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Le azioni positive e le pari opportunità tra i sessi nel lavoro


Un particolare rafforzamento della tutela paritaria della donna nel lavoro si è avuto con la l. 125/91, intervenuta ad integrare la l. 903/77.
Quest’ultima, in effetti, si era manifestata inadeguata a realizzare l’obiettivo della parità sostanziale tra i sessi in materia di lavoro, soprattutto sotto il profilo delle pari opportunità di accesso al mercato del lavoro.
Così il legislatore è intervenuto per promuovere l’attuazione di misure finalizzate, appunto, a tali obiettivi denominate azioni positive.
Rientrano nella definizione legale tutti i programmi indirizzati al miglioramento della formazione professionale e scolastica delle donne; a favorire il riequilibrio delle responsabilità familiari e professionali tra i due sessi; a rafforzare la presenza femminile nel mercato del lavoro nelle posizioni di elevata professionalità ed in generale nei settori in cui le stesse siano sottorappresentate.
Va notato, comunque, che le azioni positive si configurano non quale obbligo bensì quale facoltà, sia pure incentivata, dei datori di lavoro privati e pertanto ad esse non corrisponde alcuna pretesa della donna lavoratrice.
Al fine di assicurare l’effettività dell’intera disciplina legislativa, è stato istituito presso il, Ministero del lavoro, il Comitato nazionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento ed eguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici, al quale sono stati attribuiti poteri di promozione delle azioni positive oltre che di controllo e di garanzia della applicazione della normativa antidiscriminatoria.
La l. 125/91 ha altresì consolidato l’articolata rete di consiglieri di parità istituiti presso le varie Commissioni per le politiche del lavoro.
Peraltro, l’inadeguatezza delle risorse e l’insufficiente dotazione di strumenti e mezzi per l’attività di tali organi hanno reso necessario un successivo intervento (2000) allo scopo di ridefinire e potenziale le funzioni e le dotazioni strumentali nonché le risorse economiche di questi organismi di parità.
Va segnalato, infine, che alcune decisioni della Corte di Giustizia, pur non riguardando direttamente l’Italia, hanno sollevato il problema relativo alla legittimità di azioni positive che facciano prevalere le donne rispetto agli uomini.
La Corte ha precisato che ciò è legittimo a patto che la norma garantisca un esame obiettivo delle candidature, che consideri tutti i criteri utili alla valutazione dei candidati e non tenga conto della precedenza accordata alle donne quando tali criteri facciano propendere per il candidato di sesso maschile, sempre che tali criteri non siano discriminatori nei confronti delle candidate di sesso femminile.

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