di lavoratori sulla base delle convinzioni personali, dell’affiliazione sindacale o politica, del credo religioso, del sesso, dell’orientamento sessuale, dello stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, dell’età, dell’handicap, della razza, dell’origine etnica, del colore, della ascendenza, dell’origine nazionale, del gruppo linguistico, dello stato di salute, nonché di eventuali controversie con i precedenti datori di lavoro, a meno che costituiscano un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa.

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